colapesce

In un tipico sabato milanese novembrino, grigio e piovoso, abbiamo assistito ad una matinée tutta siciliana al BASE, che settimana scorsa si è trasformato nel luogo d’incontro ufficiale del Linecheck Festival.

In collaborazione con Swatch Club, il festival ha organizzato un concerto evento interamente dedicato a La voce del padrone di Franco Battiato, datato 1981.

Protagonista è stato però Colapesce, che ha suonato l’album integralmente in acustico, la sua chitarra accompagnata da tastiere e moog e, all’occasione, da un’ocarina.

colapesce

Non c’è nella nostra penisola artista migliore di Colapesce per eseguire egregiamente un compito arduo come quello di suonare un album così importante per la storia della musica italiana, riuscendo a non cadere mai nel banale o nell’abuso artistico. D’altronde, probabilmente non c’è nemmeno album che si adatti meglio ad un cantautore come Urciullo, sperimentatore nei suoni e poeta nei testi: fin dai primi minuti sembra che La voce del padrone gli sia stato è cucito addosso — Colapesce lo fa completamente suo ma rispettandone comunque l’originalità artistica e la sacralità.

Senza riarrangiamenti esagerati e spersonalizzanti, le tracce, eseguite secondo la tracklist dell’album, sono tutte perfettamente riconoscibili: i suoni elettronici e quelli memorizzati nella loop station creano delle basi semplici ma non scarne che si amalgamano con la voce dolce ed eterea di Colapesce, che in quanto a melodicità richiama da vicino quella di un giovane Battiato.

colapesce

Tecnicamente nulla da dire: Colapesce e il suo tastierista navigano sulle stesse frequenze, gli strumenti dialogano tra loro in una celeste sinfonia, neanche una piccola dimenticanza verbale rischia di distogliere l’attenzione dal mondo magico che stanno creando. A quest’atmosfera evanescente e sognante ha contribuito anche l’acustica della location, probabilmente non adatta a band più espanse, ma perfetta per trasformare pienamente Milano in una solitary beach. Grazie Battiato (come ha detto lo stesso Urciullo a fine concerto), ma bravo Colapesce, che ancora una volta si riconferma uno degli artisti più capaci ed interessanti sulla scena indie italiana, ormai sempre più uguale a se stessa.