Tutta la malafede dei programmi politici sull’immigrazione

Per gli italiani l’immigrazione è il primo problema del paese — non è vero, ovviamente.

Tutta la malafede dei programmi politici sull’immigrazione

Per gli italiani l’immigrazione è il primo problema del paese — non è vero, ovviamente — ma i programmi politici non fanno altro che proseguire su questa narrativa distorcente.

In un recente sondaggio effettuato da IPSOS sulla percezione del fenomeno migratorio da parte degli italiani, si legge: “emerge un quadro allarmante in cui la percentuale dell’opinione pubblica che ritiene l’immigrazione la principale minaccia per l’Italia registra un clamoroso balzo in avanti rispetto alle rilevazioni dei mesi scorsi, fino quasi a raddoppiare (dal 13 al 25%). Un dato ancor più significativo se paragonato a quello della crisi economica che dallo scorso dicembre perde il 27% e a quello sul terrorismo islamico che negli ultimi tre mesi crolla dal 35 al 21%. I risultati non rispecchiano i dati reali sul fenomeno migratorio, certamente significativi e in aumento, ma non da emergenza nazionale. A pesare sembrano essere piuttosto i continui messaggi che parlano “alla pancia” degli italiani, favoriti da una copertura mediatica senza precedenti e da una strumentalizzazione del tema che si traduce anche in un giudizio negativo sulle risposte fornite dalla politica italiana.”

Il fenomeno non interessa esclusivamente l’Italia, come dimostrano i dati aggiornati in varie riprese dall’Eurobarometer: “L’immigrazione è la più grande sfida percepita per l’Unione Europea (39%, +1). Al secondo posto il terrorismo (38%, -6 punti), molto avanti rispetto ai problemi economici (17%, -1), lo stato delle finanze pubbliche (16%, -1), e la disoccupazione (13%, -2). A livello nazionale le principali preoccupazioni restano disoccupazione (25%, -4) e immigrazione (22%, costante).”

In Italia il tasso da cui l’immigrazione è considerato come un’emergenza è il più alto, tra i paesi analizzati, passando da un 3% nel 2012 ad un 36% nel 2017.

L’immigrazione, dunque, è al centro delle preoccupazioni degli italiani, e senza ombra di dubbio è al centro dei comizi politici e dei titoli di giornale della stampa italiana. Soprattutto dopo i fatti di Macerata che hanno portato alla ribalta l’argomento e la mai sopita ondata di razzismo che attraversa l’Europa.

Sarebbe logico aspettarsi, in vista delle imminenti elezioni del 4 Marzo, programmi politici attenti e concreti, e reali, su questo tema.

Partito Democratico

matteo_renzi_in_russia

Ci piacerebbe parlare del programma del PD sull’immigrazione, se ci fosse.

Nel programma ufficiale del partito, infatti, non c’è alcuna sezione dedicata all’immigrazione. Le uniche note si trovano nella parte che parla dell’Unione Europea, dove si legge: “Vogliamo un’Europa che si faccia carico del problema della migrazione superando il principio contenuto nell’accordo di Dublino del 2003, che impone a ciascun stato membro di farsi carico dei migranti che arrivano nel paese di approdo.”

Per la principale preoccupazione degli italiani, sembra un po’ poco.

Specialmente se si tiene conto che la Convenzione di Dublino citata — che obbliga i richiedenti asilo a presentare domanda nel primo paese riconosciuto come sicuro —  è stata firmata dal Governo Berlusconi per la prima e seconda ratifica, ma è stato il governo Letta a firmare nel 2013 la terza ratifica, quella in cui viene aggiunto questo obbligo.

Nel sito ufficiale del partito, inoltre, nella sezione degli approfondimenti sulla migrazione, si legge nell’introduzione: “Se nel corso della storia nessun governo, nessun monarca, presidente o esercito è mai riuscito a fermare le migrazioni, soprattutto quando sono veri e propri fenomeni epocali, come nel nostro caso, è possibile invece gestirle, controllarne i flussi, agire sulle cause che le determinano.”

Tralasciando l’infelice apertura, dove si parla dell’impossibilità di fermare le migrazioni come se fosse una battaglia virtuosa, ignorando volutamente che la società in cui viviamo — e in cui abbiamo sempre vissuto — è una società multietnica, è necessario ribadire che non ci troviamo di fronte a un “fenomeno epocale”.

Secondo i dati dell’IMSU: “Il 2017 si è chiuso registrando il numero più basso di migranti giunti via mare sulle coste dei Paesi del Mediterraneo da quando ha avuto inizio, nel 2014, il massiccio flusso di ingressi verso l’Europa. Sono stati complessivamente poco più di 171 mila, meno della metà di quanti sbarcarono nel 2016, e ben lontani dall’oltre un milione di migranti giunti in Europa via mare nel 2015.
Nel mese di agosto sono approdati sulle nostre coste oltre 5.700 migranti, l’80% in meno rispetto ad agosto 2016. Nel 2017 gli arrivi in Italia sono stati 120 mila, con un calo del 34% rispetto all’anno precedente.”

