Da tempo un caso di inquinamento minaccia il territorio e la popolazione di Rotondella, in Basilicata. Dopo le nuove rivelazioni, abbiamo chiesto al sindaco Vito Agresti come mai non siano stati presi provvedimenti rapidi a tutela dei cittadini.
Rotondella è un piccolo borgo della Basilicata che si trova in cima a una collina nei pressi di Policoro, in provincia di Matera. Dieci chilometri a est di questo paesino sorge l’Itrec “Trisaia,” un centro di ricerca dell’Enea che in passato aveva il compito di ospitare e trattare le scorie radioattive prodotte dalle centrali atomiche italiane ed europee.
Costruito alla fine degli anni ’60, questo impianto si è guadagnato l’odio e il timore dei lucani soprattutto a causa del cosiddetto “Elk River,” sessantaquattro barre di combustibile nucleare irraggiato che oggi giacciono stoccate nelle piscine dell’Itrec — un fardello proveniente dall’omonima città del Minnesota e che il Comune di Rotondella ha più volte cercato di rispedire al mittente senza successo.
In seguito al referendum sul nucleare, il centro di ricerca è stato avviato alla fase di decommissioning, ma di recente è tornato a far parlare di sé.
Il 9 agosto del 2017 infatti, la Sogin – la società incaricata di smantellare l’Itrec e di monitorare i livelli di inquinamento nell’area circostante – consegna all’Arpa Basilicata i risultati delle analisi che ha eseguito sui campioni di suolo e di acqua di falda provenienti dal sito dell’Enea.
L’Arpa riorganizza le informazioni e il 1° settembre le inoltra all’amministrazione di Rotondella e alle autorità locali, evidenziando il fatto che in diversi pozzi di prelievo si registrano concentrazioni di metalli e idrocarburi ben oltre la soglia di legge.
Secondo Sogin, il terreno compreso tra il centro di ricerca e il litorale marino è contaminato in varia misura da cadmio, cobalto, tallio, berillio, vanadio e cromo, mentre le acque di falda presentano dosi eccessive di manganese, boro, solfati e nitriti, oltre ad un’abbondanza di tricloroetilene e cromo esavalente a dir poco spaventosa.
Ad esempio, uno dei piezometri (SP63) mostra una concentrazione di trielina pari a 703 µg/l (microgrammi per litro) contro un limite normativo di 1.5 µg/l, un valore ben 500 volte superiore rispetto a quello di sicurezza.
Scrive inoltre Arpa che l’eccesso di cromo VI (13 µg/l contro un massimo di 5 µg/l), segnalato da un piezometro al confine dell’area Enea (SP35), a valle del complesso, rende “necessario ed urgente predisporre una tempestiva sicurezza operativa per le acque sotterranee al fine di scongiurare la migrazione del cromo esavalente verso l’esterno del sito”.
In effetti, uno dei piezometri (CM1) esterni alla proprietà indica già una concentrazione di cromo VI molto prossima alla soglia di legge, 4.8 µg/l contro un massimo di 5 µg/l, tanto che Arpa consiglia fin da subito di porre in essere una barriera idraulica.
Possiamo immaginare l’apprensione delle autorità di Rotondella nel leggere la missiva dell’Arpa, soprattutto perché di lì a qualche ora la stessa agenzia trasmetterà anche i risultati delle indagini radiologiche, ossia quelle volte a monitorare la presenza di inquinanti radioattivi, che fortunatamente daranno esito negativo.
I riscontri della Sogin sui contaminanti non radioattivi sono comunque allarmanti, tanto che il 14 settembre l’Azienda Sanitaria di Matera (ASM) scrive al Sindaco di Rotondella pregandolo di vietare ai residenti di estrarre l’acqua dalla falda. Il giorno seguente il Comune di Rotondella vara l’ordinanza suggeritagli dall’ASM e convoca una riunione d’urgenza per 19 settembre.
Ma da dove arriva il materiale inquinante?
La risposta è in un comunicato che Sogin trasmette agli enti territoriali il 21 settembre:
“I dati acquisiti durante le indagini condotte confermano che la sorgente degli inquinanti trielina e cromo esavalente è stata identificata nell’ex-impianto Magnox della Società “Combustibili Nucleari,” ubicato nell’area di ricerca Enea, il cui processo industriale comportava l’utilizzo di trielina e acido cromico.”
“Al momento, un serbatoio e la relativa infrastruttura interrata dell’impianto in questione si trovano ancora all’interno dell’area di proprietà Enea, e una condotta, anch’essa interrata, si trova in parte nell’area di proprietà Enea e in parte nell’impianto Itrec, gestito da Sogin Spa.”
Insomma, la situazione è grave e la popolazione è preoccupata non solo perché l’origine della contaminazione coincide col centro di ricerca storicamente odiato, ma perché già il 4 giugno del 2015 un altro rilievo eseguito nello stesso posto aveva mostrato la presenza sempre di tricloroetilene e cromo esavalente in concentrazioni superiori a quelle consentite.
