The End Of The F***ing World è una serie assurda che parla dell’assurdo

La serie non è solo “carina,” ha insito qualcosa di perverso e seducente e da cui si è attratti non solo fin da subito, ma nel profondo.

The End Of The F***ing World è una serie assurda che parla dell’assurdo

La serie non è solo “carina,” ha insito qualcosa di perverso e seducente — qualcosa che fa sesso e crea dipendenza — e da cui, di fatto, si è attratti non solo fin da subito, ma nel profondo.

Devo ammettere di aver visto The End Of The F***ing World (TEOTFW) un po’ per caso, annoiato, senza troppe aspettative. Sul momento ho pensato semplicemente: “carina”. Una serie ok, senza sbavature. Poi, stranamente, ho iniziato a essere ossessionato dalla cosa.

Ad attrarre è quel senso di paradossale verosimiglianza che si presenta in una cornice senza senso, assurda, addirittura patafisica.

Il fatto è che, al di là del prodotto in sé, The End Of The F***ing World ha qualcosa di misterioso che credo sia la ragione che sottostà all’attenzione mediatica con cui la serie è stata coccolata negli ultimi giorni. Ma riguarda solo in parte con la storia di James e Alyssa e ha a che vedere, piuttosto, con tutti noi, con il nostro modo di relazionarci agli altri, al mondo e al presente. Mi spiego meglio.

TEOTFW è una serie assurda che parla dell’assurdo. Bene. Ugualmente assurdo è il modo in cui è stata concepita: totalmente a caso.

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Siamo a Londra, in un tempo non precisato di qualche anno fa, e Jonathan Entwistle — che sarebbe diventato poi ideatore e regista della serie — trova un pezzo di carta fuori da un negozio di fumetti. Su quel pezzo di carta è più o meno abbozzata la trama della Graphic Novel da cui è tratta la serie: The End Of The Fucking World. Entwistle rimane paralizzato: è una bomba. Tutto nasce quindi un po’ per caso, come si evolve un po’ per caso anche tutta la vicenda contenuta nella serie e come, riflettendoci, prende forma anche la nostra personale esperienza di vita.

Guardando TEOTFW, è proprio questa coincidenza di non-senso tra narrazione fantastica e vita vera (vissuta) a tenerci attaccati allo schermo. Certo, le vicende di James e Alyssa sono stravaganti, sopra le righe, illegali. Ma in fondo lo sono anche le vite di tutti noi — escludendo magari l’omicidio e l’effrazione, in alcuni casi.

Veniamo alla serie: siamo in una non ben specificata località degradata poco fuori Londra. James ha perso la madre ed è stato cresciuto da un padre benintenzionato ma un po’ incapace. Fin qui tutto bene, se non fosse per il fatto che James ha una stramba mania per la morte, si considera uno psicopatico e ha una sola fissa nella vita: compiere un omicidio. Tutto regolare insomma. Dall’altra parte abbiamo Alyssa: una bomba rossa androgina — almeno nei modi — che sembra ricercare una sorta di sadomasochismo verbale, alienando così chiunque la circondi. Questa è la premessa, il presupposto.

Da questo prologo comportamentale i due ragazzi decidono di levare le tende: lei accetta lui perché strambo; lui accetta lei perché vuole farla fuori.

Vanno così inanellandosi una serie di circostanze e situazioni fuori dall’ordinario, assurde, condite da un’estetica profondamente americana e da uno script che ammicca a quel tipo di immaginario visuale (in una scena sentiamo Alyssa che dice: “se questo fosse un film probabilmente saremmo americani”). Ma la sottigliezza e la grandezza della serie non sta, come è stato detto, in questa sorta di dark humor vagamente andersoniano pennellato da tinte narrative “avvincenti.” No, la grandezza della serie sta nei pensieri di James e Alyssa. La chiave di volta di TEOTFW è tutta lì.

È grazie al Voice over di James e Alyssa che non solo comprendiamo e condividiamo le loro scelte — scoprendo così le giustificazioni da loro addotte in riferimento ai fatti e il costrutto mentale che fa sì che si comportino proprio in quel modo —, ma attraverso i loro pensieri e monologhi ci avviciniamo alla loro prospettiva, alla loro vita. Lentamente entriamo in loro, ma non perché impariamo a conoscerli, quanto piuttosto perché scorgiamo in quel delirio mentale il nostro delirio mentale, la nostra incapacità di stare al mondo, e l’insensato modo attraverso cui ci innamoriamo, ci affezioniamo agli altri e, infine, scopriamo noi stessi, quello che siamo— al di là delle stronzate che ci raccontiamo giorno dopo giorno. (In un passaggio è lo stesso James a riconoscerlo, scoprendosi non-psicopatico, a differenza di quanto aveva sempre pensato.)

In questo senso la loro vicenda non è totalmente sganciata dal reale, non è così assurda come sembra, perché la loro storia si presenta, piuttosto, come una bizzarra iperbole della nostra contemporaneità: cioè senza senso.

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TEOTFW è potente perché, per quanto assurdo, in realtà parla di tutti noi. Ti fa sentire meno solo. Non tanto perché si ha la sensazione di essere effettivamente alla “fine di questo cazzo di mondo,” ma perché ogni cosa che facciamo può essere, potenzialmente, da un lato, “la fine di questo cazzo di mondo”, dall’altra parte, invece, il nostro modo di agire, per quanto possa sembrarci giustificato e legittimo (per non dire sensato), deve fare i conti con un mondo che ha le sue regole, magari assurde, ma “democraticamente” condivise e accettate — benché potenzialmente soggette al dissenso. E certe volte ci si sente psicopatici, spaesati, soli. L’unica speranza è trovare un altro matto o, nel mio caso, un’altra matta.

Mal che vada, in ogni caso, c’è la guida di Esquire per un 2018 all’insegna della sanità mentale.