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la rassegna stampa quindicinale dedicata a energia, ambiente, ecologia e sostenibilità.
In questa puntata, uno speciale di Natale: comprare un albero artificiale è davvero meglio per l’ambiente? E da dove vengono gli alberi di Natale? Ma soprattutto: smettetela di sprecare i maglioni con le renne, grazie.
1. I francesi fanno (abbastanza) sul serio
Dal 2040 sul territorio nazionale francese — quindi si parla anche dei dipartimenti d’oltremare — sarà vietato estendere i permessi esistenti per l’estrazione di gas naturale e petrolio, e non ne sarà permessa neppure la concessione di nuovi. Come specificato da Reuters, si tratta di una decisione prettamente simbolica: il Paese, infatti, importa gran parte degli idrocarburi che consuma dall’estero, e la produzione domestica non supera i sei milioni di barili l’anno.
La mossa, comunque, non è la prima di questo genere da quando si è insediato Macron all’Eliseo; pochi mesi fa, infatti, era stata annunciata l’intenzione di vietare la vendita di veicoli a benzina o a gasolio entro il 2040, sulla scia del Paris Agreement.
2. Saudi Aramco sotto attacco
Saudi Aramco, la compagnia nazionale saudita di idrocarburi — una tra le più grandi al mondo e, in generale, tra i più importanti player energetici globali — ad agosto è stata vittima di un cyberattacco tramite un malware soprannominato Triton. Sebbene non vi sia unanimità su chi sia il responsabile dell’attacco, Area1 Security, una compagnia di sicurezza informatica, ha puntato il dito contro l’Iran, che già in passato si è reso protagonista di azioni simili. Dal canto suo, Aramco, che dovrebbe essere prossima a lanciare un’IPO — initial public offering — ritenuta strategica per il futuro dell’economia del Regno, ha negato che l’attacco sia mai avvenuto.
3. Comprate meno maglioni di Natale, davvero
Sono lanosi, hanno le renne, molti ne hanno posseduto più di uno. E proprio quest’ultimo aspetto rappresenta uno dei problemi natalizi emersi nel 2017: è abitudine, infatti, comprare un iconico maglione di Natale, indossarlo per una settimana e poi “metterlo da parte” — ovvero: dimenticarsene volontariamente per comprarne un altro (con più renne) l’anno successivo. L’impatto ambientale, però, non è da trascurare, se si considera che solamente nel Regno Unito quest’anno verranno spesi circa £220 milioni in maglioni di Natale, e un quarto di quelli acquistati lo scorso anno verrà buttato via. Quindi, davvero, il maglione dell’anno scorso andrà benissimo ??
4. Ma anche meno alberi di Natale artificiali
“Acquisto un albero di Natale artificiale” = “faccio un favore all’ambiente” è un’equivalenza non sempre vera. Conti di utilizzare lo stesso albero di Natale per i prossimi vent’anni ed oltre? Allora sì, l’albero artificiale, effettivamente, ha un senso. Altrimenti potrebbe non avercelo: tra costi di trasporto, inquinamento che ne deriva e non-biodegradabilità, il gioco non vale la candela. Inoltre, sebbene destinato ad esser segato per poi finire in un soggiorno, un albero vero, fino a quando è saldamente radicato nel terreno, assorbe CO2 a volontà. Per concludere, si tratta di alberi specificamente piantati per diventare alberi di Natale, per i quali (almeno negli USA) esistono numerosi programmi di riciclo.
5. Una guida all’albero di Natale (ecologico)
Tutte le informazioni su come acquistare un albero di Natale senza uccidere la Terra le trovate qui.
6. #MapOfTheWeek
Trovare una mappa a tema strettamente natalizio non è stato facile, ma ce l’abbiamo fatta. Riguarda gli USA, che rimangono uno dei più grandi mercati per quanto riguarda il business degli alberi di Natale. Ecco quindi una mappa sulla provenienza degli alberi di Natale statunitensi, proposta da Vox
Eco è a cura di Giovanni Scomparin e Tommaso Sansone.
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