Anche allora si erano tenute fin subito una serie di riunioni d’urgenza del consiglio comunale, ma non erano stati implementati gli interventi necessari a garantire la salvaguardia dell’ambiente e la salute della popolazione.
Ad esempio, una Conferenza dei Servizi sollecitata a luglio del 2015 si era svolta il 20 novembre dello stesso anno e nonostante il Piano di Caratterizzazione Ambientale – il documento volto a ricostruire le dinamiche di contaminazione nel suolo e nella falda acquifera sottostante il Trisaia – fosse stato approvato il 14 dicembre, i lavori di analisi erano iniziati solo il 15 giugno del 2016, mentre i risultati vengono trasmessi prima da Sogin ad Arpa e poi da quest’ultimo al comune solo il 1° settembre, con la già citata mail da cui scoppia lo scandalo.
Ma allora perché dal 4 giugno del 2015 al 15 settembre del 2017 gli enti locali non sono intervenuti per tutelare il territorio e i suoi abitanti?
Abbiamo preso contatti con alcuni residenti della zona, che si dicono inquieti anche per quanto accaduto nel 2003, quando un gruppo di eco-criminali scaricò diverse tonnellate di rifiuti industriali nelle campagne metapontine.
Uno dei nostri informatori ci mostra la testata de “La Nuova Basilicata” del 24 agosto 2003, dove si legge che uno dei tanti punti di deposito abusivo si trovava proprio nel territorio di Rotondella, qualche chilometro a sud dell’impianto Itrec, vicino al litorale.
Dall’articolo si apprende inoltre che il proprietario del terreno in cui furono abbandonate le scorie era in qualche modo in combutta con i trafficanti. Ad un certo punto si parlò addirittura del possibile coinvolgimento della Camorra, perché circolava voce che i Carabinieri avessero identificato come origine del carico tossico una qualche fabbrica nei pressi di Sarno.
Sempre secondo La Nuova Basilicata, in quel caso le analisi del suolo avevano rivelato ancora un eccesso di cromo VI, oltre che di altri metalli pesanti di origine industriale. Rotondella potrebbe dunque essere esposta a due casi indipendenti di inquinamento.
Il primo, da cromo esavalente e trielina, segnalato già nel giugno del 2015 e culminato nello scandalo di settembre 2017; una contaminazione provocata dall’ex-impianto Magnox della Società “Combustibili Nucleari”, all’interno del sito Enea. Il secondo, da cromo esavalente e altri metalli, scoperto dalle autorità nell’agosto del 2003, collegato ad un traffico di rifiuti in cui forse ha avuto un ruolo anche la criminalità organizzata.
I residenti sono evidentemente in apprensione, perché tutta l’area circostante nonché a valle dell’Itrec è coltivata a fragole, albicocche, arance e pesche.
In quale misura l’inquinamento della falda rappresenta un pericolo per le colture? Perché non è stata ancora fatta la barriera idraulica? Perché non sono stati fatti dei rilievi sulla catena alimentare? Sono le domande che si pongono i nostri interlocutori.
Ad agitare ulteriormente la situazione c’è il fatto che da più di trent’anni a Rotondella girano strane storie sul centro di ricerca. È documentato che agli inizi degli anni ‘90 il procuratore di Matera, Nicola Maria Pace, aveva preso in carico un esposto presentato da alcuni cittadini nei confronti dell’Itrec e aveva iniziato ad investigare sulle attività dell’Enea, scoprendo alcune irregolarità nella gestione del combustibile nucleare.
Si tratta di una vicenda molto complicata e per certi versi ancora oscura, che si intreccia con il caso delle navi dei veleni, tant’è che nel 1995 il giudice Pace fu chiamato – in virtù della sua esperienza in materia – ad unirsi al pool di agenti che conduceva le indagini.
Abbiamo contattato il sindaco di Rotondella, Vito Agresti, per chiedergli come mai non siano stati presi provvedimenti tempestivi a tutela dei cittadini.
Signor sindaco, sappiamo che Sogin aveva indicato la presenza di cloro esavalente e trielina nel sito dell’Enea già nel giugno del 2015, come mai non è stata presa alcuna misura di tutela dell’ambiente e della popolazione fino a settembre 2017?
Intanto dovete sapere che Sogin – che tiene costantemente monitorato l’inquinamento nel terreno mentre esegue le attività di decommissioning – ci ha segnalato la contaminazione nel 2015 soltanto perché noi gli abbiamo chiesto esplicitamente di tenerci aggiornati su ogni dettaglio, ma in realtà per le concentrazioni registrate nel 2015 la legge non prescrive di allertare gli enti del territorio. Lo sforamento dei limiti sarebbe stato comunque riportato dal Piano di Caratterizzazione Ambientale e dal Piano di Analisi Ambientale, che infatti sono iniziati nel 2016.
