Sul terremoto di Ischia nessuno ha parlato chiaro

Il primo, legittimo sentimento che suscita un terremoto è quello di rassegnazione all’ineluttabilità della natura e della sua sconfinata forza.

Sul terremoto di Ischia nessuno ha parlato chiaro

Il primo, legittimo sentimento che suscita un terremoto è quello di rassegnazione all’ineluttabilità della natura e della sua sconfinata forza.

Ma l’interpretazione fatalista dei fenomeni naturali sembra adattarsi a fatica alla scossa registrata a largo dell’isola di Ischia, nell’arcipelago delle isole Flegree, alle 20:57 dello scorso 21 agosto. Una scossa che, inizialmente, è stata classificata come di magnitudo 3.6, poi assestatasi a 4.0 della scala Richter. Un terremoto particolarmente superficiale e, per questo motivo, avvertito in maniera sorprendentemente brusca sull’isola, che soffre di un elevatissimo rischio sismico.

Il bilancio, a detta degli esperti, è comunque sproporzionato rispetto all’intensità del sisma: 2 vittime, 39 feriti e danni ingenti alle abitazioni di Casamicciola, il comune più colpito. È stato proprio questo tragico bilancio a confutare la tesi del fato irrevocabile e ad accendere i riflettori sulle responsabilità umane; a questo proposito è stata più volte citata, in queste ore, la riflessione di Jean-Jacques Rousseau relativa al terremoto di Lisbona del 1755, il cui fulcro è riassumibile nelle seguenti parole: “Dopotutto, non è la natura che ha ammucchiato là ventimila case, di sei o sette piani…”

Foto da #Casamicciola sopra, due minuti fa, dopo #terremoto #Ischia. pic.twitter.com/WXi3jk3xig

— Camille Claudel (@Camille_fm) August 21, 2017

Il richiamo a questa affermazione, estrapolata da un più ampio dialogo tra Rousseau e Voltaire, è stato utilizzato a più riprese per introdurre e ricalcare il tema dell’abusivismo, una storica piaga dell’edilizia italiana. Una piaga che è stata, tuttavia, fortemente strumentalizzata già a poche ore dalla tragedia, con notizie che si susseguono a ritmi concitati: “L’isola degli abusi” (Il Fatto Quotidiano), “Morti abusive” (Il Giornale), “Se la casa abusiva crolla non è colpa del terremoto” (Libero) sono solo alcuni dei titoli sbattuti oggi in prima pagina a caratteri cubitali dai quotidiani nazionali. Una correlazione che fa scalpore, vendite e “click,” ma che si basa su una confusione logica e terminologica tra pratiche e fenomeni che sono certamente concatenati, ma non già sovrapponibili.
Per entrare nel merito delle singole questioni e fare chiarezza sulle concause e sulle possibili soluzioni al rischio sismico, è dunque necessario operare una distinzione tra “abusivismo edilizio” e “adeguamento sismico.”

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L’abusivismo edilizio è una piaga che affligge storicamente la nostra penisola; la sua origine è rinvenibile nella costruzione delle “borgate di regime” nei primi anni del ventennio fascista, poi accentuatasi durante il boom economico, con la nascita dell’urbanizzazione di massa e del conseguente “abusivismo di necessità” e culminata, infine, con la speculazione immobiliare sfrenata a cui abbiamo assistito negli ultimi decenni.

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Sebbene si sia registrata, nel 2016, una lieve tendenza positiva rispetto agli anni precedenti, i dati restano allarmanti e parlano di circa 18.000 abusi edilizi ogni anno, secondo l’istituto Cresme (Centro ricerche economiche e sociali del mercato dell’edilizia). I numeri aumentano in modo esponenziale se scendiamo nel Sud della penisola e se ci spostiamo sulle coste. Proprio dello stato di salute delle coste italiane si occupa l’annuale dossier pubblicato da Legambiente che oggi rimbalza su tutti i quotidiani nazionali: alla voce “abusi edilizi costieri,” le case abusive dell’isola d’Ischia sono inserite, nel loro complesso, nella Top 4 degli ecomostri che meglio rappresentano “la devastazione illegale e impunita dell’abusivismo edilizio,” con 27.000 richieste di condono dagli anni ’80 ad oggi e 600 immobili interessati da ordine definitivo di abbattimento. Un dossier risalente allo scorso giugno, ma che, ovviamente, pochissime delle testate in questione avevano riportato in tempi non sospetti.

