Sono molte le aziende della Silicon Valley che si sono dichiarate contrarie alle nuove norme proposte dalla FCC, ma la riforma sembra viaggiare su binari irreversibili, almeno finché i repubblicani resteranno al governo.
L’autorità di telecomunicazioni statunitensi, la FCC, ha presentato la prima bozza della riforma che sopprimerebbe le norme di net neutrality finalmente codificate dallo stesso ufficio durante l’amministrazione Obama.
I fondamenti ideologici li abbiamo sentiti così tante volte da addormentarci, per quanto sono piatti: qualsiasi tipo di regolamentazione è naturale nemica degli investimenti, ed è necessario liberare l’industria da norme imposte per permettere gli investimenti necessari per garantire futura innovazione.
A prescindere dagli effetti pericolosissimi non solo per il mercato statunitense ma per la salute di internet in tutto l’Occidente, si tratta di una premessa ideologicamente non funzionante: le risorse per maggiori investimenti su internet arrivano dalla sempre crescente influenza di internet sulla vita quotidiana, e questo ruolo sempre crescente continua non solo grazie a nuove infrastrutture, ma soprattutto grazie alla nascita di nuovi servizi che abbracciamo per comunicare o che lentamente sostituiscono infrastrutture del “mondo reale.”
Il piano della FCC contro la net neutrality invece ha un effetto diametralmente opposto — cristallizzerà internet attorno all’offerta dei principali gestori di telefonia e delle aziende di servizi abbastanza grandi da permettersi di pagare lo strozzinaggio delle prime. Nell’internet che ci attende i presupposti per la nascita di quegli stessi servizi che stanno completamente riplasmando la nostra vita non potranno mai più esserci.
Si tratta, a prescindere, di una norma contraria agli interessi dei consumatori: non solo perché porterà a un aumento dei costi, ma perché modificherà artificialmente il mercato spingendo verso strutture di lobby o monopolistiche.
Gli effetti di questa legge li stiamo lentamente vedendo all’opera in Europa, dove, come vi abbiamo raccontato lo scorso anno, sono ora in effetto norme di garanzia estremamente deboli, in particolare riguardo a internet mobile.
In Italia per ora, con l’eccezione di Vodafone che veramente non vede l’ora di trasformare internet in un’offerta a canali di Sky, gli effetti delle nuove norme non si sono fatti sentire, ma in altri paesi europei la situazione sta peggiorando rapidamente.
È il caso del Portogallo, dove il gestore di telefonia Meo ha iniziato a dividere il traffico della propria offerta Smart Net in cinque pacchetti separati: Messaging, Social, Video, Music e email. (Sì, si può essere abbonati a internet e non ricevere mail se si è utenti Meo — lasciamo decidere a voi se sia follia o la cosa piú bella del mondo.) Ogni pacchetto costa 7 euro al mese, alzando drasticamente i costi per l’utente. Ma il problema non è nemmeno questo — non per ora. La tesi sottostante dei liberisti della rete sarebbe che, se Meo è troppo caro, un altro gestore dovrebbe entrare in una fascia di prezzo inferiore — ma sappiamo che questo non succede mai: i gestori di telefonia fanno da sempre piú o meno compattamente cartello. In Italia è possibile risparmiare qualche euro con Tre o Wind, ma le offerte e i prezzi sono chiaramente coordinati, si parla di risparmi di pochissimi euro al mese.
Il motivo per cui questa riforma ci riguarda molto da vicino, non solo come quota di informazione sulla politica statunitense, è dovuto alla natura americanocentrica di tutto l’internet occidentale. Una così profonda variazione delle dinamiche di mercato influenzerà in maniera irreparabile internet.
L’internet statunitense, a onor del vero, è già interessato da fenomeni oligopolistici. Non è un caso che alcune delle aziende digitali che piú hanno innovato nell’uso di internet e di internet via cellulare, siano nell’ultima decade europee o orientali — esempi immediati: Spotify, Citymapper, Mobike. È estremamente preoccupante, in un contesto che vede sempre piú forti accentramenti, immaginare gli effetti della riforma proposta dalla FCC. Il primo esempio che ha aperto il trend è indubbiamente l’acquisizione di YouTube da parte di Google, ma i recenti acquisti di WhatsApp e Instagram da parte di Facebook descrivono in maniera puntuale l’andamento, perché animati evidentemente da uno scopo anti-competitivo.
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Cosa potrebbe succedere una volta approvate le nuove norme?
- Costi aggiuntivi per l’uso di servizi
- Questo può avvenire direttamente in bolletta all’utente o in accordi commerciali con i singoli gestori di servizi (come Netflix). Nel secondo caso, chiaramente, saranno i gestori a dover in qualche modo assorbire il costo maggiorato: magari spalmandolo anche nei confronti degli utenti europei.
- Barriere per la creazione di servizi concorrenti a quelli esistenti
- In entrambi gli scenari che abbiamo descritto in precedenza l’aumento dei costi impedirà a nuovi attori sul mercato di proporsi con prezzi piú bassi, o con offerte gratuite. In Portogallo su Meo, ad esempio, per accedere a Spotify si paga 7 euro al mese, a prescindere che il proprio account sia gratuito o meno.
- Profondo accentramento media / carrier
- Quasi tutti i gestori telefonici del mondo hanno servizi costruiti con stabilità (più o meno) che offrono funzionalità simili a Spotify, Netflix, eccetera. Questi servizi, che già oggi sono spesso offerti gratuitamente ai clienti, diventeranno rapidamente gli unici in grado di essere competitivi in un contesto di prezzi sempre piú alti.
- Il rafforzamento di questi servizi li renderà centrali nell’offerta dei gestori, portando alla firma di accordi media per esclusive video o musicali. Volete vedere i prequel di Game of Thrones? Saranno in streaming solo per i clienti AT&T. Volete ascoltare il nuovo disco di Kanye? Solo su Verizon.
- La libertà di filtrare
- Senza piú nessuna pretesa di universalità, i gestori telefonici potranno oscurare arbitrariamente qualsiasi sito internet. A prescindere da scenari distopici dove qualsiasi contenuto di dissidenti politici può essere censurato per via privata senza dover disturbare strutture statali, il cambiamento immediato sarà per la pirateria: volete piratare i prequel di Game of Thrones che sono in esclusiva solo su un altro gestore di telefonia? Tutti i siti di torrent saranno oscurati.
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L’influenza degli Stati Uniti sull’internet globale — sia come forza lavoro che come mercato — ci pone in una situazione paradossale: in Europa si dibatte da anni su quale sia il ruolo di internet nella società contemporanea — è una risorsa come l’acqua? È un diritto innegabile? — ma alla fine sarà un altro paese a decidere per noi. Servizi, anche di successo, anche europei, a cui siamo abituati a fare affidamento potrebbero non essere piú in grado di sopravvivere.
L’Unione Europea non è un alleato in questa battaglia, perché negli ultimi anni si è stabilmente allineata a case discografiche e media company che sperano di sbloccare importanti risorse da parte dei gestori di telefonia ammazzando la neutralità della rete. È ridicolo pensare che i singoli stati europei abbiano qualsivoglia voce in capitolo in quella che è una battaglia ormai vinta da assi di lobbismo interni, senza nessun interesse o pensiero a qualsiasi conseguenza continentale o internazionale.
Sono molte le aziende della Silicon Valley che si sono dichiarate contrarie alle norme proposte dalla FCC, ma la riforma sembra viaggiare su binari irreversibili, almeno finché i repubblicani resteranno al governo.
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