Perché la lettera delle cento attrici francesi sulla questione molestie è tutta sbagliata
Non si riesce ancora a discernere ciò che avviene in una situazione di reciproco consenso e ciò che, invece, risulta conseguenza di un’insubordinazione.
“La donna può stare attenta che il suo stipendio sia uguale a quello di un uomo, senza essere traumatizzata a vita da uno “strusciamento” nella metro, anche se questo viene considerato alla pari di un delitto. Può addirittura leggerlo come un atto sessuale degno di pietà, o addirittura non contarlo neanche come evento degno di attenzione.”
Questo è uno dei punti trattati nella lettera pubblicata su Le Monde lunedì mattina e sottoscritta da circa cento attrici francesi, tra cui Catherine Deneuve. La lettera andava a contestare l’ondata di proteste e iniziative scaturite dal caso Weinstein e il movimento #metoo, considerato parte di “un femminismo che, oltre alla denuncia degli abusi di potere, prende la forma di un odio verso gli uomini e la sessualità.” Un’ondata di odio, a detta loro, in cui “ci viene detto in modo intimidatorio di parlare come si deve, di tacere ciò che ci dà fastidio, e quelle che si rifiutano di piegarsi a tali ordini sono guardate come delle traditrici, delle complici.”
Ci sono così tanti aspetti problematici nella lettera, in questo ritornello irritante della “caccia alle streghe,” e nelle reazioni violente che ne sono conseguite che, davvero, verrebbe voglia di chiudere baracca e burattini e tornare a vivere negli anni Cinquanta, che almeno ci si vestiva bene.
Analizziamoli uno ad uno, da perfidi puritani intimidatori quali siamo:
La lettera si apre con un’affermazione già di per sé opinabile: “Lo stupro è un crimine. Ma rimorchiare insistentemente o in modo maldestro non è un delitto, né la galanteria un’aggressione maschilista.”
Ormai può sembrare superfluo ribadire, per l’ennesima volta, la differenza tra molestia e avances. Può sembrare quasi sciocco discutere ancora circa il fatto che quelle molestie descritte dalle varie star hollywoodiane fossero un po’ diverse da semplici “approcci” — masturbarsi davanti a una donna assolutamente non intenzionata a sorbirsi lo spettacolino (come è successo a Sophie Dix) può davvero essere considerato da qualcuno un metodo di approccio? e saltarle addosso provando a baciarla e a toccarla quando lei non è dell’idea, non è, forse, preludio di una violenza ulteriore?
Le firmatarie si dicono concordi sul fatto che il caso Weinstein abbia portato a una “legittima presa di coscienza sulle violenze sessuali di cui sono vittime le donne, in particolare nell’ambiente professionale, dove alcuni uomini abusano del loro potere.” E che questo sia giusto — caspita, grazie per la conferma, amiche.
Tuttavia questa consapevolezza avrebbe portato a una duplice caccia alle streghe: non solo nei confronti degli uomini — i quali dovrebbero sopportare “l’incursione di accusatori senza regole nella sfera privata” i quali creerebbero “un clima da società totalitaria — ma anche nei confronti di quelle donne che si rifiutano di “obbedire agli ordini” e vengono così definite “complici.” Ora, di questa strana società totalitaria in cui un malvagio direttivo femminile spedisce i suoi malvagi emissari contro questi poveri martiri, non ci sono prove (però potrebbe essere una nuova serie TV distopica).
Per quanto riguarda invece le donne non è facile capire a chi si riferiscano, anche perché in tutta la lettera non c’è un singolo esempio o un singolo riferimento concreto. Staranno forse parlando dei poster contro Meryl Streep apparsi lo scorso mese a Los Angeles? In caso, avrebbero toppato alla grande, dal momento in cui quei poster erano stati creati da Sabo, uno street artist alt-right che voleva farla pagare all’attrice per il suo discorso anti Trump. Insomma, una questione che, in realtà, con il femminismo centrava ben poco.
