Gli snack di murena e il male di vivere
KONBINI | Spesso il male di vivere ho incontrato ed era il rivo strozzato che gorgoglia, oppure erano questi snack di murena che ho trovato in via Padova
Gli snack di murena non sono neanche male da mangiare, ma l’odore, per quanto si possa essere aperti culturalmente, è davvero difficile da sopportare.
Spesso il male di vivere ho incontrato ed era il rivo strozzato che gorgoglia, oppure erano questi snack di murena che ho trovato in via Padova. Sarò sincero: non ho mai mangiato la murena, ma so che si usa comunque nella cucina meridionale quindi non ho dubbi che, se cucinata con nei modi giusti, sia un buon pesce da mangiare.
Questo purtroppo non è il caso, ma arriviamo dritti al punto perché ho molte cose da dire.
Dopo avere aperto il barattolo ed essere stato investito da quest’aroma che — e non sto esagerando — ha quasi rischiato di farmi vomitare, ho riflettuto su molte cose. Ho riflettuto sulla mia vita, ma mi sono anche chiesto come un qualsiasi essere umano, senza tenere in conto la sua provenienza, possa riuscire ad apprezzare qualcosa con questo odore. Ho quindi fatto una piccola ricerca per capire se l’olfatto è influenzato culturalmente e, sorpresa:
“La percezione olfattiva è estremamente variabile da una persona all’altra, in funzione di fattori individuali e di contesto. In questo studio, abbiamo indagato l’influenza di due importanti fattori di variazione: la cultura e l’informazione semantica. Più specificamente, abbiamo testato se una conoscenza dettata dalla cultura e la presenza o l’assenza di nomi per gli odori modula la percezione degli odori stessi, misurando questi effetti in due popolazioni con un background culturale differente ma con lo stesso linguaggio […]. I risultati hanno rivelato gli effetti significativi della cultura e dell’informazione semantica, a livello verbale quanto non-verbale”
dal numero 42 di Chemical Senses, gennaio 2017.
Non ho letto tutto lo studio ma insomma mi è bastato questo estratto per capire che la risposta è sì. Purtroppo per quanto si possa essere aperti mentalmente e si cerchi di controllarsi razionalmente, i riflessi spontanei fanno un po’ quello che gli pare.
A fatica, tappandomi il naso, ho assaggiato un pezzo di questo frutto del demonio e devo dire che il sapore non è neanche così tragico: sono croccanti, hanno questo retrogusto di pesce unito alla soia e i semi di sesamo sono una buona aggiunta. Niente di eccezionale ma un sapore piacevole.
Purtroppo questa loro sufficienza sulla lingua non basta a contrastare il disgusto che lasciano addosso. La ragazza con cui ero quando li ho assaggiati mi ha fatto lavare i denti tre volte prima di baciarmi di nuovo. Ho provato quindi a cucinarli insieme a qualcos’altro, così per non ammettere la sconfitta, e ho fatto un condimento di verdure e murena da aggiungere a dei noodles; l’odore che ha pervaso la cucina non me li ha neanche fatti assaggiare dato che ero pieno di conati, ho dovuto buttarli e mangiarmi dei noodle con il tonno sott’olio perché era l’unica altra cosa che avevo in casa (non male comunque, 6/10).
Dopo avere buttato quello che rimaneva del vasetto nel cesso — inquinando probabilmente l’intera falda acquifera di Milano — e avere areato il bagno, ho guardato il mio riflesso nello specchio. Sono forte, ma penso di avere trovato il mio limite: un pesce delle profondità che come un orrore lovecraftiano è arrivato sulla terraferma per farmi perdere la mia salute mentale.
KONBINI: Più di un semplice food blog: un viaggio onirico nel cibo esotico metropolitano, tra le luci al neon dei negozi aperti h24 e le panchine dei parchetti. Tutte le puntate qui.