Il coming out di Kevin Spacey è un tentativo di sviare l’attenzione
L’attacco avrebbe avuto luogo nel 1986. Spacey aveva 26 anni, Rapp 14 e per sua stessa ammissione “era evidentemente minorenne.”
L’attacco avrebbe avuto luogo nel 1986. Spacey aveva 26 anni, Rapp 14 e per sua stessa ammissione “era evidentemente minorenne.”
In un’intervista pubblicata questa notte su BuzzFeed News, l’attore di Star Trek: Discovery Anthony Rapp ha dichiarato di essere stato vittima di abusi sessuali da parte di Kevin Spacey.
Ispirato dall’ondata di dichiarazioni che stanno colpendo decine di molestatori del mondo dell’intrattenimento, dell’informazione e della politica, Rapp ha condiviso con il giornalista di BuzzFeed News Adam B. Vary come, durante una festa a casa dell’attore di House of Cards, Rapp sia stato costretto a letto, schiacciato da Spacey in un’avance di disgustosa aggressività.
L’attacco ha avuto luogo nel 1986. Spacey aveva 26 anni, Rapp 14 e per sua stessa ammissione “era evidentemente minorenne.” — ma potete valutare voi.
Si tratta di un’accusa gravissima — non solo perché Spacey non aveva mai pubblicamente affrontato la propria omosessualità, ma perché implicitamente accusa l’attore di pedofilia.
Spacey, in risposta, ha sostanzialmente confessato.
In un textshot condiviso su Twitter, Spacey dice:
“Ho grande rispetto e ammirazione per Anthony Rapp come attore. Sentire la sua storia mi ha sconvolto. Sinceramente, non ricordo l’incontro, piú di trent’anni fa. Ma se ho fatto quello che descrive, gli devo le mie piú sincere scuse per quello che era un comportamento completamente inappropriato, dovuto all’alcol. Sono addolorato dai sentimenti che dice di aver portato con sé per tutti questi anni.
Questa vicenda mi ha spinto ad affrontare altre cose della mia vita. So che ci sono storie su di me in giro, e alcune sono state certamente alimentate da come solitamente proteggo la mia privacy. Come sanno le persone a me piú vicine, nella mia vita ho avuto relazioni romantiche con sia uomini che donne. Ho avuto, e ho, incontri con uomini durante tutta la mia vita, e ho deciso di vivere da oggi (pubblicamente, ndr) come un uomo omosessuale. Voglio affrontare questa cosa con onestà e trasparenza, e non posso che iniziare senza esaminare il mio comportamento.”
La notizia dell’aggressione ai danni di Rapp è stata rapidamente sovrastata da quella del coming out di Spacey, la cui omosessualità era stata fonte di gossip per gran parte della sua carriera. Questa inversione della narrativa, avvenuta su quasi tutti i quotidiani internazionali e anche italiani, sembra essere esattamente quello che Spacey voleva.
È difficile non leggere la dichiarazione di Spacey con tono predatorio. È sostanzialmente strutturata in due parti. Nel primo paragrafo Spacey sembra volersi porre come superiore a Rapp: Spacey è piú anziano, piú maturo, piú navigato — così tanto da non ricordare nemmeno un evento che chiaramente ha viceversa cambiato la vita dell’altro attore. Chi abusa non ammette ma non nega nemmeno, e si para le spalle: se l’ho fatto, è colpa dell’alcol. Il tono predatorio sembra evidente dalla prima riga: Spacey stima Rapp, come attore. Non come persona.
Il secondo paragrafo è costruito con una tecnica letteralmente da manuale del gaslighting: si chiama blocking and diverting. Nel rispondere all’accusa di Rapp, Spacey prima ammette sottotono l’evento — in modo che non si possa dire che la questione sia rimasta aperta — e poi rapidamente trova un appiglio per cambiare argomento. Assomiglia da vicino a una tecnica di abuso emozionale — il problema non è piú quello di un giovanissimo attore di Broadway di 14 anni, schiacciato su un letto ad una delle proprie prime occasioni di socialità, centrali per la propria professione. Il problema, la storia, è quella di Spacey, da sempre sospettato bisessuale ma che solo ora finalmente fa coming out — dichiarandosi tra l’altro omosessuale e non bisessuale.
Avvenendo questo scambio a distanza, via media — da BuzzFeed a Twitter — vista sotto questa lente l’operazione di Spacey appare due volte volgare e aggressiva. Non solo sminuisce il trauma della propria vittima ma gli dimostra come con poche battute in uno screenshot può ancora oggi, trent’anni dopo, controllare la vita della propria vittima. La strategia è particolarmente efficace — quante redazioni saranno state felici di poter mettere nello stesso titolo sia la parola “omosessuale” che “molestie,” questa mattina. Si tratta di una combinazione potentissima a livello mediatico, che non solo cancella la vicenda di Rapp, ma che sfrutta i meccanismi di conservatorismo morale di gran parte della stampa per farlo.
Il gaslighting è una forma di violenza psicologica, utilizzata per piantare nella psiche della vittima il dubbio che i propri ricordi siano inesatti: è un tipo di violenza molto subdolo e dannoso per chi lo subisce. È inquietante riconoscerne così da vicino le forme in un comunicato che dovrebbe essere al contrario di scuse.
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