La riconversione urbana a Parigi comincia dai suoi non-luoghi
Molte attività temporanee hanno fatto rivivere luoghi altrimenti abbandonati, in attesa della riqualificazione.
Un viaggio tra gli spazi riconvertiti della capitale francese
La parola effimero deriva dal greco dei medici ephêmeros, «che dura un giorno», da epi «durante» e hêmera «giorno». Diventa aggettivo quando ci troviamo a descrivere degli spazi in transito, legati a progetti di riconversione urbana che prevedono una mise en place temporanea di attività artistiche o culturali. Altre volte, ci imbattiamo in spazi che hanno un passato vissuto ma ormai dimenticato, per questioni spesso legate al progresso tecnologico, e che vivono una seconda giovinezza. Abbandonati e poi ritrovati, questi luoghi sono ex stazioni dei treni, intere case, palazzi o ospedali.
In una città che fa 105 km quadrati di superficie (Milano ne fa 181) tutto è molto piccolo: le case, i bar, i negozi. Qui invece si parla di spazi aperti, enormi, polifunzionali, con superfici che arrivano fino ai 30.000 mq. In più, Parigi è cara. Non esistono molti locali che propongono una programmazione ricercata con ingresso a offerta libera, a volte gratuito, e prezzi popolari. Sentirsi larghi tra la folla e ritrovare il proprio spazio in un ambiente “décontracté” è forse la vittoria più grande di questi espaces reconvertis.
Si passa dal “non luogo” inteso come, ad esempio, una stazione ferroviaria, a un “luogo” con una sua identità dove le persone si riconoscono, si incontrano, sviluppano ricordi. Il progetto “Luoghi artistici temporanei” promosso dalla SNCF (la Trenitalia francese) ha permesso ad alcuni collettivi di artisti di entrare legalmente e per periodi più o meno lunghi in alcuni ex-depositi dei treni nella città. L’obiettivo è “Far vivere — seppur in maniera effimera — certe strutture SNCF inutilizzate per rispondere a nuovi usi e bisogni, nell’attesa della loro riconversione urbana.” L’idea quindi è da sempre quella dell’uso a tempo determinato, in attesa della riqualificazione dello spazio. Il primo progetto è in corso dal 2014 con Ground Control, da poco spostatosi dal 18esimo arrondissement al 12esimo, a lato della Gare de Lyon.
Un vecchio sito di stoccaggio del carbone è diventato invece La Station – Gare de Mines , luogo di party notturni queer-lgbt, domeniche “stazion-arie” e una web radio. L’ultimo nato è L’Aérosol, dove il nucleo centrale del progetto ruota attorno alla street art come “forma di promozione del saper vivere insieme”. In un’intera sala dello spazio (che conta da sola 20.00mq) è stato creato un museo con opere di collezionisti privati prestate al pubblico dove si possono ammirare tra gli altri lavori di Invader, Obey e Banksy (l’entrata al museo costa dai 3 ai 5 euro). L’avventura durerà per 6 mesi e finirà a gennaio 2018.
Restando nell’ambito ferroviario, un piccolo gioiello è La Gare, detta anche La Gare Jazz. Incastonato nel XIX arrondissement dentro all’ex Gare du Pont de Flandre, un’ex-stazione della petite ceinture (una sorta di circonvallazione interna per treni caduta in disuso con la costruzione dei metrò), è un vero e proprio locale che speriamo non diventi presto un ricordo. Il club è gestito dai proprietari del bar La Fontaine ma resta comunque una vecchia stazione dismessa in uno dei quartieri più ricercati della capitale. L’idea è semplice : “Concerti tutte le sere, partecipazione libera, le jazz qui donne la banane (il jazz che dona il sorriso)”
Una seconda stazione dell’ex chemin de fer parigino, quella di Saint-Ouen, ha riaperto le porte questa primavera diventando Le Hasard Ludique. Il 22 luglio 1934 la stazione chiude le sue porte per diventare prima il cinema Le Lumière, per 17 anni, poi un discount tout à 10 euros, per finire poi nelle mani del comune di Parigi nel 2010.
Dopo un appel à projet e i successivi lavori, alla fine dell’aprile 2017 nasce Le Hasard Ludique, un “luogo culturale ibrido.” Il progetto punta soprattutto a rivalutare un edificio molto legato al quartiere in cui si trova e alla sua storia. Il boulevard de Saint-Ouen è una delle arterie principali del XVIII arrondissement, zona in piena riconversione. Se ci spostassimo verso est raggiungeremmo La Récyclerie, anch’essa ex-stazione dismessa e oggi luogo unico e particolare, in bilico sopra i vecchi binari, e poi tutto il nuovo quartiere della Halle Pajol, il primo eco-quartiere di Parigi, o il centro culturale 104. Poco più a nord il già citato Aérosol e la nuova stazione Rosa Parks che ha permesso la rivalutazione di un intero quartiere con nuovi palazzi, negozi e servizi mai visti prima, produttori di un senso di quasi incompatibilità con il volto abituale della città, perennemente immobile, uguale solo a se stessa, dal barone Haussman ad oggi.
