È evidente che il ceto favorito da una tassazione di questo tipo è soprattutto quello dei privilegiati.
Le persone votano chi difende i propri interessi. Almeno in teoria: la pratica, spesso, è diversa. Basti pensare agli Stati Uniti, dove molti bianchi di basso reddito — una delle categorie che ha votato più decisamente per Donald Trump — si sono visti tagliare molti diritti e fondi di sussistenza dal presidente che loro stessi avevano votato, e alla crescente avanzata delle destre in tutta Europa.
Non è insomma una novità: molti fattori spingono le persone a votare contro i propri interessi, almeno quelli economici. In Italia abbiamo un esempio principe di questa dinamica politica: Silvio Berlusconi. Tutti gli episodi di razzismo e di tensione sociale, alla lunga, giocano a suo favore — non è un caso che nei sondaggi Forza Italia sia stato il partito che ha guadagnato più punti dopo l’attentato di Macerata. Nonostante sia nel migliore dei casi un parvenu arricchito e nel peggiore un gangster, è riuscito a sedurre per due decenni e mezzo una parte di ceto popolare italiano, e tutti i sondaggi lasciano capire che anche questo 4 marzo è intenzionato a ripetere l’impresa.
In particolare, la coalizione guidata da Berlusconi ottiene molti consensi nel Sud Italia, dove il suo principale avversario è il Movimento 5 Stelle. Il Sud, ovviamente, è anche l’area più povera del paese. Confrontare queste cartine, che rappresentano rispettivamente il reddito medio locale e i sondaggi elettorali di oggi, può lasciare sbalorditi.
Silvio Berlusconi ha scelto come slogan principale della sua campagna elettorale la promessa della cosiddetta Flat tax. Questa formula inglese significa letteralmente “tassa piatta” e prova a sedurre con la semplicità, un’arma molto efficace in una società iperburocratizzata, piena di tasse e gabelle poco comprensibili.
L’idea di Berlusconi è questa: tutti i contribuenti versano al fisco la stessa quota percentuale di reddito — ecco perchè “flat.” Berlusconi ha fissato questa percentuale al 23%. Se si guadagna 1000 euro al mese, se ne versano allo stato 230; se se ne guadagnano 10.000, se ne versano 2300. Dalla tassazione sarebbero esclusi coloro che non arrivano a redditi di 12.000 all’anno. Ma è evidente che il ceto favorito da una tassazione di questo genere è soprattutto quello dei privilegiati.
In molti hanno fatto già notare come la flat tax sia un sogno bagnato ultraliberista, di cui in genere ci si è sbarazzati presto una volta provato ad applicarla. Nel caso italiano, molti hanno addirittura sollevato un dubbio di incostituzionalità, in quanto nell’articolo 53 della Costituzione italiana le tasse sono indicate come progressive — un concetto che in questi ultimi anni pare essere messo in dubbio, come molti altri pilastri dello stato di diritto.
Pochi però hanno fatto notare una conseguenza logica di questa evidenza: in Italia favorire i ricchi significa soprattutto favorire il Nord, che ha un reddito medio personale di gran lunga superiore a quello del Sud.
Basta un solo dato: il reddito medio di un lombardo è di 24.500 euro annui. Quello di un calabrese è di 14.700. Questo significa che il primo, dopo aver versato le tasse, avrà a disposizione ancora 18.500 euro netti; il secondo solo 10.950. Va fatto notare come il reddito medio di un calabrese è solo di 2.700 superiore alla soglia in cui non può pagare le tasse in quanto non abbastanza abbiente.
Eppure, la coalizione di centrodestra va forte proprio in alcuni dei collegi elettorali calabresi più poveri, come quello di Calabria 7 — Gioia Tauro. Qui è saldamente in testa, con il 40% dei voti, il candidato di Forza Italia Francesco Cannizzaro, un soggetto, tra l’altro, che in passato è stato accusato di vicinanza a individui discutibili.
Questo programma è condiviso da tutta la sua coalizione, della quale fa parte anche la Lega. La formazione di Matteo Salvini ha recentemente tolto la parola “Nord” dal proprio simbolo e dal proprio nome, ma non serve ribadire come questa sia una mossa elettorale per conquistare voti a sud del Po. Nei ranghi del partito continuano a figurare personaggi razzisti non solo verso migranti e stranieri, ma anche persone non “padane.” Lo stesso Salvini è noto per aver in più occasioni insultato i napoletani con il classico campionario di insulti da stadio, fatto per cui il Napoli Calcio lo ha dissato con grande classe.
Nonostante la coalizione di centrodestra sia forte al Sud, insomma, la proposta cardine su cui basa la propria campagna elettorale è fatto su misura per rendere più svantaggiato il mezzogiorno del paese. I motivi per cui in meridione il centrodestra va così forte sono tanti e molto variegati: una storia politica di conservatorismo, un fitto sistema di clientele, un tasso di astensionismo più alto rispetto alla media nazionale.
È indubbio che, questa volta più di altre, un voto al centrodestra sarebbe un grosso male autoinflitto. Il sud, se per caso la flat tax venisse davvero imposta, si impoverirà ancora di più. E personaggi come Berlusconi e soprattutto i leghisti potranno ancora una volta dargliene la colpa, con tutto il campionario di insulti razzisti: al sud non lavorano, i meridionali sono tutti mafiosi, eccetera eccetera. Aggiungendo al danno addirittura la beffa.