È questo il dato che ha fatto presupporre una diretta correlazione tra abusivismo e danni del sisma, sebbene non vi siano (ancora) perizie tecniche che ne stabiliscano la consequenzialità.

Quel che è certo, invece, è il mancato adeguamento sismico delle case crollate. L’adeguamento sismico – da non confondere, a sua volta, con il miglioramento sismico – costituisce il conseguimento del maggiore livello di sicurezza possibile per l’immobile, ossia quello previsto dalla norma. Questo vale per gli immobili legali quanto per quelli abusivi: è bene specificare che possono esistere case abusive perfettamente adeguate alla resistenza sismica e case perfettamente a norma, ma sprovviste di tecnologie e strutture di supporto antisismico. Possiamo certamente supporre che un’abitazione abusiva sia, per ovvi motivi, costruita in fretta, con criteri poco attenti al rischio sismico e “con materiali scadenti” come affermato da Angelo Borrelli, capo della Protezione Civile, in relazione alle case crollate ad Ischia; ma questa stessa supposizione va fatta anche per immobili di altro tipo, come quelli concessi al ribasso, cioè all’impresa che chiede meno soldi del prezzo di gara, o ancora per affidamento diretto, ossia senza previa gara d’appalto. Ne è un esempio il crollo parziale, avvenuto in seguito al terremoto di lunedì sera, di una chiesa del XVII secolo e del suo frontone, che ha provocato la tragica morte di una donna: una chiesa “sopravvissuta” anche al disastroso sisma del 1883 – che contò a Casamicciola 2.300 vittime – ma che, con ogni evidenza, non era mai stata messa adeguatamente in sicurezza. Dunque, per fugare ogni dubbio sulla confusione in cui i media hanno gettato questo evento sismico, semplifichiamo con un pizzico di approssimazione, purtroppo necessaria a trattare un tema così ampio in questa sede.

Un terremoto di magnitudo 4.0 avrebbe mietuto vittime in assenza di abusi edilizi? Forse no. Un terremoto di magnitudo 4.0 avrebbe mietuto vittime in presenza di un piano concreto di prevenzione antisismica? Sicuramente no.

È necessario, dunque, accantonare i toni scandalistici e riflettere in modo empirico sulla correlazione, pur esistente, tra il terremoto di Ischia, il fenomeno dell’abusivismo dilagante e la buona pratica dell’adeguamento sismico, dopo aver accuratamente distinto i concetti in questione. Per quanto riguarda l’abusivismo, è certamente un bene che si sia tornato a parlare di speculazioni edilizie scriteriate dopo anni di silenzio omertoso, ma è un peccato che il dibattito si limiti ai bar sport e ai talk show e raramente raggiunga il Parlamento. La risposta della politica ai conclamati dati allarmanti (43 reati edilizi al giorno nel 2016), infatti, è stata spesso deprimente: in un Paese in cui il consenso politico, specialmente a livello amministrativo e soprattutto nel Meridione, passa per il clientelismo e l’illegalità, di abusivismo si parla solo in campagna elettorale e solo – attenzione – in tema di condoni. Così, il goffo tentativo di condanna del fenomeno, acclarato dall’intera classe politica italiana, risulta ridicolo se relazionato a quanto fatto e annunciato fino a domenica sera. Forza Italia condanna, ma è autrice di due dei condoni tombali che hanno fatto la storia dell’abusivismo edilizio in Italia (1994, 2003); la Lega condanna, ma era parte integrante dei due governi Berlusconi che hanno firmato quei condoni; il Partito Democratico condanna, ma l’amministrazione campana del suo De Luca ha approvato una sanatoria per 70.000 case abusive in alternativa al loro abbattimento; il M5S condanna, ma gli spot elettorali del candidato siciliano Cancellieri vanno in direzione diametralmente opposta e parlano di un “abusivismo di necessità” (con trent’anni di ritardo, ma tant’è).


