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758 milioni di persone. 477 milioni di donne e 124 milioni di bambini. Sono i numeri impressionanti delle persone che, in tutto il mondo, non sanno leggere e scrivere.

Queste stime sono in realtà abbastanza conservative, perché l’analfabetismo non è un fenomeno di semplice misurazione. I bambini “fuori da scuola,” ad esempio, sono più di 250 milioni, ed è impossibile misurare univocamente quanti di loro siano in grado di leggere e scrivere, e quanti possano funzionare pienamente nella società.

Oggi piú che mai si tratta di un numero sconvolgente, che costruisce una vera e propria barriera attorno a milioni di persone vittime di soprusi e che non solo non sono in grado di comunicarli ma molto spesso non hanno nemmeno gli strumenti per comprendere l’ingiustizia in cui vivono.


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Secondo i dati combinati di OCSE e Unesco, dal XIX secolo a oggi il tasso di analfabetismo a livello globale si è drasticamente ridotto: al 2014, la percentuale di analfabeti veniva stimata attorno al 14%, mentre soltanto nel 1950 superava il 64%. Questo significa che in pochi decenni sono stati fatti enormi passi avanti, ma non è ancora abbastanza — e per chi vive in situazioni svantaggiate le statistiche aggregate a livello globale significano poco.

La paura, come la fame, è una condizione vissuta da molti quotidianamente: la mancanza di alfabetizzazione serve, a tutti gli effetti, come un sistema di controllo, che seda il malcontento e le proteste prima ancora che si possano formare. Nel mondo contemporaneo, dove sia le forme di controllo che i canali di auto–organizzazione sono sempre piú spesso digitali o unicamente digitali, l’analfabetismo costituisce un problema se possibile ancor piú grave che nel 1965, quando è stata istituita dall’Unesco la Giornata Internazionale dell’Alfabetizzazione. Obiettivo della ricorrenza, che si celebra tutti gli anni l’8 settembre, è tenere alta l’attenzione della comunità internazionale su un problema tenuto spesso troppo a margine dalle agende politiche degli stati

Affrontare l’analfabetismo in un mondo digitale è l’argomento della due giorni organizzata dall’UNESCO tra oggi e domani a Parigi.

Se tradizionalmente rappresentate nei media Occidentali come semplicemente e uniformemente arretrate, il progresso tecnologico interessa non solo i paesi dell’Asia meridionale, ma anche dell’Africa subsahariana. Si tratta di un progresso tecnologico molto meno controllato e diffuso, molto meno omogeneo rispetto a quello che è avvenuto in Occidente, ma, proprio perché non alla portata di tutti, riguarda tutti.

Dalla produzione industriale alla gestione del lavoro, l’analfabetismo rende una larga parte degli abitanti dei paesi in via di sviluppo effettivamente incapaci di interfacciarsi con una parte importante del proprio mondo, limitando non solo le loro possibilità di lavoro, ma qualsiasi ambizione di crescita culturale e personale.

Le caratteristiche principali della nostra società contemporanea sono dettate dalla corsa verso una più diffusa alfabetizzazione in Europa tra il Seicento e l’Ottocento. L’ultimo secolo ha visto uno sforzo titanico in tutta l’America latina per combattere l’analfabetismo, con i casi di particolare successo di Cuba e Ecuador, dove negli ultimi cinquant’anni è stato fatto un vero miracolo — che deve essere esempio per affrontare il problema in Asia e Africa.

È tuttavia impossibile affrontare l’analfabetismo come un problema con una soluzione organica: le cause sono disparate, e per milioni di persone, troppo vecchie o già troppo emarginate, è comunque troppo tardi. Per descrivere il problema con una prospettiva complessiva, la ONG ActionAid Italia ha realizzato un’infografica che bene rappresenta come non solo si tratti di una crisi di difficilissima risoluzione, ma di una situazione che sostanzialmente si auto-alimenta: le caratteristiche stesse di una società con una forte presenza di analfabetismo nella popolazione sono tra le prime cause di ulteriore analfabetismo.

Se la situazione per le 477 milioni di donne costrette dalla discriminazione di genere nell’analfabetismo sembra non solo drammatica ma forse senza possibile soluzione, ActionAid non manca di sottolineare che al contrario i 124 milioni di bambini che non hanno nemmeno basi minime di lettura e scrittura è ancora assolutamente recuperabile — e offrono la possibilità di contribuire a tutti, attraverso l’adozione a distanza.

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Salvare questi bambini e adolescenti dall’abbandono scolastico è una responsabilità da cui i paesi del Primo mondo stanno sfuggendo, ma che è centrale al raggiungimento dei target di Sviluppo Sostenibile per il 2030 delle Nazioni Unite. La lotta per la giustizia sociale e per la democrazia in tutto il mondo si combatte così.