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Io dico che chiunque si innamori è un disperato. Innamorarsi è una pazzia. È come se fosse una forma di follia socialmente accettabile.”

Alfio Martire, illustratore romano in trasferta a Milano per qualche mese, è venuto a trovarci in redazione per parlarci di uno dei suoi ultimi lavori: una serie di illustrazioni dedicata ai film sentimentali. Dopo aver esposto al Festival delle arti di strada di Cosenza, al Roma Fringe Festival e all’ottava edizione del Be Alternative Festival, in attesa di organizzare una nuova mostra a Bologna con altri illustratori, si è preso un caffè con noi.

“Il filo conduttore di questo lavoro è l’amore non convenzionale. In tutti i film che ho scelto, e nelle loro colonne sonore, ci si distacca dalle solite sviolinate, dall’immagine dell’amore vista e rivista dove le persone si incontrano, per magia, e stanno insieme tutta la vita.”

Sei illustrazioni, ciascuna delle quali dedicata a film usciti in questi ultimi anni che hanno avuto un grande successo tra il pubblico, e che potete trovare, insieme a tutti gli altri lavori di Alfio, sul suo sito.

“La realtà è molto diversa da questa visuale, è più confusa, raccoglie una gamma più ampia e sfumata di sensazioni e sentimenti. A mio avviso questi film, insieme anche a 500 Days Of Summer che purtroppo non ho ancora avuto il tempo di illustrare, sono più onesti e ci permettono di immedesimarci davvero in delle storie che potrebbero essere le nostre.”

The Moonrise Kingdom, Wes Anderson (2012)
The Moonrise Kingdom, Wes Anderson (2012)

“Io ti amo ma tu non sai di cosa stai parlando”

Perché hai deciso di fare questo lavoro? Avevi un obiettivo preciso?

Mi premeva comunicare l’amore in una forma più aperta. Le frasi fatte non riescono a comunicare, non bisogna dare nulla per scontato e fuoriuscire dall’etichetta che si dà a questo argomento spesso troppo banale. Dopo che ho pubblicato queste illustrazioni, ho ricevuto tantissimi messaggi da persone che mi ringraziavano per aver dato loro la possibilità di ritrovarsi in un’immagine. Ecco se c’era uno scopo di sicuro era questo.

The Lobster, scritto e diretto da Yorgos Lanthimos, 2015
The Lobster, scritto e diretto da Yorgos Lanthimos, 2015

Un giorno mentre giocava a golf pensò che è più difficile fingere di provare sentimenti che non si hanno che fingere di non provare sentimenti che invece si hanno.

So che sei anche un musicista, che ruolo ha avuto la musica in questo progetto?

Un ruolo centrale, potrei dire fondamentale. In realtà la musica c’è sempre nei miei lavori.

Possiamo dire che la scelta di questi film si è basata anche sulle loro colonne sonore. Her ad esempio ha una colonna sonora composta dagli Arcade Fire e Owen Pallett, con ulteriori pezzi, come The Moon Song, scritti da Karen O degli Yeah Yeah Yeahs. Per non parlare di quella del Favoloso mondo di Amélie di Yann Tiersen. Dei lavori stupendi che rappresentano perfettamente l’immagine che volevo trasmettere.

Il favoloso mondo di Amélie, scritto e diretto da Jean-Pierre Jeunet, 2001
Il favoloso mondo di Amélie, scritto e diretto da Jean-Pierre Jeunet, 2001

Una ragazza normale correrebbe il rischio di chiamarlo subito. Gli darebbe appuntamento in un bar per ridargli il suo album, e in pochi minuti saprebbe se vale la pena di continuare a sognare. Questo si chiama confrontarsi con la realtà, ma è una cosa a cui Amélie non tiene affatto.

In tutti questi disegni si può notare una continuità del colore, è una scelta voluta?

Si, assolutamente. Ho scelto delle tonalità, come quelle del rosa, che sbiadiscono. Questo per dare la sensazione di qualcosa che non riesci a ricordare bene, qualcosa che associ ad un ricordo che col passare del tempo svanisce e non riesci ad afferrare sempre. La maggior parte degli amori più belli è basato sui ricordi, non per essere malinconico eh, però è così.

Her, scritto e diretto da Spike Jonze, 2013

Io dico che chiunque si innamori è un disperato. Innamorarsi è una pazzia. È come se fosse una forma di follia socialmente accettabile.

Hai detto più volte che con il disegno cerchi sempre di comunicare qualcosa, qual è secondo te la sua forza?

Credo che l’immagine lasci la libertà. A differenza dei film ad esempio, non ti offre il finale. Non c’è una trama, e se c’è, tu non la conosci perché nessuno te la spiega (forse questa invece è la differenza con la scrittura). Ogni persona che guarda questa serie di illustrazioni, può vederci quello che vuole indipendentemente dal fatto di aver visto il film o meno. Io credo che il disegno faccia questo: non mette limiti, ti fa spaziare, ti permettere di caricarlo di tutte le sensazioni che vuoi.

Tutta l’arte è comunicazione, per questo bisogna organizzarsi per capire, e far capire, cosa si vuole davvero comunicare.

Quando mi sono messo a lavorare a questo progetto avevo già in mente di fare tutta una serie, una cosa che prima non facevo. In passato la prima cosa che mi veniva in mente la buttavo giù, oggi invece cerco di dare un contorno e una linea da seguire. Quindi se prima lanciavo messaggi tra di loro sconnessi, dove era più facile essere frainteso, oggi cerco di costruire un messaggio, lo organizzo in più disegni: cosi è più semplice anche captarlo.

Lost In Translation, scritto, diretto e prodotto da Sofia Coppola, 2013
Lost In Translation, scritto, diretto e prodotto da Sofia Coppola, 2013

Sai mantenere un segreto? Sto organizzando un’evasione da un carcere. Mi serve, diciamo, un complice. Prima dobbiamo andarcene da questo bar, poi dall’albergo, dalla città e infine dal paese. Ci stai o non ci stai?

Hai qualche altro progetto in cantiere?

Ho sentito diversi amici, tutti illustratori, per organizzare una serie di mostre. Mi piacerebbe dirvi di più ma dobbiamo ancora definire tante cose. Il nostro mondo è come una cucina, ognuno di noi porta degli ingredienti e poi si impasta, si inforna e si vede insieme cosa ne viene fuori. Abbiamo già esposto a Cosenza, Roma e Milano, adesso abbiamo in mente di lanciare appunto una nuova mostra a Bologna. Sarà un progetto basato nuovamente su un tema (ancora da definire tra l’altro!), come la serie che vi ho presentato oggi.

Ultimissima curiosità, siamo tutti d’accordo che Se mi lasci ti cancello e 500 giorni insieme sono due delle traduzioni italiane più infelici della storia del cinema?

Assolutamente.

Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind), diretto da Michel Gondry, 2004
Se mi lasci ti cancello (Eternal Sunshine of the Spotless Mind), diretto da Michel Gondry, 2004

È il finale perfetto per questa storia di merda!

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Potete trovare Alfio questa sera a raster a Mare Culturale Urbano.