Da settembre 2015 al 31 dicembre 2017, sono stati trasferiti dall’Italia in un altro Stato Membro 11464 richiedenti asilo. Si tratta quasi esclusivamente di cittadini eritrei (95% dei casi) e solo di 521 siriani e 98 di altre provenienze. Il 43% di essi è stato accolto dalla Germania.L’unico dato significativo riferito al 2017 è quello che parla dei 3116 i migranti morti o dispersi nelle acque del Mediterraneo.
Nel 2017 infatti ci sono stati 18 morti e dispersi ogni 1000 sbarcati, il rapporto più alta del quadriennio 2014-2017.

Un dato che per un partito che presenta, nel suo programma ufficiale, una sezione dal nome “Prendersi cura delle persone”, dovrebbe rimanere impresso quanto meno per coerenza.

Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia

matteo-salvini-lega-leader

I tre partiti hanno unificato i loro programmi e hanno dedicato l’intero punto 5 all’immigrazione. O meglio: il punto 5 è quello relativo alla sicurezza.

Decidere di infilare le proposte sull’immigrazione nel punto dedicato alla sicurezza, specialmente se teniamo conto che quasi l’intero punto parla di immigrazione come se si trattasse di due sinonimi da scambiare tra loro, dice tutto quello che c’è da sapere sulla serietà del loro programma..

Ma per non lasciare nulla all’immaginazione, riportiamo qui il punto 5 del programma elettorale nella sua interezza:

Lotta al terrorismo Ripresa del controllo dei confini Blocco degli sbarchi con respingimenti assistiti e stipula di trattati e accordi con i Paesi di origine dei migranti economici Piano Marshall per l’Africa Rimpatrio di tutti i clandestini Abolizione dell’anomalia solo italiana della concessione indiscriminata della sedicente protezione umanitaria mantenendo soltanto gli status di rifugiato e di eventuale protezione sussidiaria Introduzione del principio che la difesa è sempre legittima Adeguamento ai parametri medi occidentali degli stanziamenti per la Difesa Carabinieri e poliziotti di quartiere e estensione dell’esperimento “strade sicure” con impiego delle Forze Armate per la sicurezza delle città Tutela della dignità delle Forze dell’Ordine e delle Forze Armate con stipendi dignitosi, dotazioni adeguate di personale, mezzi e tecnologie adeguati al contrasto del crimine e del terrorismo Inasprimento delle pene per violenza contro un pubblico ufficiale Revisione della legge sulla tortura

Abbiamo già in precedenza provato a smentire quanto spacciato da questi partiti per proposte elettorali, ci limitiamo quindi qui a evidenziarne due.

“Ripresa dei confini”

Quali confini? Quale frontiere? La crescente preoccupazione per la mobilità ha fatto emergere il problema per cui il concetto di confine si presta sempre meno a definire gli spazi nelle nostre società.

Manuel Castells, nel suo saggio The Rise of the Network Society, afferma che nella società “di rete,” come la nostra, uno spazio di luoghi è stato sostituito da uno spazio di flussi. In questo tipo di società l’idea dei confini tracciabili su una cartina geografica perde completamente il suo valore. I confini territoriali vengono sostituiti da flussi, dalla mobilità quotidiana di merci, informazioni, capitali. I territori nazionali non sono più in grado di contenere le società che si espandono oltre i loro confini, vanno oltre le barriere fisiche.

L’artista venezuelano Javier Tellez, nel 2005, ha letteralmente sparato Dave Smith, una sorta di palla di cannone umana, dalla città di Tijuana a San Diego.

Con questa performance voleva dimostrare la permeabilità dei confini, anche quello tra Messico e Stati Uniti che è stato oggetto di numerose politiche restrittive. Tellez ha così commentato la propria opera: “Una metafora per il volo oltre i confini umani che volano sopra le leggi.” I confini dunque hanno dimensioni umane ed esperenziali e possono essere riappropriati da vari attori sociali.

Spesso le stesse forze politiche che sono favorevoli nella teoria alla chiusura, nella pratica svolgono azioni di contrasto a questo genere di politiche. Le frontiere non possono essere chiuse perché si danneggerebbero interi settori dell’economia, come il turismo; si andrebbe contro gli impegni internazionali presi dal nostro paese, come i programmi di studio Erasmus; non si potrebbero organizzare eventi internazionali come le fiere, ma anche i pellegrinaggi; ci impedirebbe di avere scambi culturali ormai presenti non solo nelle nostre città ma anche nelle nostre vite quotidiane;  e soprattutto, non fermerebbe i migranti che riescono a procurarsi documenti validi per l’ingresso.

ll professore Maurizio Ambrosini spiega: “Gli stessi poteri statali, per ragioni geopolitiche, possono avere interesse a sviluppare rapporti e scambi con determinati paesi, anche alleggerendo i vincoli alla circolazione delle persone: è il caso per esempio, nello spazio Schengen, della recente eliminazione dell’obbligo del visto per i cittadini dei paesi dell’area balcanica candidati all’ingresso nell’Unione europea [..] Idee come quella di Fortezza Europea, di chiusura ermetica dei confini esterni, di immobilità forzata dei cittadini dei paesi meno sviluppati, si rivelano incapaci di cogliere la realtà complessiva delle relazioni transfrontaliere.”

