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Nel nord della Polonia c’è una città ricostruita esattamente com’era prima di essere annientata, località balneari che sembrano uscite da Il grande Gatsby e una foresta sommersa da un deserto di sabbia.

Più o meno tutti conoscono la Polonia per Cracovia, Auschwitz, papa Wojtyła e un’idea generica di freddo pungente. Di sicuro non è una gettonata meta turistica.

Tuttavia, è un paese pieno zeppo di cose da offrire. E i polacchi, che immaginiamo poco ospitali e irrigiditi dal gelo, sono un popolo che ha molto da trasmettere, anche per tutte le bufere che hanno affrontato nel corso della storia.

Se fare un tour sulla costa Baltica in pieno inverno non è un’idea che vi stuzzica granché, ciò che segue potrebbe farvi ricredere.

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Il tour

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Lo vedete quel bruttissimo cuoricino rosa? Lì in mezzo c’è la così detta Trójmiasto, che significa tripla-città, ovvero un agglomerato urbano che comprende Gdansk (Danzica), Gdynia e Sopot.

Poco più in là, andando verso ovest, c’è lo Slowinski National Park, mentre a est si trova la lingua di terra delimitata dal confine con la Russia. Sì, tra la Lituania e la Polonia c’è un pezzetto di territorio grande quanto l’Abruzzo che appartiene alla Russia, il così detto oblast’ di Kaliningrad. (è quella zona su cui non c’è scritto un bel niente).

Avventurarsi nel nord della Polonia d’inverno è un modo per godere a pieno della stagione, approfittando della scarsissima presenza di esseri umani (se tendete alla misantropia è l’ideale).

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GDANSK
(DANZICA)

Spine e cieli grigi
Spine e cieli grigi

(È abbastanza importante sapere che il nome polacco di Danzica è Gdansk perché altrimenti rischiate di perdervi continuamente chiedendovi se, questa famosa Danzica, sia solo frutto della vostra fantasia)

Arrivare a Danzica di notte è come essere magicamente sbalzati in una di quelle cittadine fiabesche tipiche dei film natalizi, con la bizzarra sensazione che dalla stazione centrale stia partendo il Polar Express diretto da Babbo Natale.

Le stradine acciottolate, le lucine aggrovigliate dietro le finestre, quei lampioni retrò che illuminano flebilmente le viuzze del centro mentre dal cielo scende una pioggerellina sottile… Tutto ciò è davvero troppo romantico. Ma Danzica renderebbe chiunque un po’ sentimentale.

Una lunga storia

La storia di Danzica è una lunga storia, raccontarla bene rischierebbe di annoiarvi a morte. Perciò, se vi va, potete ingoiare le seguenti informazioni in modalità fast motion; poco dopo la nascita (997 circa), Danzica è contesa tra vari duchi, re danesi e re polacchi e infine conquistata dai cavalieri teutonici. Diventa un ricco centro industriale, poi nominata città libera, città polacca e di nuovo città libera. Viene annessa per un po’ alla Prussia, poi alla Germania.

Dopo la prima guerra mondiale, quando i tedeschi vengono sconfitti, il trattato di Versailles assegna alla Polonia il corridoio sul Baltico, e Danzica è di nuovo città libera. Tuttavia, data la massiccia presenza di tedeschi, quando Hitler sale al potere diventa un porto tedesco.

È qui che scoppia la seconda guerra mondiale, quando la nave da guerra tedesca Schleswig-Holstein spara dei colpi contro la postazione militare polacca di Westerplatte.

Nel ‘45 i russi liberano la città ma ooops, nel farlo la distruggono completamente. Molti polacchi si trasferiscono a Danzica dai territori dell’Unione sovietica. I lavori per la ricostruzione durano vent’anni. Negli anni ‘80, la città si libera dal regime comunista (di questo parleremo dopo).

Come nuova

Il retro è bellissimo, figuratevi il davanti
Il retro è bellissimo, figuratevi il davanti

Danzica è composta principalmente (almeno nella mappa generica del mio cervello) da quattro parti; la città principale, che si estende a ridosso del fiume Motlawa, la città vecchia, poco più a nord-ovest, l’immenso porto, un po’ più a nord ancora e tutti i quartieri residenziali che le gravitano intorno.

A livello architettonico Glowne Miasto, la città principale, sembra un concentrato di marzapane glassato multicolore. La sua sorprendente “perfezione” è frutto del fatto che sia stata ricostruita esattamente com’era prima di essere annientata, un po’ come la Stare Miasto (città vecchia) di Varsavia. Pare però che quella di Danzica sia la più grande opera di restauro mai eseguita in Europa.

Ma nella capitale della Pomerania ce n’è per tutti i gusti; palazzi rinascimentali, gotici, barocchi, eccetera. Le influenze, proprio perché di qui son passati un’infinità di popoli, sono infinite. Ad esempio i palazzi che sembrano marzapane sono di chiara matrice olandese (e so per certo che ricordano quelli di Amsterdam anche se non ci sono mai stata).

