Articolo a cura di Free2Change
La domanda è: quali sono i propositi della Russia riguardo agli accordi di Parigi?
Quando anni fa Aleksandr Tkaciòv, l’allora ministro dell’agricoltura russo, profetizzò che le esportazioni agricole del paese avrebbero presto sorpassato la vendita di armi, pochi gli diedero credito. Oggi la Russia è diventata il maggior esportatore di grano al mondo superando gli Stati Uniti e l’intera Unione Europea. Rispetto alla fine degli anni ’80, le temperature nelle aree coltivate a cereali del paese cresceranno di 1,8 gradi entro il 2020 e di 3,9 gradi entro il 2050. Questo fenomeno, noto con il nome di riscaldamento globale, porterà con sé la possibilità di tornare a sfruttare circa 140 milioni di acri di terra da tempo incolti.
Camminando per Mosca e parlando con la gente si ha la sensazione che la verità venga filtrata dall’alto e mentre gli esperti sostengono che sia il cambiamento climatico la causa di questo ritorno alla fertilità dei terreni sovietici, Putin ha sempre mantenuto una linea piuttosto ambigua a riguardo. Tutto iniziò nel 2003, quando Putin dichiarò che un innalzamento delle temperature di circa 3 gradi sarebbe stato un evento positivo per la Russia. Riconfermando questa posizione, nel 2015 aveva affermato che il cambiamento climatico c’è, ma non è causato dall’uomo. A sostegno di questa teoria aveva fatto notare come nell’era preistorica si fossero estinti i mammut a causa dei cambiamenti climatici, mentre l’uomo nemmeno c’era. Pochi mesi dopo, alla conferenza di Parigi, Putin fa una clamorosa inversione di rotta e dichiara: “il cambiamento climatico è diventato una delle più serie sfide che l’umanità deve affrontare (…), la qualità della vita delle persone sul Pianeta dipende dalla soluzione del problema climatico.” Nel 2017 la Russia firma gli Accordi, ma aspettate a cantare vittoria, poiché senza nemmeno lasciare il tempo di mettere in pratica i recenti buoni propositi, Putin, nel corso di una visita al circolo polare artico in occasione del forum internazionale “The Arctic: Territory of Dialogue” del 2017, dichiara che non ci sono azioni possibili per fermare il cambiamento climatico, che è inarrestabile. Alcuni aspetti del global warming, comunque, sarebbero del tutto positivi e benefici, e i Paesi che ne temono gli effetti dovrebbero semplicemente imparare ad adattarsi alle nuove problematiche.
È evidente che le parole di Putin sono frutto della consapevolezza che un innalzamento delle temperature porterebbe almeno due vantaggi alla sua in buona parte inospitale terra: il primo, come già considerato, sarebbe la possibilità di incrementare notevolmente il raccolto, specialmente di grano, per poi esportarlo. Il secondo, meno scontato, è che grazie allo scioglimento dei ghiacci artici diventerebbe molto più immediato per i commercianti russi raggiungere l’Asia, dove svolgere i propri scambi commerciali esportando, perché no, il grano finalmente prodotto. Nel 2017, infatti, la Christophe de Margerie appartenente alla società statale russa SovComFlot, è salpata dal porto di Hammerfest, in Norvegia, e dopo 22 giorni, il 17 agosto, si è fermata a Boryeong, in Corea del Sud. Per la prima volta nella storia questa nave ha attraversato le acque congelate dell’Artico russo senza un rompighiaccio che le aprisse la strada.
La domanda che a questo punto sorge spontanea è: quali sono i propositi della Russia riguardo agli accordi di Parigi? Il paese si è posto l’obiettivo di scendere entro il 2030 sotto al livello di emissioni del 1990, del 25-30%.
Sembrerebbe un obiettivo molto nobile, peccato che la Russia non abbia bisogno di implementare alcuna policy per raggiungere questo INDC (Intended Nationally Determined Contribution): infatti, questo livello di emissioni sta di molto al di sopra di quelle che sono le proiezioni future se non cambiasse nulla rispetto alla situazione odierna. Il che significa che di fatto grazie a questo “buon proposito” la Russia potrebbe aumentare le proprie emissioni invece che diminuirle. La grande riduzione delle emissioni rispetto al 1990 non si spiega grazie a policy ambiziose, ma è dovuta al collasso dell’economia centralizzata del paese nei primi anni ’90. Insomma, Putin sta cercando di ingannarci.
Nessuno può sapere ad oggi come finirà questa vicenda; possiamo solo sperare che Putin si riaccosti alle sue opinioni più moderate e meno negazioniste. Altrimenti, forse, un giorno si avvererà anche l’altra profezia di Aleksandr Tkaciòv e i cereali potranno sostituire gli idrocarburi come principale fonte di reddito del Paese.