Cosa farebbe il M5S in Regione Lombardia: intervista al candidato Dario Violi

“La Lombardia tradizionalmente è una terra che non ama cambiamenti troppo bruschi e noi proponiamo un cambiamento radicale e importante.”

Cosa farebbe il M5S in Regione Lombardia: intervista al candidato Dario Violi

Dario Violi è il candidato del Movimento 5 Stelle alla presidenza della regione Lombardia.

È stato già membro del consiglio regionale lombardo nell’ultima legislatura: tra le sue proposte si annoverano quella del voto elettronico in occasione dell’ultimo referendum sull’autonomia e una proposta del 2014 per sospendere l’obbligo di alcuni vaccini in età evolutiva. Violi, inoltre, viene dal mondo dell’associazionismo cattolico, con varie esperienze di volontariato, alcune delle quali all’estero. È stato nominato candidato del Movimento con 793 voti, battendo il secondo classificato Massimo De Rosa per soli sette voti.

Sembra essere più cospicuo, secondo tutti i sondaggi, il divario da colmare per raggiungere i favoriti Gori e Fontana. L’abbiamo contattato per telefono per capire come spera di fare.

A Crema, in visita all’ex scuola di CL abbandonata, ha detto che Gori trasformerebbe la Lombardia in un “ecomostro.” Qual è il piano del Movimento 5 Stelle per il riutilizzo del patrimonio edilizio della regione?

Sicuramente fare investimenti sul piano del patrimonio edilizio. La maggioranza in questi anni ha votato una finta legge contro il consumo di suolo: noi dobbiamo bloccare il consumo di suolo, che è tra i più elevati d’Italia. Mettere risorse e sostenere le aziende che hanno il coraggio di riqualificare intere aree. Non c’è molto da inventarsi. Nelle città urbanizzate ci sono zone che sono abbandonate e creano degrado, che sono in fase di trasformazione. Sostenere economicamente chi ha il coraggio di fare investimenti in queste zone, riportando sicurezza nelle aree abbandonate delle città.

Cosa ne pensa di quanto emerso dal pur discutibile referendum sull’autonomia? Nel caso in cui venisse eletto lo impugnerà davanti allo Stato?

Noi continueremo a portare avanti il progetto di autonomia. Siamo convinti che le regioni debbano avere in vari ambiti più autonomia e che i soldi debbano rimanere sul territorio. È necessario dare risposte puntuali e spesso le risposte che arrivano dal ministero — penso ad esempio al mondo dell’impresa — non sono puntuali come dovrebbero essere. Più i soldi rimangono vicini al territorio, anche per un principio di sussidiarietà, più si danno risposte immediate nel tempo e anche risorse destinate ad hoc. Penso al sistema delle case popolari, penso a una parte che va all’istruzione, o al sostegno alle imprese.

Nel caso venisse eletto, come procederebbe la questione Pedemontana?

Pedemontana va fermata, noi è anni che lo sosteniamo. È insostenibile politicamente, la Regione Lombardia ha messo fin troppi soldi dei cittadini lombardi in un progetto che serve essenzialmente a qualche banca e a qualche costruttore che specula, così com’è successo per TEM, Brebemi e come vorrebbero far succedere per altre decine di opere. Già oggi la Pedemontana confluisce nella Milano-Meda, noi dobbiamo rafforzare la qualità della Milano-Meda, investire su quello. Non serve andare oltre perché è un progetto faraonico che non ha un ritorno economico. Usiamo i soldi che andrebbero destinati per investire sul ferro e accorciare i tempi di percorrenza tra Milano e le provincie lombarde. [Questa intervista è stata effettuata il giorno prima del tragico incidente di Pioltello. NdR]

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Dopo il caso Lamina, ha dichiarato che la regione avrebbe necessità di maggiori competenze in materia di sicurezza su lavoro. Cosa fare in concreto?

