I sei anni della Repubblica Indipendente di Lu, gioiello musicale nel Monferrato

Come si organizza un festival musicale d’eccellenza in un piccolo paese del Monferrato? Ne abbiamo parlato con il suo direttore artistico.

I sei anni della Repubblica Indipendente di Lu, gioiello musicale nel Monferrato

Dal 1 al 3 settembre va in scena a Lu Monferrato la quinta edizione della Repubblica Indipendente di Lu, un piccolo festival musicale che da sempre fa della qualità il suo punto di forza. Ne abbiamo parlato con il direttore artistico e co-fondatore Nicholas David Altea.

Quattro edizioni ufficiali più una data zero (un po’ sfortunata) permettono alla piccola Repubblica di Lu di festeggiare, il primo di settembre, il proprio sesto anno di Indipendenza.

Tra gli anni Novanta e metà Duemila il paese di Lu, nel Monferrato, aveva già iniziato un’attività di festival con l’evento Lustando. Negli anni a seguire, sarebbe nato poi un piccolo orgoglio da sfoggiare e di cui vantarsi per tutta la penisola. In questa edizione gli organizzatori si sono aperti agli artisti internazionali e hanno migliorato il radicamento sul territorio, con diversi eventi collegati alla rassegna.

Nicholas David Altea è uno dei co-fondatori e direttore artistico della manifestazione. Con lui in questi giorni abbiamo scambiato qualche parola per farci raccontare la prossima edizione e alcuni retroscena della manifestazione.

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Ciao Nicholas, partiamo dall’inizio. Ovvero come si è riusciti a portare una realtà come quella della Repubblica Indipendente in un piccolo paese del Monferrato, tenerla in piedi per sei anni e, anzi, farla crescere.

Lu ha sempre avuto un rapporto speciale con la musica. Tra la metà dei Novanta e poi i primi ’00, con qualche “buco”, c’era un festival chiamato Lustando, che ha avuto la capacità di portare qui nomi anche piuttosto importanti. Il festival si teneva prima sulla collinetta, poi presso un impianto sportivo. Noi non facciamo parte di quella associazione ma diciamo che in qualche modo abbiamo saputo seminare su un terreno che già negli anni passati si era dimostrato ricettivo. Il luogo simbolo del nostro festival è appunto la collinetta. Giovanni Mazzoglio ha avuto l’idea di ripartire da lì: in qualche modo l’abbiamo riqualificata, dandole per un periodo durante l’anno l’opportunità di ospitare il festival.

La prima edizione, quella zero, l’abbiamo organizzata in due mesi. Man mano che cresci impari a gestire sempre più cose e ad organizzare una macchina che ad oggi è comunque piuttosto complessa. Lo si fa anche grazie alla capacità di demandare, di dividere i ruoli e all’aiuto fondamentale di tante persone. Poi durante il festiva bisogna essere abili a risolvere qualsiasi problema in pochi minuti.

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Hai parlato dell’importanza dei luoghi, e quest’anno anche con eventi collegati al festival rafforzerete il vostro legame con il territorio. Un connubio che portate avanti con orgoglio fin dalla prima edizione. Ormai è cosa detta e ridetta che in Italia, forse più che altrove, la bellezza va scovata nei “piccoli” festival, in luoghi d’eccellenza. Vedi il Siren, l’Ypsigrock, eccetera. Tutto vero, tutto bello, però poi a conti fatti siete un festival di musica. Come bilanciate il tutto?

Si tratta di valorizzare le eccellenze che uno ha. Se riesci a prendere tutto quello che hai tra le mani, nel tuo territorio e dargli il valore corretto è ovvio che tutto questo diventa rilevante agli occhi di chi si interessa al tuo festival e vuole magari scoprire qualcosa che vada anche oltre la musica, in un’esperienza il più completa possibile.

È una cosa che noi fin dall’inizio vogliamo portare avanti. Anche con gli stand culinari a km 0 o comunque legati al territorio monferrino. Uno perché ce li abbiamo e sono buoni, due perché questo crea una sorte di rete interna collegando più realtà valide che abbiano voglia di eccellere in quello che fanno.

