Il modello della futura, ipotetica Catalogna indipendente? L’Estonia

L’ex repubblica sovietica è infatti oggi senza dubbio il modello di stato tecnologicamente piú avanzato. È ancora tutto tranne che chiaro il futuro della Catalogna, e con Puigdemont in fuga […]

Il modello della futura, ipotetica Catalogna indipendente? L’Estonia
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L’ex repubblica sovietica è infatti oggi senza dubbio il modello di stato tecnologicamente piú avanzato.

È ancora tutto tranne che chiaro il futuro della Catalogna, e con Puigdemont in fuga la possibilità che la Spagna riesca a rimanere unita, con più o meno uso della forza, è sempre più solida.

Se nei prossimi mesi però vedremo la fondazione di una “Repubblica libera di Catalogna” assisteremo a qualcosa di pressoché unico, oltre che di estremamente improbabile: la fondazione di uno Stato del primo mondo in età contemporanea.

Sì, perché malgrado la limitata indipendenza attuale della regione, la Catalogna non ha infrastrutture e burocrazia capaci di amministrare uno stato, nemmeno uno piccolo.

Il problema non è tuttavia irrisolvibile, e al contrario, potrebbe esserci un modello, una soluzione “ready made” alle necessità del futuro stato di Catalogna: ed è l’Estonia.

L’ex repubblica sovietica è infatti oggi senza dubbio il modello di stato tecnologicamente piú avanzato.

Non è difficile trovare similitudini tra la Catalogna e l’Estonia del 1991: il paese del fuggiasco Puigdemont dovrà trovare, in qualche modo, una ragione d’esistere, che vada al di là delle ragioni storiche. Può bastare il patrimonio artistico di Barcellona per giustificare lo spazio sulla mappa dello stato di Catalogna? Forse sì, ma è una scommessa pericolosissima. Venticinque anni fa l’Estonia decise di fare una scommessa simile: la fece sullo sviluppo tecnologico statale. Da allora il paese è stato sempre in prima linea con l’innovazione tecnologica. Ha portato internet in tutte le scuole del paese nel 1997; nel 2002 ha inaugurato una rete Wi-Fi statale che copre quasi tutte le aree abitate e offre connessione a internet veloce e gratuita; dal 2005 si vota online da casa; e dal 2012 tutto il paese è cablato con fibra ottica.

Dallo scorso anno l’Estonia offre un servizio di e-residenza e in queste settimane sta lavorando alla propria criptovaluta: la Generalitat ha inviato rappresentanti nel paese per discutere di una possibile condivisione dell’infrastruttura, o dei passi necessari per costruirne una versione locale.

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La piattaforma di e-residenza dell’Estonia è disponibile per tutti i cittadini del paese e per meno di 100 euro a qualsiasi azienda privata che desideri porre la propria sede legale nel paese. Costituisce un vero e proprio unicum al mondo: un paese che compete per raccogliere sedi di aziende multinazionali non con sconti sulle tasse ma sulla “facilità dell’uso” della propria burocrazia, quasi come se fosse un’app.

L’esperienza d’uso della burocrazia è uno dei punti centrali della piattaforma, che permette sostanzialmente di svolgere tutte le attività notarili e di contabilità attraverso automatismi.

Aprire un’azienda richiede la compilazione di un modulo e in meno di un mese la propria e-residenza è attiva. E siccome ogni cittadino e ogni azienda ha una chiave crittografica personalizzata e unica legata anche alle proprie finanze, per fare la dichiarazione dei redditi basta collegarsi online e premere un singolo tasto.

Per snellire ulteriormente il rapporto tra stato e banca, il Paese sta lavorando per introdurre una nuova criptovaluta statale. La moneta, che vorrebbe chiamarsi “estcoin” dovrebbe essere lanciata con una valutazione di mercato collettiva su modello di crowdfunding. Le potenzialità di una criptovaluta “di stato,” integrate in un sistema di residenza digitale, sono sostanzialmente inesplorate. Per quanto alieno al contesto del mercato internazionale, il progetto di e-residenza per aziende del paese è stato un deciso successo, con l’apertura di più di 22 mila aziende in meno di due anni dall’inaugurazione dello schema, e forse proprio per questo l’Unione Europea e la BCE — che normalmente lasciano vivere per conto proprio l’Estonia — sono accorsi per fermare immediatamente i piani del paese di iniziare a battere una nuova moneta nazionale, anche (o soprattutto) perché solo digitale.

Dani Marco, direttore di SmartCatalonia, l’organismo che si occupa delle politiche digitali della regione, parla delle ambizioni estoni con grande entusiasmo, come uno degli esempi di quello che si può fare quando si ripensa da zero come può funzionare uno stato. Se la Catalogna si dovesse trovare improvvisamente davvero a dover costruire infrastruttura di un paese indipendente, però, sarebbe un paese che dovrebbe iniziare da zero nel processo di integrazione nell’Unione Europea, dando l’occasione di fare quel passo in più rispetto a quanto già fatto dall’Estonia.