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La lotta all’abusivismo è scoraggiante di per sé – soprattutto quando coincide con la lotta alla criminalità organizzata – ed è inaccettabile che sia scoraggiata anche da chi dovrebbe dare e imporre l’esempio; purtroppo ciò accadrà fino a quando l’interesse pubblico, e con lui il concetto di legalità, si piegherà agli interessi particolari al fine di favorire un tornaconto elettorale.

Il tema della prevenzione e dell’adeguamento sismico sono ancor meno popolari, forse perché ancor più costosi. Per mettere in sicurezza l’intero Paese, in tutte le sue zone a rischio sismico, la stima dei costi arriva fino agli 850 miliardi. L’evidenza di questo costo insostenibile, tuttavia, si scontra con le conseguenze degli eventi sismici che si susseguono, e che pure causano danni per miliardi di euro (39,5 miliardi dal 2009 ad oggi secondo il Ministro delle Infrastrutture), sommandosi al prezzo inestimabile delle vite spezzate. È per questo che il governo Renzi, a pochi giorni dal disastro di Amatrice, ha varato il piano “Casa Italia” per la messa in sicurezza del territorio a rischio sismico. Un piano che, in vista dell’approvazione di un nuovo Bilancio, sembra anch’esso insostenibile, per le mancate coperture dei costi e la grave mancanza di un “fascicolo del fabbricato”, cioè un identikit sullo stato della casa, che sia in grado di stabilire se e quali interventi l’immobile richiede perché sia garantita la sua messa in sicurezza. Il segnale politico di Casa Italia è da ritenere comunque apprezzabile, perché va nella direzione giusta, cioè quella della prevenzione e dell’incentivo alla messa in sicurezza, e offre alcune sorprendenti opportunità che, se i miliardi promessi verranno effettivamente stanziati, possono produrre effetti sul lungo termine. Tra queste spicca il bonus sisma, ossia la detrazione fiscale per gli interventi di miglioramento o adeguamento sismico, che può variare dal 50 all’80% a seconda della tipologia d’intervento.

È utile che i temi della lotta all’abusivismo e della prevenzione anti-sismica siano tornati a dominare il dibattito politico, poiché sono problemi politici e necessitano di una soluzione politica. I due temi in questione sono – come abbiamo visto – di natura diversa e richiedono un’attenzione diversa: l’abusivismo va contrastato con un piano urbanistico che si basi sulla tutela costituzionale del paesaggio, il divieto categorico di mettere a rischio vite umane costruendo su aree a rischio idrogeologico, la seria presa di coscienza del cambiamento climatico e dell’innalzamento del livello del mare e delle sue conseguenze sui territori costieri, condanne esemplari e mai più condoni per chi viola questi principi; la prevenzione, invece, va incentivata tramite sovvenzionamenti a chi voglia mettere in sicurezza la propria abitazione, procedere con la sostituzione edilizia ove necessario, sorvegliare con rigore le opere di ricostruzione delle aree interessate dai recenti terremoti.

Ma c’è anche una soluzione comune ai temi dell’abusivismo e della prevenzione anti-sismica, ed è l’introduzione di un approccio culturale al problema della speculazione edilizia e a quello del rischio sismico. Si rende sempre più necessario un programma di educazione civile che parta dai primissimi anni di scuola, in grado di formare cittadini consapevoli delle opportunità che il proprio territorio offre e dei rischi che può portare con sé, che trovino aberrante la cementificazione che opprime le nostre coste, che preferiscano salvaguardare la propria vita e non metterla in pericolo per una vista a picco sul mare o un risparmio sui materiali di costruzione della propria abitazione, che abbiano la lungimiranza di investire nella sicurezza abitativa e nella tutela della bellezza paesaggistica, perché i loro investimenti ripaghino loro stessi e le generazioni future e non generino guadagni esuberanti a danno dell’ambiente e pericolo per le loro stesse vite.