“Rimpatrio di tutti i clandestini”

Cacciare tutti i clandestini significa “rimandare a casa” anche tutte quelle immigrate in condizione irregolare che sono impiegate dalle famiglie nei servizi domestici di cura.

Nella clima generale di rifiuto dell’immigrazione, sfugge spesso un particolare infatti: c’è un intero settore economico, in Italia ma non solo, portato avanti da immigrati per lo più irregolari. Siamo di fronte all’unico caso in cui abbiamo a tutti gli effetti un’ampia accettazione sociale della realtà meno amata dagli italiani.

L’OIL (organizzazione internazionale del lavoro) ha provato a studiare il fenomeno, partendo però dalla base che sia impossibile fornire dati rappresentabili di una realtà così insediata e nascosta.
“La prevalenza in questa occupazione di rapporti di impiego sommersi o deregolati rende impossibile fornire anche una stima approssimativa del numero dei lavoratori domestici nel mondo o del valore economico dei servizi che producono.”
Si tratta di circa 52,6 milioni di lavoratori domestici nel mondo.

“Oggi nell’Europa meridionale e in altre parti del mondo alcuni milioni di anziani per la qualità della loro vita quotidiana dipendono dalle prestazioni di immigrati, spesso irregolari o in condizione dubbia o incerta. Altrettante famiglie dipendono da loro per poter conciliare obblighi di cura verso i congiunti anziani e attività lavorative, conduzione della propria ordinaria gestione familiare e normale vita sociale. Una vita dignitosa per un grande numero di cittadini europei occidentali si appoggia sul lavoro e sulla condizione sacrificata delle assistenti familiari provenienti da paesi più poveri: in grande maggioranza donne, spesso madri assunte senza un regolare contratto con i diritti connessi.” scrive Ambrosini, in Immigrazione irregolare e welfare invisibile.

Le voci del punto del programma elettorale come “Introduzione del principio che la difesa è sempre legittima” e “Carabinieri e poliziotti di quartiere e estensione dell’esperimento strade sicure con impiego delle Forze Armate per la sicurezza delle città” mostrano, con un linguaggio nemmeno troppo velato, una chiara nostalgia per il ventennio fascista dove la violenza era sempre legittimita e lo squadrismo esaltato e promosso.

Movimento 5 Stelle

1406px-luigi_di_maio_2017_milano

Il punto 8 del programma del Movimento 5 stelle, si chiama “Stop al business dell’immigrazione”. Nelle due righe dedicate, si legge: “Rimpatri immediati per gli irregolari” e

“10000 nuove assunzioni nelle commissioni territoriali, per valutare in un mese se un migrante ha diritto a stare in Italia o no”.

È importante sottolineare come “gli irregolari” siano una categoria che nella realtà non esiste. Nessuna persona può essere definita irregolare, al massimo può trovarsi in una condizione di irregolarità. Una condizione che non è uno stato dell’essere, ma piuttosto è transitoria e dipende dai vari casi e dalle diverse politiche nazionali in materia.

Il fenomeno dell’immigrazione irregolare galleggia in una nube di ambiguità dove diventa molto difficile dare delle definizioni universali.

Una ricerca dell’Icmpd di Vienna (International Centre for Migration Policy Development), ad esempio, ha fatto emergere che esistono almeno sette tipi di ingresso illegale, otto di soggiorno irregolare, uno semi-legale e tredici forme di status irregolare.
In pratica: “Decidere esattamente in quale categoria ricada un migrante si risolve inevitabilmente in una lotteria”.

L’attraversamento illegale dei confini spesso viene sovrapposto al soggiorno irregolare sul territorio. Ci sono immigrati che richiedono forme di protezione internazionale (quindi che possiedono documenti regolari ma sono in attesa di una risposta), stranieri con documenti falsi, immigrati che arrivano legalmente con dei visti e una volta che questi sono scaduti si trattengono nei paesi ospitanti, immigrati che arrivano illegalmente sulle nostre coste.

“Valutare in un mese se un migrante ha diritto a stare in Italia o no”, suona più come una performance che l’immigrato deve sostenere, una sorta di gara, dove solo se riuscirà a superare tutte le prove e a convincere la giuria otterrà l’ambito premio.

Ritengo sia utile ribadire che la richiesta di asilo non è un premio che i governi danno solo ai più meritevoli o a coloro che interpretano al meglio il ruolo di vittime, è un diritto. Un diritto tutelato a livello internazionale.