Ma passiamo oltre. Le firmatarie della lettera si dicono indignate per tutti questi poveracci che “sono stati sanzionati sul lavoro, costretti a presentare le dimissioni, etc.. quando la loro unica colpa era stata di aver toccato un ginocchio, aver cercato di rubare un bacio, discusso di argomenti ‘intimi’ durante una cena di lavoro, o aver inviato dei messaggi a connotazione sessuale ad una donna che non ricambiava le loro avances.” Certo, peccato che, come ha fatto notare in un tweet Marlène Schiappa, segretario di Stato dell’uguaglianza tra uomini e donne, “non si è a conoscenza di un uomo che, in Francia, sia stato licenziato per ‘aver toccato il ginocchio di una donna’ inavvertitamente” — “ma se esiste, fatemelo conoscere” conclude. La segretaria ha inoltre sottolineato come quello delle firmatarie sia un discorso non solo sbagliato, ma anche pericoloso, in quanto mette in dubbio che certe azioni e certi comportamenti siano effettivamente reputabili come molestie. Ed è lì da vedere: se quel vittoriano “rubare un bacio” significasse provare a baciare una persona contro la sua volontà costringendola con la forza, se quegli “argomenti intimi” venissero trattati a una cena di lavoro per mettere a disagio e fare il laido con la donna di turno solo perché è donna, se quei messaggi a connotazione sessuale fossero delle dick-pic ripetutamente mandate a una donna sconosciuta, saremmo davvero così certi che non si tratti di molestia? E no, care signore, a una cena di lavoro non mi puoi chiedere che mutandine indosso. Per nessun motivo al mondo.
Nella lettera si difende il diritto alla “libertà sessuale” che sarebbe basata sulla “libertà di importunare”, e, ci tengono a specificare: “Siamo oggigiorno abbastanza informate per ammettere che la pulsione sessuale è di natura offensiva e selvaggia.” La sessualità è sporca, è scorretta, è basata sul gioco delle parti. Tutto verissimo, solo non si capisce cosa sia andato storto e perché una donna, per godere il suo “diritto alla sessualità” si debba per forza arrendere ad essere vista sempre, costantemente e da chiunque, come oggetto sessuale. E poi, importunare è diventato forse sinonimo di corteggiare? Perché se stiamo parlando del gioco di seduzione è un conto, ma importunare le persone significa ben altro — e insomma, si spera che queste signore siano state sedotte e non importunate almeno una volta nella vita.
Ancora adesso, non si riesce a discernere ciò che avviene in una situazione di reciproco consenso e ciò che, invece, risulta conseguenza di un’insubordinazione. In parole povere, nessuno ha intenzione di vietare il flirt, nessuno può avere la presunzione di ficcare il naso nelle camere da letto altrui, nessuno ha il diritto di giudicare o vietare un gioco di seduzione, purché entrambe le parti siano consenzienti. Nessuno può accusare il collega che flirta al bar o l’uomo che, con approvazione dell’altro partner, vuole dominare a letto, ma chiunque ha il diritto di denunciare uno stalker, il collega che ti infila le mani sotto la gonna contro la tua volontà, il partner che ti impone giochi sessuali a cui non vuoi partecipare.
La parola d’ordine, qui, è come sempre “consenso”, dalla Treccani:
consènso s. m. [dal lat. consensus –us, der. di consentire «consentire»]. – 1. a.Conformità di voleri: agire di consenso, d’accordo.
in particolare nell’accezione
-
a. Il consentire a che un atto si compia, permesso, approvazione: dare, negare il c., chiedere, ottenere il c.; esprimere, manifestare il proprio c.; c. scritto; tacito c., approvazione non dichiarata con parole; ho agito col suo c.; c. per l’adozione; c. all’aborto, ecc.
Chiaro a tutti? Non parrebbe.
Inoltre le signore convengono sul fatto che “Questa febbre ha mandato i ‘maiali’ al macello, ed è lontana dall’idea di aiutare le donne a rendersi autonome, in quanto svolge in realtà gli interessi dei nemici della libertà sessuale, degli estremisti religiosi, dei peggiori reazionari e di quelli che credono, in nome di una concezione sostanziale del bene e della morale vittoriana, che le donne siano degli esseri ‘altri,’ come bambini col viso di uomini, che chiedono di essere protette.” Dunque, se denunciamo chi ci tratta come oggetti in base alla cultura patriarcale secondo cui la donna è creata in funzione dell’uomo, altro non facciamo che censurare il sesso e dar corda a quelli che continuano a perpetrare quella vecchia idea malata? Non vi pare più puritano continuare a permettere a uomini come Weinstein — o come le migliaia di mariti violenti, persone comuni di cui nessuno parla finchè la moglie non l’ammazzano — di agire in santa pace sulla logica atavica dell’ “uomo cacciatore”? Mesdames, vi prego, fatevi uno schema perché questo punto parrebbe non essere molto chiaro nemmeno a voi.
