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Il Patto per Milano ha compiuto un anno. Era il 13 settembre 2016 quando Beppe Sala, fresco sindaco di Milano, aveva ricevuto il premier Matteo Renzi nelle stanze municipali per firmare lo sbandieratissimo patto tra Stato ed ente locale.

Il documento è ancora oggi facilmente reperibile online, con tutti finanziamenti previsti all’epoca.

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In molti, all’epoca, avevano fatto notare come fosse un documento ricco di buone intenzioni e cifre importanti, ma povero di dettagli. Come e quando, di preciso, sarebbero stati erogati dallo stato questi soldi? C’era, insomma, un vago timore che il governo avesse fatto promesse da marinaio.

12 mesi dopo abbiamo parlato con l’assessore al Bilancio del comune di Milano, Roberto Tasca.

foto Comune Milano
foto Comune Milano

Assessore Tasca, facciamo un bilancio del primo anno di Patto per Milano.

Il bilancio è buono. Abbiamo avuto a giugno il recepimento dei primi 85 milioni di euro, l’ufficialità che ci fossero, e siamo partiti subito cominciando ad usarli. Ad oggi, ne abbiamo impiegati 26 milioni nella progettazione dei lavori più grandi riguardanti la mobilità: il prolungamento della M5 fino a Monza e l’estensione della M1 fino a Baggio. Oltre al progetto della metrotranvia del quartiere Adriano.

Questo per quanto riguarda le linee. Alla voce trasporti però era previsto anche l’acquisto di 42 autobus elettrici.

Di quegli 85 milioni, oltre ai 26 già usati, ne verranno destinati altri 10 alla sezione trasporti. Da lì verranno tirati fuori i fondi necessari per l’acquisto degli autobus, una volta ultimate le gare. ATM sta lavorando all’acquisto. Non ci sono intoppi, abbiamo già predisposto i cronoprogrammi per l’attivazione di questi fondi.

Nel patto non c’erano solo i trasporti. Quando si affronterà la questione edilizia residenziale?

Per quanto riguarda l’edilizia residenziale, avremo qualche avanzamento con la presentazione del piano triennale, che si terrà a novembre. È stata completata la parte relativa a Giambellino con l’utilizzo di alcuni fondi europei, mi pare con complessivamente 100 milioni di euro.

Per quanto riguarda la questione rischio idrogeologico, invece? Il giorno della firma del patto per Milano, Sala aveva dichiarato che i fiumi milanesi sarebbero stati in sicurezza entro due anni.

I lavori stanno andando avanti. [Probabilmente l’assessore si riferisce alle vasche di laminazione di Bresso, su cui in questi giorni sta montando una polemica.] Ad oggi, comunque, quella parte non è finanziata dagli 85 milioni erogati.

Le modalità di erogazione delle risorse messe a disposizione nel patto hanno prestato il fianco ad una serie di polemiche da parte dell’opposizione in consiglio comunale, che ha buon gioco a far notare che i soldi previsti nel patto non siano arrivati in un’unica tranche. “La consigliera Sardone continua a dire di non aver mai visto il bonifico al comune,” ci ha raccontato il consigliere comunale PD Angelo Turco. “Purtroppo, però, non funziona così.”

Abbiamo avuto a disposizione questi 85 milioni e li abbiamo portati nel bilancio. Poi, per i lavori da cominciare e le cose da realizzare, funziona come qualsiasi altra opera pubblica. [Dopo le gare, nda] mandiamo la documentazione al governo che siamo pronti a spendere, e i soldi vengono erogati: il patto procede nella prospettiva di essere capaci di produrre progressivamente cose per cui utilizzare i fondi. Inoltre nel 2018 si andrà alle urne e bisognerà creare e consolidare un buon rapporto come quello che c’è stato con i governi Renzi e Gentiloni.

Cosa succederà dopo il 2018, dunque, alla conclusione del triennio coperto dal patto?

Molti lavori partiti in questo periodo non si concluderanno con il triennio 2016-2018. Bisognerà trovare altri fondi. Mi viene in mente, ad esempio, per i prolungamente della metro, di cui nel patto è previsto il finanziamento solo per l’attività progettuale. C’è un impegno preso dal Governo attuale, ma bisognerà vedere quale sarà il prossimo interlocutore.


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