L’abbinamento dei due non funziona. Semplicemente non funziona. Sono due sapori che non entrano in sintonia e che si confondono lasciando nella bocca solo uno spiacevole ricordo.
È un gennaio freddo a Milano. Sfidando la pioggia mi sono addentrato in Via Paolo Sarpi, la Chinatown lombarda, solo per scoprire che il mio posto di fiducia era chiuso per le vacanze natalizie. Evidentemente non tutti i negozi gestiti da cinesi seguono le festività cinesi.
Infreddolito e bagnato vedo in una traversa della via un piccolo negozio senza insegna ma che riconosco subito essere un konbini. Sarò sincero, scrivendo questa rubrica ho realizzato che in ognuno di questi luoghi si trovano circa sempre gli stessi prodotti: gli stessi strani snack, gli stessi strani tè, le stesse conserve sott’olio non meglio identificate. Trovare quel dieci per cento di prodotti unici è una sfida difficile.
In questo caso, l’unica cosa che ho trovato non già vista da qualche altra parte sono queste patatine di gambero al melone marca Oishi, dalle Filippine. Gambero e melone. Mi sembra uno di quegli abbinamenti che sono stati decisi da un uomo bendato con delle freccette e dei post-it.
Le compro ed esco. Sotto la pioggia, come nel peggior stereotipo di un film francese indipendente in bianco e nero, mi accendo una sigaretta e apro la confezione pensando alla vita.
RECENSIONE
Vorrei stare scherzando ma queste patatine sono chiaramente il risultato dell’unione di vari scarti di fabbrica, e lo si capisce per prima cosa dall’estetica. Ho mangiato centinaia di questi snack ai gamberi o simili e l’unica costante è che hanno sempre questa forma a fagiolo, esattamente come queste, con la differenza che in questo caso sopra c’è spalmata questa specie di glassa al sapore di melone. Volendo, con estrema pazienza, uno potrebbe separare chirurgicamente le due parti e ritrovarsi con delle patatine al gusto di gambero e con della glassa al melone, un secondo e un dolce per un pasto quasi completo insomma.
Le due parti prese singolarmente non sono male, non sono neanche eccezionali ma è quel sapore basic che uno si può aspettare da delle patatine o dei dolci comprati per poco più di un euro. Tuttavia, l’abbinamento dei due non funziona. Semplicemente non funziona. Sono due sapori che non entrano in sintonia e che si confondono lasciando nella bocca solo uno spiacevole ricordo.
Forse un qualche grande chef, per dire un Bottura o un Mallmann (grazie Chef’s Table), potrebbe riuscire a creare un piatto di lusso con gamberi e meloni che sia bello da vedere e buono da mangiare, ma di sicuro questo non è avvenuto in qualche fabbrica sperduta nelle Filippine.
Alla mia ragazza sono piaciute però. Come tutte le arti, anche la cucina è in parte soggettiva immagino.
Mi sono informato un po’ di più sulla Oishi, ed ecco cosa ci racconta Wikipedia:
“Oishi, nata nel 1946 con il nome di Liwayway, era in origine un’azienda familiare specializzata in amido di mais confezionato. Il nome, Liwaway, che significa ‘alba’ in Tagalog, è stato scelto per riflettere l’ottimismo delle Filippine nel secondo dopoguerra. Verso il 1966, oltre alla commercializzazione dell’amido, l’azienda distribuiva anche altre merci di base, come caffè e confetture.
Alle spalle della compagnia c’erano a quel tempo i fratelli Carlos e Manuel Chan, i cui genitori erano immigrati nelle Filippine dalla provincia di Fujian, Cina. L’azienda ha cominciato a commercializzare i cracker ai gamberetti Oishi e i Kirei Yummy Flakes nel 1974, avvalendosi di tecnologia giapponese.”
Insomma, una bellissima storia di immigrazione e di cooperazione asiatica che ha portato alla creazione di questo incubo salato. Sono quindi andato sul sito della Oishi (che trovo molto carino, soprattutto l’about us) e nella sezione prodotti non ci sono queste patatine, il che mi porta a credere che è possibile che abbiano prodotto solo questa confezione, si siano accorti di cosa stessero facendo e abbiano cambiato idea. Mi piace pensare che quell’unica confezione abbia viaggiato per il mondo e sia arrivata in Paolo Sarpi solo per essere comprata da me.
Sarebbe una storia quasi a lieto fine se solo fossero mangiabili.
VOTO 3/10
KONBINI: Più di un semplice food blog: un viaggio onirico nel cibo esotico metropolitano, tra le luci al neon dei negozi aperti h24 e le panchine dei parchetti. Tutte le puntate qui.