È curioso notare il contrasto tra il centro città e tutto ciò che si trova qualche passo più in là; enormi fabbriche abbandonate, discariche a cielo aperto, strade malconce o casone popolari ingrigite dal tempo.

Quelle gru all’orizzonte

Malinconia portami via
Malinconia portami via

Se c’è una parte di Danzica da non sottovalutare è sicuramente il porto. Dal centro città si possono avvistare enormi gru e ciminiere costantemente attive, ma avvicinandosi è possibile ammirare immense navi in fase di riparazione o costruzione, fiamme ossidriche, scintille e operai che attraversano lunghi pontili per il cambio turno. È qui che il primo settembre del 1939 i tedeschi sparano il famoso colpo di cannone che dà inizio alla seconda guerra mondiale.

Ma il porto è importante anche per un altro avvenimento storico un po’ più recente; negli anni ‘80 un elettricista di nome Lech Walesa è così temerario da mettersi alla guida di un esercito di operai che, esausti delle misere condizioni di vita imposte, sono più che mai determinati a cambiare la cose. Attraverso scioperi e manifestazioni daranno vita al sindacato Solidarnosc, grazie a cui la Polonia si libererà dal regime comunista, dando il via anche allo smantellamento generale del blocco.

E questa storia, che è interessante anche per chi, come me, preferisce le mostre di pittura, è raccontata in un museo all’avanguardia che si chiama Centro Europeo di Solidarnosc, un’enorme struttura in perfetto stile nord-europeo in cui potete trascorre un paio d’ore seguendo un percorso multimediale che si snoda attraverso straordinarie scenografie.

Pranzo, merenda o cena che sia, sempre in latteria

Tipico vassoio polacco
Tipico vassoio polacco

In Polonia ci sono dei posti meravigliosi chiamati bar mleczny. Sono latterie risalenti al periodo comunista, ristoranti popolari dove si mangia quello che si mangerebbe dalla nonna se fosse polacca, a un prezzo addirittura più basso delle trattorie cinesi di Chinatown a Milano. Rispetto alle osterie “alla mano” che si possono trovare da noi, le latterie sono molto più spartane e sicuramente autentiche. I menù sono affissi alle pareti e sempre e solo in polacco, perciò prevedete una ventina di minuti per tradurre i piatti su google translate (anche se a volte vengono fuori traduzioni incomprensibili). Dopo un paio di volte però vi rassegnerete ad ordinare tutto completamente a caso.

Io vi posso consigliare le zuppe (tranne quella al cetriolo, di cui rischia di restarvi in bocca il sapore per almeno ventiquattr’ore), il gulash (OK, è un piatto ungherese, ma anche in Polonia lo cucinano benissimo) e i mitici pierogi (ravioli farciti con ripieni vari tra cui carne, formaggio fresco, carne macinata).

Le onde di Danzica

Parcheggio Bellavista
Parcheggio Bellavista

A qualche chilometro dal fiabesco centro cittadino di Danzica sorgono le cosiddette falowiec (onde), un condominio che si estende per quasi un chilometro. Costruito negli anni ‘60, mentre in centro si restaurava in modo impeccabile la città principale, ospita seimila abitanti (ovvero otto volte il paese in cui vivo), disposti su dieci piani.

Per chi fosse interessato a questo tipo di architettura megalomane, condomini simili esistono anche in altri paesi, e sono questi;

Tuttavia, pare che la Polonia ce l’abbia più lungo di tutti.

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SOPOT

Grand (Budapest) Hotel
Grand (Budapest) Hotel

La costa baltica d’estate è presa d’assalto. D’inverno, invece, è un susseguirsi di lande desolate e località balneari quasi completamente deserte, dove chi passeggia sul molo in legno di Sopot rischia di fare un bel capitombolo sul ghiaccio, con quella fredda brezza che non cessa un attimo di fiatarvi addosso. (OK, così non ve la sto vendendo bene).

Se siete fortunati potete imbattervi in scene da brividi (intendo letteralmente) come quella a cui ho assistito io; un gruppo di giovinotti, evidentemente reduci da una nottata all’insegna della follia, si è spogliato e si è buttato in mare a prendere di pancia le onde gelide, in mutande e cappellino di lana. Io, intanto, ho tirato fuori le mani dai guanti per scattare una foto e ci ho messo mezz’ora a far sì che si riscaldassero di nuovo, ben raggomitolate in fondo alle tasche.

(Provo a vendervela bene). Sopot è una sorta di piccola Cannes del Baltico; è qui che d’estate si riuniscono i vip per il festival del cinema polacco, è zeppa di ristoranti pseudo-italiani da cui provengono canzoni a tema tipo “Il mare d’inverno” e hotel abnormi.

