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Nessuno sa cosa potrebbe succedere dopo il 4 marzo, ma non ci sono molti profili più alti del suo nella politica italiana in questo momento convulso.

Nessuno sa cosa potrebbe succedere dopo il 4 marzo. Uno degli scenari più probabili è la costituzione di un governo di larghe intese tra PD e Forza Italia, seppure in questo momento i numeri potrebbero essere insufficienti anche per realizzare questo scenario.

In questo paesaggio politico, Sala si presenterebbe un presidente del Consiglio sobrio e affidabile: rappresentante dell’amministrazione più efficiente e stabile del PD, manager esperto e salvatore di Expo, a cui anche Forza Italia faticherebbe a dire di no. Non ci sono molti profili più alti del suo nella politica italiana, in questo momento convulso, adatti a coprire la massima carica esecutiva del paese.

Questi sospetti maliziosi possono essere corroborati dal comportamento di Sala nell’ultimo paio di mesi. La sua presenza pubblica, infatti, sembra più quella di un candidato a qualcosa che quella di un sindaco nemmeno a metà mandato. Questo, a esempio, non è proprio un post da sindaco in carica:

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Sala sta utilizzando Facebook in modo energico anche per ribadire la propria posizione sulla questione di EMA, per la quale si sta battendo molto vigorosamente ed è addirittura arrivato a richiedere un’udienza al Parlamento Europeo:

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Insieme a questa presenza molto rilevante su Facebook, va anche notata una certa attenzione da parte dei media. Oggi, Sala è stato ospite di Milena Gabanelli per discutere di migranti e accoglienza in diretta sul Corriere della Sera — Beppe Sala, ricordiamo, è uno degli ultimi esponenti del PD con posizioni umane sui migranti. Lo scorso 24 gennaio è stato ospite di Otto e mezzo, e durante la puntata ha attaccato Renzi — il segretario del partito con cui amministra Milano — in modo cortese e istituzionale ma molto duro.

Ad esempio, raccontando di quando Renzi voleva destituirlo da Commissario Expo per nominare al suo posto Luca Cordero di Montezemolo. A quanto pare, in quell’occasione, Sala riuscì a convincere l’allora presidente del Consiglio a lasciarlo al suo posto — mancavano pochi mesi all’inizio della manifestazione — dopo un acceso confronto. Ma è facile capire perché i rapporti tra i due si siano deteriorati.

Questo episodio è raccontato anche in Milano e il secolo delle città, scritto da Sala pubblicato a Gennaio presso La nave di Teseo. Il sindaco di Milano era da Gruber proprio per presentarlo. Visto che nel volume è contenuto anche questo aneddoto è difficile non immaginare — anche — un intento politico nell’affrontare una fatica editoriale come questa. Scrivere un libro è senz’altro lodevole, ma nella politica italiana, specie di centrosinistra, è un atto che fa spesso da contorno a candidature, correntismi, piedi nella porta. Viste tutte queste cose, ci sono due possibilità:

  • Sala sta costruendosi uno spessore politico per puntare a qualcosa
  • Sala, senza volerlo, sta facendo inconsciamente tutte le mosse per costruirsi uno spessore politico per puntare a qualcosa, anima candida.

È plausibile, dunque, che Sala voglia proporsi come presidente del Consiglio dopo il voto? Secondo un nostro contatto del centrosinistra della provincia di Milano, Beppe Sala non starebbe pensando alla poltrona di presidente del Consiglio immediatamente dopo il 4 marzo, ma sarebbe tra i nomi più quotati per il cosiddetto “dopo-Renzi.”

È indubbio, infatti, che le elezioni del 4 marzo finiranno in un vero e proprio bagno di sangue per il Partito democratico, che potrebbe scendere sotto la soglia abissale del 20%. Matteo “con Renzi si vince” Renzi potrebbe non reggere a una simile batosta ed essere costretto a lasciare la segreteria del PD una volta per tutte, nonostante abbia dimostrato un’ottima capacità di attaccamento alla cadrega.

Tra i passaggi più salienti di Milano e il secolo delle città, Sala scrive di come consigliò a Renzi di “saltare un giro” dopo la sconfitta del referendum costituzionale.

In questo scenario post-apocalittico, Sala avrebbe buon gioco a costruire una candidatura per la prossima tornata elettorale. Potrebbe far valere il suo prestigio come sindaco di Milano — che sta amministrando tutto sommato piuttosto bene — sommato a quello del ruolo istituzionale di Commissario Expo; inoltre ha dimostrato di essere riuscito a schivare la maggior parte dei guai giudiziari dovuti alle nebbie che hanno avvolto la manifestazione del 2015 in modo quasi fisiologico. È possibile, ci fa notare il nostro contatto, che del resto la legislatura duri meno di cinque anni. Se si andasse di nuovo al voto in corrispondenza delle elezioni europee del 2019, la congiuntura sarebbe perfetta per la candidatura di quello che oggi è il sindaco di Milano.

Abbiamo chiesto a Enrico Brambilla, capogruppo del PD in Consiglio Regionale e candidato alla Camera dei Deputati, cosa ne penserebbe di un ipotetico centrosinistra a guida Sala. Brambilla nega che ci sia qualcosa in moto in questo momento:

“Stimo Beppe Sala, al momento non mi pare però una cosa sul tappeto. Pe so che lui in questo momento abbia un impegno che difficilmente si potrebbe coniugare con la necessaria presenza per il partito. Il modello Milano è sicuramente un modello interessante perché è un modello inclusivo, e ha saputo tenere insieme tutte le anime del centrosinistra milanese. Da questo punto di vista una sua esportazione a livello nazionale potrebbe sicuramente fare bene. Ribadisco: mi pare che però in questo momento Beppe Sala abbia un impegno molto oneroso.”

A questo punto non resta che attendere il 4 marzo. Tirando le somme, possiamo dire che ci sono alcune certezze condivise e delle incertezze striscianti. Tra le certezze c’è che il 4 marzo sarà un brutto giorno per il Pd, e che Beppe Sala sarà uno dei suoi pochi personaggi di spicco ad attraversarlo indenne; tra le incertezze c’è l’esistenza stessa di un Pd all’indomani di una batosta come quella che si va profilando. Sembra probabile però che un centrosinistra continuerà ad esistere sotto qualche forma — e quello potrebbe essere il momento di Sala.