E tra i prodotti a chilometro zero, spostandoci sulla musica, amate anche selezionare band a chilometro zero.

Certo. L’importanza del territorio non riguarda solo le eccellenze gastronomiche ma anche l’aspetto artistico. Parlo di aspetto artistico a 360 gradi perché comunque, e quest’anno più che altre volte, anche negli eventi non strettamente musicali vogliamo valorizzare persone e storie delle nostre zone. Poi ovvio che c’è la musica. Ci piace iniziare le giornate con band della provincia, una provincia da cui non è facile uscire e ottenere la possibilità di suonare a Lu sullo stesso palco di artisti nazionali e internazionali è sicuramente una vetrina importantissima.

L’allestimento dell’area espositiva, foto via Facebook
L’allestimento dell’area espositiva, foto via Facebook
A Lu avete avuto, non la chiamo fortuna perché sarebbe scorretto nei vostri confronti, direi la lungimiranza di chiamare quasi ogni anno artisti che anche solo tre mesi dopo sarebbero già stati troppo grandi per suonare sul vostro palco. Sul fatto che per riuscirci non serva fortuna ma sia un vostro merito dato da una conoscenza dell’ambiente e un gusto che non si costruiscono in pochi mesi, non mi soffermo. È un dato di fatto. Raccontami quindi qualche aneddoto e prova a farmi un nome, tra quelli di quest’anno, che secondo te è pronto ad esplodere.

Il nostro festival ha dei limiti: uno è la capienza, dopo un po’ non ci entra più gente. Siamo così ed è importante non snaturarci. Se chiamo un nome che mi garantisce un tot di pubblico, so che l’anno prossimo non potrò scendere sotto quel “livello,” anzi, dovrò cercare di andare oltre. Queste cose non si addicono molto ad un festival come il nostro e per questo ci piace vincere qualche scommessa. Negli anni passati, per farti qualche nome, abbiamo chiamato gli Ex-Otago (nel 2012, edizione zero poi rinviata per pioggia) che hanno avuto soprattutto nell’ultimo anno una grande esplosione mediatica. Poi potrei citarti i Selton, anche loro oggi presenti sulle radio nazionali, i Soviet Soviet (prima della pubblicazione del loro primo disco), gli M+A e ancora più recentemente Cosmo, Motta e i Thegiornalisti.

I gazebo penguins live all’edizione del 2016. Foto di Patrizia Chiarello, via Facebook
I gazebo penguins live all’edizione del 2016. Foto di Patrizia Chiarello, via Facebook
E quest’anno?

Quest’anno abbiamo fatto lo step degli internazionali. Anche in questo caso ovviamente per noi è difficile andare a prendere nomi già affermati. Io scommetto molto su Be Charlotte, un’artista scozzese che non ha mai suonato in Italia e non ha pubblicato praticamente nulla se non pochi singoli e recentemente ha suonato in importanti festival del Regno Unito Me ne sono innamorato da subito e ho voluto a tutti i costi portarla a Lu.

Chiudo con un’ultima domanda. Hai parlato dei limiti che ci sono nell’organizzare un festival del genere. Come gestite la voglia che credo ci sia di provare comunque a ingrandirsi sempre un po’ a fare di più senza lasciarsi prendere dall’entusiasmo e fare poi il passo più lungo della gamba, snaturando poi a tutti gli effetti il festival?

Naturalmente l’aspetto artistico è quello che più ci spinge a volerci “ingrandire,” ma senza esagerare, come dicevamo prima. Curiamo molto ogni band che selezioniamo ed è una cosa che vogliamo fare sempre di più e sempre meglio, ma senza andare oltre. Quello che posso dirti è che l’headliner dell’anno prossimo sarà comunque un nome che ci sarebbe stato anche nel cartellone di quest’anno. Bisogna sapere mantenere un livello di qualità alto e adatto alla natura del festival.

Per tutte le altre info, consultate la pagina Facebook della Repubblica Indipendente di Lu.


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