Le Génie d’Alex deve invece il suo nome all’essere incastonato sotto le arcate del ponte Alexandre III, a due passi dagli Champs Elysées. Le Génie ha chiuso la sua programmazione in anticipo il 25 novembre 2017. Il Comune di Parigi aveva messo a disposizione lo spazio a Plateau Urbaine prima della sua riconversione a fine gennaio 2018 (si rimarrà nell’ambito culturale con l’apertura di una boite à concert chiamata Le Cabaret Electro, vincitore del progetto “Réinventer la Seine”). Un luogo tra i più inaspettati e in uno dei quartieri più lussuosi della capitale ospitava un locale economico e rilassato, che si apriva verso la Senna con tavolini e sedie in legno riciclato.
Dall’esterno la luce entrava attraverso le grandi arcate il cui disegno si ripeteva anche nelle volte centrali, e nonostante i pochi arredi l’atmosfera non ne risentiva affatto, anzi. Sembrava quasi una presa in giro dei vicini avenues del lusso e dei loro sfarzi. Lo stesso numero di persone che avrebbe riempito un locale medio parigino qui sembrava dispersa nello spazio (quasi 1.000mq).
Un progetto vincente che ha saputo coinvolgere sia gli abitanti che i turisti è poi quello di Les Grands Voisins, a due passi dalle Catacombe e da Montparnasse. Tanti parigini sono nati, dagli inizi del 1800 fino alla sua chiusura nel 2012, nell’ex ospedale Saint-Vincent-de-Paul. Gli oltre 37.000 mq ospitano oggi un foyer per circa 600 persone in situazione di difficoltà, associazioni, artigiani e imprese, una boutique e una friperie, un ristorante, corsi sportivi e orti urbani. Al suo interno si sviluppa inoltre una nuova idea di turismo sostenibile: nel periodo primavera-estate 2017 più di 100 posti tenda erano disponibili ai turisti che volessero visitare parigi a low budget (da scoprire anche tutte le altre soluzioni, dalle capanne alle amache). Una seconda fase del progetto partirà ad aprile 2018, abbandonando alcune aree e sviluppando nuovi progetti, in attesa della riconversione del sito in alloggi a zero carbone, zero rifiuti.
Ad oggi circa 2.000 persone vivono o lavorano negli spazi dismessi, e molte di più vi trascorrono le serate e i week-end.
La sfida è stata colta, in una città che vuole rinnovarsi senza costruire. Famose le polemiche legate alla Tour Montparnasse – dal 1974 l’unico vero grattacielo nel centro della città – e alla futura Triangle Tower dell’agenzia Herzog & De Meuron. Il progetto ha un densissimo sito dedicato a ogni suo aspetto e una favolosa sezione Q&A che si apre con “Pourquoi c’est faux?”. L’edificio dovrebbe sorgere a Porte de Versailles nel 2022, nonostante il progetto sia già stato bloccato una volta dal Consiglio comunale nel 2014, per essere poi riapprovato l’anno successivo. Nell’ottobre di quest’anno è stato depositato un nuovo ricorso che renderà la vita dura all’inizio dei lavori, previsto per il 2020. Se da un lato la città tende a non voler cambiare mai, molte opere edilizie sono necessarie per rispondere ai nuovi bisogni.
Il Grand Paris Express è il più grande progetto urbano in Europa e prevede la creazione di 4 nuove linee metropolitane (15,16,17 e 18) e il prolungamento di altre due (11 e 14), per permettere finalmente alle periferie di essere meglio collegate con Parigi, ma soprattutto tra di loro. La ristrutturazione di Les Halles, il ventre di Parigi, è costata quasi 1 miliardo di euro e 6 anni di lavori (durante i quali il centro non è mai stato chiuso) ma ha permesso di riscoprire un’area centrale della città. Per chi ha visto il prima e il dopo, il risultato è impressionante, e ha soprattutto permesso di valorizzare una realtà che era stata quasi abbandonata ma che già esisteva e offre tuttora una gamma di servizi unica sul territorio. Si potrebbe dire che ha ritrovato un’anima. Il Forum des Halles accoglie tra gli altri 150 negozi, un cinema, una piscina e una mediateca, mentre ogni giorno circa 750.000 passeggeri transitano nel sottosuolo in 5 linee metropolitane e 3 ferroviarie.
Una città che non vuole perdersi ma ricostruirsi, reinventarsi, dovrà affrontare una nuova sfida nei prossimi decenni: i Giochi Olimpici del 2024. Un’interessante articolo di Sophie Grove per Prospect (disponibile su Internazionale n. 1233) apre un altro dei temi centrali per l’architettura della città. La sindaca Anne Hidalgo punta anche qui su due strade: da un lato progetta nuove costruzioni nelle banlieue (in particolare nel dipartimento della Seine-Saint-Denis, dove già esiste lo Stade de France e la Cité du Cinéma diventerà il Villaggio Olimpico), dall’altro vuole utilizzare siti già esistenti o temporanei (il 95% del totale, come spiegato nel video di presentazione). Le nuove costruzioni sono minime, e rimarranno alla città sia come alloggi sostenibili che come nuovi centri sportivi (oltre alla già prevista Paris Arena II l’unico edificio espressamente pensato per le Olimpiadi sarà il Centro Acquatico di Saint-Denis).
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