“O capiamo o moriamo” è il titolo del nuovo libro/manifesto di Mario Adinolfi, ma non so se ho capito quello che voleva dire e inizio a non sentirmi tanto bene.
Raramente in provincia trovano spazio grandi eventi culturali e politici, fosse solo per il fatto che ci si rivolge, in linea di massima, a un pubblico più ristretto. O perlomeno così è sempre stato a Treviglio – città di chi scrive e nota ai più per aver dato i natali all’attuale Ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli. Ma qualche volta bisogna ricredersi.
È una sera dei primi di dicembre e la pianura Padana è umida e gelida come sempre. Mi presento davanti al Teatro Nuovo Treviglio, in pieno centro, per la presentazione dell’ultimo libro di Mario Adinolfi O capiamo o moriamo, che dovrebbe essere anche il manifesto del suo partito, il Popolo della Famiglia, oltre che il sequel di Voglio la mamma.
Arrivo un po’ in ritardo e vengo accolto da un buon numero di carabinieri. La sala è mezza vuota e il protagonista della serata non è ancora arrivato.
Intanto sento due signori parlare. Giustificano lo scarso numero di persone con il fatto che sia lunedì. Mi siedo all’ingresso quando vedo arrivare Adinolfi con una polo a mezze maniche. La temperatura esterna è di un grado, il che crea attorno alla sua figura un’aura mitologica.
Aspetto che entri e mi infilo con discrezione nell’ultima fila. L’incontro inizia e viene introdotto da un affiliato del partito. Ci tiene subito ad avvisare che proprio stasera avremo occasione di ascoltare la verità, quella vera con la V maiuscola, che politici e media nascondono per lasciarci in un’ignoranza ben diversa da quella dotta, professata da Socrate. Infatti il Popolo della Famiglia non viene mai invitato in televisione e ci sono certi intolleranti che protestano anche quando organizzano questi eventi.
Viene presentato quindi il pezzo forte della serata: il libro O capiamo o moriamo realizzato in scrittura alfanumerica, “perchè ai numeri non si può ribattere” e per un attimo inizio a pensare a rigorose dimostrazioni matematiche e intricati codici inconfutabili. Solo andando avanti scoprirò che si tratta di statistiche.
Finalmente prende la parola Adinolfi che, subito dopo aver ribadito l’eccezionalità di questo incontro (in cui sarà raccontata la Verità) e ringraziato le forze dell’ordine che ne permetteranno il buon svolgimento, ricorda che lui non è contro gli omosessuali ma contro il matrimonio gay. Precisa, inoltre, che tra tutte le accuse che gli sono state fatte nessuno ha mai confutato i suoi libri — mi chiedo se qualcuno abbia mai avuto voglia di leggerli. Ma ora inizia la parte bella.
Adinolfi elenca i 5 comandamenti dell’ideologia gender (che purtroppo ho già dimenticato perché già faccio fatica a ricordarmi gli altri 10). Prontamente questa viene paragonata a nazismo e comunismo e da qui in poi inizia la narrazione, fase per fase (seguendo in controluce l’esperienza di Elton John) del cosiddetto utero in affitto. Una pratica sponsorizzata da tutti i media sotto il nome buonista di maternità surrogata, che in realtà è promossa da “una piccola lobby che vuole gestire denari” per una questione di guadagno economico ed è solo una compravendita di bambini che, tra l’altro, le donne americane sono costrette a vendere per le politiche di Obama contro la classe operaia e meno male che c’è Trump che ha vinto grazie a quei voti e che ora protegge i più deboli. Scopro anche che non ti invitano a Sanremo se non “hai fatto l’utero in affitto come Tiziano Ferro e Ricky Martin” o comunque per partecipare devi avere almeno un braccialetto arcobaleno. Un motivo in più per non guardarlo.
D’altro canto il matrimonio omosessuale è stato creato ad hoc solamente per usufruire della pensione di reversibilità togliendo risorse per le pensioni dei veri lavoratori e per gli aiuti alle famiglie eterosessuali, disincentivando la natalità e permettendo così la sostituzione etnica del popolo e della manodopera italiana con milioni di immigrati.
C’è spazio anche per una breve parentesi sul suo ex partito, il Pd, e il suo sostegno all’ascesa di Matteo Renzi. Ora che ha “confessato tutti i suoi peccati” può continuare.
A questo punto siamo pronti per sviscerare un altro tema distorto dai giornali: l’eutanasia. Inizia un gioco di rimandi tra Marco Cappato e George Soros per cui c’è questa massoneria di ispirazione malthusiana che vuole diminuire la popolazione mondiale. Per non parlare della diminuzione dei costi della spesa medica nell’ammazzare chi è malato.
Intanto penso dentro di me che questi potenti sono proprio strani se aumentano la spesa sanitaria e le nascite con gli uteri in affitto mentre in realtà vogliono diminuire la popolazione e risparmiare, e mi consolo perché saranno pure potenti però almeno non son troppo svegli.
Prosegue tuonando che quella in atto è una guerra di portata mondiale e l’Italia deve decidere da che parte stare — certo che se la Germania concede “addirittura” i matrimoni omosessuali il lavoro si complica e chi difende le nostre radici cristiane? Il Popolo della Famiglia, ovviamente.
Quando finisce la presentazione, il signore alla sua destra ricorda del costo dell’affitto della sala e chiede un contributo per sostenere la spesa. Un ragazzo inizia a passare tra le file con una cesta e per un attimo mi sembra di essere tornato nel giorno della mia Prima Comunione.
Possono partire le domande e non so se andare a casa. Decido di rimanere perché in questi eventi culturali arrivano sempre spunti interessanti dal pubblico e infatti c’è una lunga osservazione di uno dei presenti che si chiede se Pannella sarebbe stato contento se sua madre avesse abortito e sottolinea che c’è un disegno mondiale per screditare la vita e la famiglia e imporre i vaccini che rendono i bambini autistici e lo dice anche Trump mica lui. Inizia una lunga risposta di Adinolfi che richiama il buon esempio delle politiche sulla famiglia di Putin, invoca una reazione analoga a quella del Family Day e si augura che il Signore intervenga per dare una mano.
Lo ha fatto con tre bambini a Fatima, perché non dovrebbe farlo con il milione di persone che hanno partecipato “alla più grande mobilitazione popolare che l’Italia ricordi”?
È il turno poi di un uomo di mezza età che consiglia al partito di puntare sull’elettorato albanese e rumeno per la loro ortodossia e per l’attenzione che hanno verso la famiglia. Decido di andarmene e sento in lontananza un “Ma certamente” come risposta.
Tornando a casa, dopo queste due ore surreali, mi sento un po’ confuso e frastornato e non riesco a non pensare a quel saggio di David Foster Wallace, Una cosa divertente che non farò mai più. Perché è stato veramente divertente sentire quanto siamo vittime delle lobby gay, quanto un partito che rappresenta forse l’1% dell’elettorato italiano debba avere maggiore visibilità, quanto siano aberranti l’amore e le famiglie non eterosessuali, quanto sia controcorrente e nel giusto chi la pensa in questo modo e quanto sia perfetta la famiglia tradizionale. Però una volta basta e avanza, grazie.
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