“Mi piacciono gli artisti non innocui,” chiacchiere di musica — e non — con Colombre
Abbiamo intervistato Giovanni Imparato, in arte Colombre, reduce da un corposo tour e da alcuni malanni influenzali, qualche giorno prima della data del 23 Febbraio al “Wow” di Magnolia.
Abbiamo intervistato Giovanni Imparato, in arte Colombre, reduce da un corposo tour e da alcuni malanni influenzali, qualche giorno prima della data del 23 Febbraio alla serata “Wow” di Magnolia, che chiuderà il tour di supporto al suo disco “Pulviscolo” uscito a marzo dell’anno scorso.
tutte le foto dalla pagina Facebook di Colombre
Come stai intanto? Ti sei ripreso?
Un po’, ho ancora qualche residuo di tosse e mi rosica aver dovuto cancellare un concerto (al Diagonal Loft-Club di Forlì, il 7 febbraio n.d.r), è una cosa che non faccio mai, poi per fortuna mi sono ripreso per la data a Cagliari e adesso sono tornato in pista per chiudere al meglio il tour.
Ormai sei alla fine del tour, rimangono solo una manciata di date, come credi che sia andata? Pensi di essere riuscito a dire quello che volevi dire?
È andata molto bene, sono felice di come sia stato apprezzato e percepito Colombre.
Per quanto prima del tour fossi soddisfatto del mio lavoro, arrivare alle persone non è mai scontato. Devo dire che mi sembra di star suonando da un’eternità! Dopo aver cominciato nel marzo dell’anno scorso ho notato subito una certa attenzione e sono molto contento delle situazioni che si sono create nei concerti.
Quando suoni si crea uno scambio con il pubblico. Cerchi di dare tutto te stesso e vedi le persone percepire quanto ti stai dando loro, rimanere colpiti dallo scambio emotivo che c’è stato.
Questa cosa è molto motivante nel momento in cui devi percorrere tantissimi chilometri fra una data e l’altra. Sono molto contento dell’atmosfera e della squadra che si è creata con i ragazzi della band, cosa molto importante viste le condizioni a volte anche stressanti di un tour. Ricordo, per esempio, una volta che quest’estate abbiamo fatto non so quanti chilometri suonando nel giro di tre giorni a Bergamo, Pescara e Milazzo…
Sei triste che stia per finire o contento di tornare per un po’ alla normalità?
Da una parte sento quasi il bisogno fisico di andarmene, nel senso di staccare totalmente perché ho bisogno di riflettere un po’ sulle cose. È molto bella la frenesia che vivi nel tour, però non sono uno che quando è in viaggio riesce a fermarsi per scrivere canzoni, perché sono sempre molto concentrato su quello che sto facendo, la mia mente è sempre tesa al prossimo concerto. Dall’altra so che un po’ mi mancherà tutto questo “circo”. Ma bisogna lasciare per ricominciare no!? Poi ho voglia di cantare canzoni nuove e devo prendermi il tempo giusto per scriverle…
so che un po’ mi mancherà tutto questo “circo”
Del tuo album abbiamo già chiacchierato ad Agosto e quello che sento ogni volta che lo ascolto è la volontà di staccarsi dalle logiche e dalle convenzioni, rivendicando sempre la tua autonomia di artista. Nel tuo ambiente musicale pensi che sia velleitario permetterselo? O, se vuoi stare nel macro insieme dell’indie, devi fare un po’ il “personaggio”?
Non saprei, l’unico personaggio a cui è ambisco è me stesso, cerco di fare quello che mi piace nel miglior modo possibile senza cercare di assomigliare a qualcun altro. Se alludi magari a delle “maschere”, quelle vengono indossate da chiunque, semplicemente alcuni hanno delle maschere un po’ più grandi, altri hanno la maschera di Zorro.
Sempre sul tuo album, mi ha colpito l’enorme sincerità (come hai ribadito in più interviste) che emerge dai tuoi testi. Quali artisti oggi in Italia pensi che lo siano?
Mi stai chiedendo dei nomi? (ride) No beh ecco, secondo me la questione è questa: la sincerità e l’onestà nei confronti di me stesso è una cosa che metto sempre al vertice di tutto se sto lavorando a qualcosa. Mi sentirei ridicolo a fare il contrario. Le parole del disco sono parole che ho vissuto e poi filtrato in base a quello che magari mi evocava la canzone stessa, però fondamentalmente parlano di situazioni e persone intorno a me, di cose gioiose e dolorose, di abbandoni e di nuovi mattini. Avevo la necessità di parlarne. A livello di empatia ci sono artisti che magari ho conosciuto, per averci suonato insieme o per averli molto ascoltati o letti, che sprizzano quella sorta di sincerità poetica che li porta dritti per la loro strada fregandosene di seguire una corrente.