Casa che si scioglie
Casa che si scioglie

Nella via centrale Montecassino (non a caso il nome è italiano), si trova la celeberrima “casa ubriaca”. È una costruzione del 2004 che ospita una catena di caffè non proprio in linea col fatto di trovarsi all’interno della casa più particolare del Baltico.

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MIERZEJA VISLANA
(UNA LINGUA DI TERRA)

C’è qualcuno laggiù?!
C’è qualcuno laggiù?!

Mierseja Vislana è il nome della penisola della Vistola (il fiume che percorre tutta la Polonia), una vera e propria lingua di sabbia che si estende fino in Russia (sulla mappa c’è proprio una lineetta che la divide geometricamente).

Quella che d’inverno è già di per sé un vasto pezzo di terra desolato, se piove lo diventa il triplo. Per strada è improbabile incontrare anima viva, tutte le abitazioni che non sono hotel sembrano disabitate e nelle uniche cittadine tipo Krynica Morska si intravedono solo un paio di uomini che chiacchierano del tempo nell’unico baretto aperto. Anche qui è bizzarro pensare al contrasto estate/inverno. La penisola è costellata di campeggi e alloggi d’ogni genere, bar, ristoranti, negozi di souvenirs tipo quello dove lavora Mildred di Tre manifesti a Ebbing, Missouri.

Un luna park dimora, deserto, sotto i nuvoloni grigi.

Oltre allo scenario post-apocalittico, è possibile inciampare in spettacoli della natura, come questa foresta:

Perdersi qui dentro
Perdersi qui dentro

Chi non sarebbe curioso di oltrepassare il confine con la Russia?

Noi ci siamo spinti in là, sempre più a est, ma la strada viene bruscamente interrotta da un cancello al di là del quale si trova una sorta di discoteca chiusa. Oltre, una foresta che rende il confine non oltrepassabile. Per lo meno non in auto e senza violare una proprietà privata.

(Io già mi immaginavo una foto fierissima da mandare ai parenti con mezzo piede in Polonia e mezzo in Russia. Ma no.)

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PARCO NAZIONALE SLOWINSKI
(IN POLONIA C’E IL DESERTO)

No, non è morto
No, non è morto

La cosa più incredibile che vi può capitare di vedere, fotografare e raccontare ai vostri amici è sicuramente di esser stati nel deserto. Sì, in Polonia.

Sto parlando del parco Nazionale Slowinski, che si trova a due orette da Danzica, questa volta spingendosi verso ovest. Oltre al deserto, i suoi 186 kmq di superficie comprendono un tratto di costa, fitte foreste annacquate e due grandi laghi.

Dal 1940 al 1945 la zona viene usata per effettuare in segreto alcuni test missilistici, su cui oggi si è creato un museo all’aperto.

Percorrendo per circa due ore un sentiero che attraversa la foresta, si raggiungono le dune mobili, una superficie che, appunto, ricorda in tutto e per tutto il deserto. Se poi si è un po’ idioti e si decide di esplorare la foresta senza seguire il sentiero e ci si perde, le ore si moltiplicano e si rischia di non raggiungere le dune dato che il sole tramonta alle 16 e alle 16,10 è buio. Per cui consiglio vivamente di non fare i trasgressivi.

Oppure, si può sempre decidere di pagare un omino che, con la sua macchinina ecologica, vi trasporta dritti dritti alle dune in meno d’un quarto d’ora. Vi fornisce anche una bella coperta per arrivare vivi a destinazione.

E quello che ci si trova davanti è questo:

Sì, sono morti ormai
Sì, sono morti ormai

Da una parte il mare, dall’altra il lago e una foresta sommersa di sabbia da cui spuntano ancora alcuni alberi.

Una piccola oasi qua e là, cunette e sabbia fredda su cui scivolare e urlare la propria euforia (poi quello dipende da quanto siete emotivi).

A quanto pare, ed è evidente dalla quantità di parcheggi e servizi vari offerti dal parco, d’estate è preso d’assalto. D’inverno, invece, siamo io, il mio ragazzo e una coppia di anziani vestiti come per andare a messa che invece si fanno trasportare sulle dune a svagarsi le idee.

Le dune sono formate da sabbia depositata sulla spiaggia dalle onde del mare. Asciugati dal sole, i granelli di sabbia vengono sollevati dal vento, che li trasporta e li deposita verso l’entroterra. Le dune avanzano di circa 2 a 10 m l’anno e stanno pian piano sotterrando tutta la foresta.

Se siete molto fortunati potete godere di visioni eteree, tipo un cervo che spunta in controluce, vi fissa per qualche secondo e sparisce tra i canneti del lago.

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Conclusione

Vi siete ricreduti? Se no; affari vostri.

Se sì; vi bastano due mance per prenotare l’aereo, la patente per noleggiare un’auto, un sexyssimo paio di calzamaglie e siete pronti a partire.