Quindi un caso di inquinamento lieve si è aggravato fino ai valori stratosferici registrati a settembre 2017 per colpa dei tempi di realizzazione di questi due studi?
Esattamente.
Ma non si poteva prendere un provvedimento subito, nel 2015, quando avete visto che comunque c’era un principio di contaminazione?
No, perché non sapevamo cosa fare. Attendevamo i risultati del Piano di Caratterizzazione, che indica cosa è successo in un luogo inquinato, e del Piano di Analisi, che indica cosa fare per risolvere il problema. Il provvedimento l’ho preso io a settembre quando su consiglio dell’ASM ho vietato con un’ordinanza l’emungimento dell’acqua di falda.
Quindi negli ultimi due anni i cittadini hanno prelevato e utilizzato l’acqua contaminata.
No, perché in paese non ci sono pozzi. Anche per irrigare i campi usiamo l’acqua che arriva dall’acquedotto vicino. L’ordinanza serve a bloccare l’Enea e la Sogin, perché l’Enea e la Sogin hanno dei pozzi da cui prelevano l’acqua che gli serve al funzionamento dell’impianto.
Però l’Arpa già a settembre vi aveva detto che bisognava erigere la barriera idraulica. Perché questa non è ancora operativa?
Perché non sappiamo come organizzarla, stiamo ancora aspettando il Piano di Analisi. Dovevano consegnarcelo entro il 31 ottobre 2017, ma non è ancora arrivato.
I cittadini sono preoccupati per le coltivazioni: se la falda è inquinata, quei frutti sono velenosi.
No, perché fortunatamente a circa sei metri di profondità esiste uno strato argilloso che trattiene l’acqua di falda che dall’Itrec scenderebbe in giù seguendo la pendenza. Questa viene bloccata prima di raggiungere i campi.
Per quanto riguarda la catena alimentare, ogni ente deve fare la sua parte. Il comune di Rotondella non è deputato a eseguire analisi epidemiologiche, però voglio precisare che io le analisi sulle colture ci tengo a farle. Essendo Rotondella un comune interessato da attività nucleari, abbiamo diritto a dei fondi di compensazione ambientale che io voglio usare per fare quelle analisi in modo indipendente da altri enti, e se non mi fanno usare quei soldi piuttosto uso quelli delle tasse per finanziare le analisi. Ti dirò di più, voglio istituire un comitato scientifico da avere al mio fianco quando mi rapporto con i cittadini e con le istituzioni. Questo perché voglio dimostrare che i prodotti coltivati di Rotondella sono sani, oltre che di elevata qualità. Quello di cui mi sono accorto è che esiste una campagna mediatica di accanimento contro il territorio.
Vuole dire contro le istituzioni?
No, proprio contro il territorio. Due sono le tendenze di cui mi sono reso conto. Primo, c’è la volontà di bloccare il turismo. Secondo, c’è la speculazione di alcuni imprenditori sui prodotti di Rotondella: vogliono far credere che sono contaminati, che sono di bassa qualità, eccetera.
Intende dire che stanno cercando di mettervi in cattiva luce per farvi la concorrenza?
Precisamente.
Alcuni quotidiani online, come Basilicata24 e Cova Contro sono molto attivi sul territorio di Rotondella e molto critici verso l’inquinamento e l’aumento di tumori causato dalle compagnie petrolifere in terra lucana.
Le critiche vanno bene finché sono ragionevoli, basate su fatti concreti. A me le critiche piacciono perché ti stimolano, senza ci si rammollisce.
A proposito del traffico di rifiuti del 2003 e delle irregolarità nella gestione del Trisaia nei primi anni Novanta, che cosa sa?
Sono episodi accaduti molto tempo fa, non ero ancora sindaco allora. Ricordo che il traffico di rifiuti fu bloccato e ci fu anche un arresto, quindi penso che per il terreno sia stata fatta la bonifica. Per quanto riguarda le indagini del procuratore di Matera non so dirvi molto. Ricordo che la gente aveva paura dell’inquinamento da materiale nucleare, ma se le indagini fatte questo settembre da Sogin dicono che non c’è contaminazione radiologica, penso che almeno su quello si possa stare tranquilli.
Tutti i documenti citati possono essere consultati qui.
Un servizio televisivo de “Le Iene” andato in onda la sera del 3 dicembre 2017 contraddice quanto dichiarato a noi dal sindaco Agresti, ossia che gli abitanti di Rotondella non possiedono pozzi per l’emungimento dell’acqua.
Ad oggi non abbiamo gli elementi per stabilire chi abbia ragione, ma abbiamo inoltrato il servizio delle Iene ad alcuni dei nostri informatori, i quali ci hanno risposto che le persone intervistate non sono di Rotondella, ma probabilmente di un paese vicino, non sappiamo quanto distante dall’area inquinata individuata da Sogin.
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