E poi, che ne sanno le cento attrici francesi firmatarie di cosa si scateni nella psicologia di una persona? Perché una donna non avrebbe il diritto di “sentirsi traumatizzata per tutta la vita se qualcuno le si struscia contro nella metropolitana”? è da un po’ di tempo, probabilmente, che Catherine Deneuve, Catherine Millet, Ingrid Caven e tutte le altre firmatarie non salgono su una metro. Mi permetto di rinfrescare la memoria e ricordare alle signore che percepire che qualche sconosciuto ti sta palpando — e si capisce benissimo quando quel contatto ha finalità sessuali, non prendiamoci in giro — e capire di non avere la possibilità di fuggire perché si è intrappolati nella folla, non è esattamente una bella sensazione. Le persone rimangono traumatizzate da avvenimenti apparentemente innocui, molto meno invasivi di una palpata sul metrò, nessuno ha e avrà mai il diritto di giudicare.
E no, una palpata in metro non è “un atto sessuale degno di pietà,” mi sembra sia assurdo anche solo ipotizzare che possa esserlo.
Nella lettera si dice anche che “L’onda purificatrice sembra non conoscere alcun limite. Da un lato, si censura un nudo di Egon Schiele su un manifesto; dall’altro, si chiede la rimozione di un quadro di Balthus da un museo perché accusato di pedofilia; si chiede l’interdizione di una retrospettiva su Roman Polanski alla Cinémathèque e si ottiene il rinvio di quella dedicata a Jean-Claude Brisseau.” Quella che hanno in mente le firmatarie è evidentemente un’onda purificatrice un po’ confusa. I primi due esempi si riferiscono alla censura di alcuni manifesti riportanti i nudi di Schiele in Germania e Regno Unito e alla sterile polemica inerente a Thérèse Dreaming di Balthus, due episodi inquietanti e ridicoli, tuttavia non inerenti alla questione femminile (nel caso di Balthus l’accusa era di pedofilia). La richiesta di sospendere la retrospettiva di Roman Polanski e quella di Brisseau rientra effettivamente nelle proteste contro due personaggi accusati di violenza. La storia è fatta di tanti artisti magnifici che, al contempo, erano anche pessimi uomini, e di certo è sbagliato censurare l’opera a causa dell’autore.
Tuttavia mettere sullo stesso piano le proteste (che, nel caso di Polanski non hanno avuto seguito, mentre la retrospettiva di Brisseau è stata solo rimandata) contro la celebrazione di due uomini in questo momento al centro di effettive accuse, e due casi di censura totalmente folle e immotivata, sembra un po’ un voler mettere carne al fuoco senza rifletterci sopra troppo.
Di certo la follia collettiva e le proteste campate per aria — come quella incentrata sulla Carmen, una scelta insensata che rende ridicola tutta la battaglia — sono nocive al fine stesso della questione di genere. E qui arriva l’unica parte sensata della lettera: “Già alcuni editori chiedono ad alcune di noi di rendere i nostri personaggi maschili meno ‘sessisti,’ di parlare di sesso e di amore in modo meno esagerato, o ancora di fare in modo che i ‘traumi subiti dai personaggi femminili’ siano resi più evidenti !” Nulla da eccepire, è ridicolo modificare un’opera o un personaggio sulla base di un politically correct che sa sempre più di ipocrisia.
Tuttavia le nostre firmatarie riescono a cadere nel ridicolo anche su questo punto: “un progetto di legge in Svezia vuole imporre un consenso esplicito a chiunque voglia intrattenere un rapporto sessuale! Ancora uno sforzo e due adulti che avranno voglia di andare a letto insieme dovranno preventivamente redigere un documento attraverso un’applicazione sul loro telefono, nel quale saranno elencate le pratiche accettate e quelle vietate.” Il progetto di legge Svedese voluto dal primo ministro Stefan Lofven si basa su un principio che a quanto pare proprio non piace alle nostre: “se il sesso non è volontario è illegale.” Il resto della manfrina risulta tanto ridicolo da vanificare la parte precedente.
Sui social le reazioni alla lettera sono state violente: c’è stato chi, in una escalation di violenza e incapacità di argomentare, ha insultato Catherine Deneuve — che ha avuto la sfortuna di essere l’unica attrice che tutti i leoni (e le leonesse) da tastiera avevano almeno sentito nominare e di cui, a grandi linee, sapevano scrivere il nome — ma c’è anche stato chi si diceva pienamente concorde e chi, addirittura, sosteneva che Catherine Deneuve avesse detto “la prima cosa davvero femminista.”
Non è femminista mettersi contro le altre donne, non è femminista credere che non possa esistere seduzione senza prevaricazione forzata, non è femminista rifiutarsi di riflettere su cosa sia il consenso. Non è femminista giudicare un abuso sulla base di una strana e personalissima “scala di gradazione delle molestie.” Normalizzare un abuso non solo non è femminista, ma non è in nessun modo accettabile.
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