Il ritorno del Caimano e la credibilità italiana in Europa
Il ritorno di Berlusconi è una spia d’allarme per un Paese che si appresta a vivere l’ennesima stagione di instabilità politica.
Il ritorno di Berlusconi è una spia d’allarme per un Paese che si appresta a vivere l’ennesima stagione di instabilità politica.
Bruxelles—Rieccolo. Silvio Berlusconi si appresta alla sua (ri)discesa in campo nella politica italiana. Ad ottant’anni suonati, il quattro volte ministro del Consiglio resta l’unico leader credibile per guidare il centrodestra alle prossime elezioni, sotto la bandiera di Forza Italia. Nonostante il passare degli anni, Berlusconi è convinto di potersi giocare un’ultima chance prima di consegnare agli storici il compito di raccontare la sua infinita carriera politica. Così, tra un Luigi Di Maio candidato premier per il Movimento 5 Stelle e il ritorno di Berlusconi alla guida della destra moderata, l’Europa torna a guardare alla Penisola con un misto di ironia e stupore.
Berlusconi può tornare grazie ad una serie di elementi che lo hanno riesumato politicamente per l’ennesima volta agli occhi degli italiani. In primis l’uscita (temporanea) di scena di Matteo Renzi, ma soprattutto la mancanza di un leader credibile a destra, laddove l’altro Matteo, Salvini, resta troppo estremista per poter assumere la guida della coalizione tra Lega Nord e Forza Italia. Di fronte a un centrodestra incapace di rinnovarsi, Berlusconi appare ancora a molti come una figura di riferimento per i vari Brunetta & co, che da soli non saprebbero guidare un partito, figuriamoci una coalizione. Elementi politici, ma anche giuridici: l’ex premier aspetta infatti con ansia la sentenza della Corte di Strasburgo, in arrivo a novembre, che potrebbe restituirgli l’eleggibilità toltagli nel 2011 dalla legge Severino.
Il ritorno di Berlusconi è una spia d’allarme per un Paese che si appresta a vivere l’ennesima stagione di instabilità politica. Stando ai sondaggi attuali, alle elezioni del 2018 l’Italia non avrà una maggioranza di governo: il M5S, con la sua ben nota riluttanza a stringere alleanze, sarà il primo partito, qualche punto davanti al PD di Renzi; mentre Forza Italia e Lega arriveranno insieme al 27% circa. Ebbene, Berlusconi è pronto a giocare ancora una volta il ruolo dell’ago della bilancia in un sistema politico in crisi di identità.
È facile tornare con la memoria ai primi mesi di Renzi premier, quando l’attuale segretario PD aveva tessuto un’elaborata strategia con l’ex cavaliere, fatta di intese implicite e accordi studiati a tavolino, per assicurare il sostegno del centrodestra al proprio governo. Una trama sfumata in seguito all’elezione del presidente Mattarella, ma che potrebbe essere rimessa in piedi in un attimo dopo le prossime elezioni se i diretti interessati lo volessero. Non per nulla, durante il suo recente intervento a Fiuggi, Berlusconi non ha mosso alcuna critica a Renzi; forse perché già intravede la possibilità di una grande coalizione alla tedesca.
A proposito di Germania: domenica arrivano le elezioni per eleggere il parlamento federale e quindi il cancelliere, e il confronto con l’Italia restituisce un’immagine desolante. Angela Merkel è vicinissima ad essere confermata per la quarta volta alla guida del Paese, simbolo più che mai della grande stabilità di Berlino. Una stabilità che rassicura l’Europa, dove sferza ancora il vento del populismo xenofobo e anti-Unione europea. Grazie ad una maggioranza ampia, Merkel si appresta ad essere il faro del progetto di riformismo europeo, insieme al presidente francese Emmanuel Macron. Figure che, al di là della loro provenienza politica hanno le redini dei propri rispettivi Paesi ben salde e conoscono il cammino, nazionale ed europeo, sul quale intendono procedere.
Ben diverso, per non dire agli antipodi, il discorso dell’Italia, dove il ritorno di Berlusconi, noto al di fuori della Penisola per le mancate promesse durante i suoi governi e le notti del bunga bunga, è visto in Europa come un refrain della scarsa credibilità italiana. Ancor più visto che, dopo le prossime elezioni, ci si troverà verosimilmente con un Parlamento bloccato nella palude dell’ingovernabilità, nella speranza di intese complicatissime tra partiti che non dialogano tra loro. In confronto i tempi del governo Renzi, che al netto delle critiche si era presentato come un interlocutore credibile a Bruxelles, sembreranno un miraggio lontano. Per questi motivi, l’impressione è che dalla prossima primavera nelle cancellerie degli Stati dell’Ue tornerà il noto sentimento di sfiducia nei confronti di Roma; il che renderà più difficile muoversi su qualsiasi dossier, a partire da quelli che più premono all’Italia, come la gestione dell’immigrazione e la riforma dell’eurozona.