In generale mi piacciono artisti che non siano innocui e che si mettano in gioco, sia sui suoni che sui testi, per cui se devo farti qualche nome ti dico Iosonouncane, Maria Antonietta, Ghali, Giorgio Poi, ma ce ne sono ovviamente altri che hanno una visione poetica personale.
Immagino che quest’anno per via del tour che ti ha portato un po’ da tutte le parti d’Italia ti sia allontanato dai banchi di scuola. Ti manca insegnare?
E’ stata per me un’esperienza molto incisiva e importante. Insegnare è un po’ come lavorare l’argilla, per cui ti è richiesta molta sensibilità e attenzione, perché stai lavorando con una materia viva, come sono appunto i ragazzi e gli adolescenti. E’ simile alla musica per certi versi…come se fosse una canzone nuova su cui stai lavorando. Ovviamente un po’ mi manca e adesso che mi metterò in pausa, probabilmente se mi dovesse capitare di nuovo una piccola supplenza la accetterei volentieri.
Prima di essere professore (anche se un po’ per caso) come andavi a scuola ?
Malissimo! Non studiavo quasi niente tranne alcune materie. I professori pensavano sempre che li prendessi in giro…quindi da una parte questa cosa mi porta spontaneamente a empatizzare coi ragazzi che magari sono un po’ sulle loro.
Se ci pensi bene la parola “educare” ― ho avuto la fortuna tragicomica di fare il liceo classico―viene dal latino “ex ducere” che significa “tirare fuori,” questa secondo me è la direzione verso cui si dovrebbe rivolgere la scuola, ossia di trarre il meglio da ciascuno studente.
Il gioco stimolante dell’insegnare è proprio trovare il modo tale per cui i ragazzi vengano stimolati…e come ti ho detto prima è come trovare un arrangiamento che funzioni per una demo…
Dopo la data a Magnolia ti fermerai del tutto o hai ancora qualcosa che bolle in pentola?
Sicuramente mi fermerò per un po’ di tempo. Poi forse da qui all’estate ci sarà qualche altro concerto speciale, ma nulla che si possa chiamare tour.
Cosa stai ascoltando o leggendo in questo periodo?
Sto leggendo “Delitto e Castigo”, che non avevo mai letto, e sto ascoltando l’ultimo disco di David Bowie, di cui avevo solamente ascoltato i due singoli quando erano usciti prima che lui si “lanciasse nello spazio.”
Mischio due domande orribili: Sanremo e le elezioni. Ti fa più stare male l’idea di andare a Sanremo o l’idea di andare a votare?
Che domanda veramente pazza (ride)! Devo dirti sinceramente che non l’ho guardato con molta attenzione, sono stato un po’ distratto. Ho visto qualche performance i giorni seguenti su Youtube. Diciamo che potrei andare a votare “no Sanremo”.
Siamo d’accordo che di Sanremo ne si parli fin troppo ed è sempre un po’ come aprire il vaso di Pandora. C’è da dire che, secondo me, si sono visti quest’anno dei timidi tentativi di aprire la partecipazione ad artisti come Lo Stato Sociale o Ghemon (che ha duettato con Roy Paci e Diodato), che sono “fuori” dal solito universo sanremese…
Certo, vista da questo punto di vista sono d’accordo e sono molto contento umanamente, dato che sono degli amici, che un gruppo come Lo Stato Sociale sia andato esibendosi nel suo modo e facendo quello che sanno fare. Poi sicuramente non è che questo cambierà chissà che, Sanremo è una macchina ben oliata.
Per concludere: qual è un tuo momento “Wow!” che hai vissuto al Magnolia?
Beh una volta, con i Chewingum il mio vecchio gruppo, ho suonato in apertura proprio de Lo Stato Sociale e, non so per quale strana idea che mi è passata in quel momento nel cervello, ho deciso di buttarmi in mezzo al pubblico con la chitarra in una sorta di stage diving. Non l’avevo mai fatto! Però, fortunatamente per la mia schiena, il pubblico non si spostò. Un altro momento fu durante l’ultimo MiAmi, in cui mi misi a fare delle chiacchere con due ragazzi diciottenni della provincia Arezzo, erano totalmente neofiti di un festival…mi avevano spiegato di essere venuti grazie al buono di Renzi (ride). Era una cosa che mi aveva fatto molto sorridere ed ero molto colpito nel vedere questa voglia da parte di ragazzi più giovani di avvicinarsi alla musica con un sacco di entusiasmo, inoltre erano genuinamente spaesati, pronti a farsi assorbire da tutto quello che poteva succedere.
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