Mettere risorse e dare una mano a chi deve fare i controlli. Ad esempio ASL, ma anche altri enti che oggi sono statali e lamentano la carenza di risorse, che rende più difficile fare i controlli. Maggiore competenza, avere le risorse che oggi lo stato utilizza, affinché non si facciano più controlli documentali, perché sui documenti è sempre tutto in ordine, ma si facciano controlli veri sulle procedure produttive per vedere se quello che c’è sulla carta corrisponde. Nel momento in cui si fanno controlli seri sul campo poi si sparge la voce e anche gli imprenditori iniziano a mettersi più in regola. Oggi facciamo perdere tempo alla pubblica amministrazione

Fontana ha fatto del razzismo una pietra angolare della sua campagna elettorale, con parole che lei ha giustamente definito “vergognose.” Però anche il Movimento 5 Stelle è a favore dei rimpatri…

Assolutamente sì.

…ma se il razzismo di Fontana è vergognoso, cosa pensa del programma del Movimento 5 Stelle nazionale che, con toni meno beceri, ha lo stesso obiettivo di quello di Fontana: rimpatriare persone forzosamente?

Beh, rimpatriare le persone che non hanno diritto di stare su suolo italiano. Questa credo sia una questione di diritto e giustizia anche nei confronti dei cittadini italiani e dei cittadini stranieri che vivono regolarmente sul nostro territorio. Ci sono persone che scappano dalla guerra e da situazioni di difficoltà — ci sono delle commissioni che valutano questo status e dovrebbero farlo più velocemente; chi ha diritto a rimanere in Italia dev’essere inserito in una procedura di integrazione. Quindi va formato, va aiutato a trovare un lavoro e integrarsi nella nostra società; chi purtroppo non ne ha diritto dev’essere rimpatriato nei paesi di provenienza. Su questo il Movimento 5 Stelle credo sia molto chiaro e non sia una questione di razzismo ma di giustizia: se non hanno diritto e non vengono rimpatriate rischiano di finire nei meandri delle attività criminose, peggiorando le proprie condizioni di vita rispetto al momento della partenza.

Io ho lavorato nel mondo della cooperazione internazionale, conosco abbastanza bene l’Africa, conosco bene il Sudamerica nelle zone più povere. Ho coscienza di queste persone, so da dove vengono e quindi, ripeto, dove c’è un rischio per l’incolumità della persona al momento del rimpatrio è dovere di uno stato prendersi in carico questa persona e darle un futuro differente; quando sono migranti economici e dunque non c’è un vero rischio per l’incolumità delle persone, devono essere rimpatriate e noi dobbiamo essere pronti ad aiutare i paesi di provenienza a svilupparsi. Dobbiamo essere pronti magari a rinunciare a qualche speculazione di qualche nostra azienda multinazionale, che va e sfrutta il territorio e le energie di quei territori.

Ad esempio, che azienda?

Ad esempio l’ENI, una su tutte.

Un’ultima domanda. Perché secondo lei in Lombardia il Movimento 5 Stelle ha 15 punti percentuali in meno rispetto al resto d’Italia?

Io non sono convinto che il Movimento abbia 15 punti percentuali in meno. La Lombardia tradizionalmente è una terra che non ama cambiamenti troppo bruschi e noi proponiamo un cambiamento che sicuramente è radicale e importante. Questo non vuol dire stravolgere la vita di chi oggi lavora, fa azienda, fa associazionismo, opera nel terzo settore. Vuol dire migliorare la qualità della vita. Il nostro messaggio stiamo cercando di farlo arrivare a tutti casa per casa. Qui naturalmente facciamo più fatica che in altri territori, ma noi siamo convinti di poterci giocare la partita. All’inizio dell’intervista parlavo dell’ecomostro riferendomi a Gori quando in realtà quell’ecomostro è frutto della scarsa politica di centrodestra. L’ho paragonato a Gori perché oggi lui sta imbarcando un sacco di ciellini e di persone di centrodestra, o comunque legate al centrodestra, per rubare voti a quell’area: ma comunque rivendicando una continuità politica rispetto a quello che è stato fatto da Maroni e Formigoni. Se si vuole fare una scelta differente, noi siamo l’unica possibile.

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