I bugiardi del cambiamento climatico

La storia della Global Climate Coalition, protagonista in negativo della lotta al cambiamento climatico, opponendosi a ogni misura di riduzione delle emissioni di gas serra.

I bugiardi del cambiamento climatico

A cura di Free2Change

La storia della Global Climate Coalition, protagonista in negativo della lotta al cambiamento climatico, opponendosi a ogni misura di riduzione delle emissioni di gas serra.

GCC, Global Climate Coalition. Se oggi venisse fondata un’associazione con questo nome, potremmo pensare a una sorta di Justice League del clima, impegnata in una lotta senza quartiere per proteggere il pianeta da noi stessi, ma la realtà è ben diversa.

Facciamo un passo indietro.

Nel 1988, sotto l’egida delle Nazioni Unite, viene creato l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), un gruppo di lavoro intergovernativo il cui obiettivo è studiare cause ed effetti del cambiamento climatico, anche da un punto di vista politico ed economico. Nello stesso anno, lo scienziato della NASA James Hansen afferma davanti al Congresso degli Stati Uniti che c’è un collegamento diretto tra l’accumulo di CO2 in atmosfera e il riscaldamento globale.

Ormai è fatta, la comunità internazionale sembra pronta ad accettare che l’attività umana sia responsabile dell’anomalo aumento delle temperature registrato dopo la rivoluzione industriale, e ad agire di conseguenza.
Questo è inaccettabile, almeno per le grandi multinazionali del petrolio, che non si sono fatte cogliere impreparate.

Già, perché come dimostra l’inchiesta condotta da InsideClimate News, finalista per il Premio Pulitzer 2016, Exxon sapeva della correlazione tra CO2 e riscaldamento globale già dal 1977, e ha continuato a studiare il fenomeno per i decenni a venire, giungendo alla conclusione, nel 1981, che per risolvere il problema si sarebbe dovuta ridurre drasticamente la combustione di idrocarburi. Un risultato quantomeno controproducente per il colosso del petrolio.

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Ma Exxon non è sola: nel 1968 lo Stanford Research Institute presentò all’American Petroleum Institute un documento, nel quale si parlava già di aumento delle temperature, scioglimento delle calotte polari, e innalzamento del livello dei mari.

Il risultato è che nel 1989 nasce la Global Climate Coalition, che tra i fondatori conta proprio Exxon e API, e che negli anni a venire sarà protagonista in negativo della lotta al cambiamento climatico, opponendosi a ogni misura di riduzione delle emissioni di gas serra, e soprattutto reclutando e finanziando scienziati negazionisti.

Il risultato più importante lo raggiunge però sfruttando il proprio potere di lobbying nel Senato degli Stati Uniti, impedendo la ratifica del protocollo di Kyoto, e rendendo inutile la firma apposta dal presidente Clinton nel 1998.


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Attivo fino al 2001, GCC è stato il più grande gruppo industriale ad occuparsi di clima, e tra i suoi membri ha annoverato BP, Shell, Ford, General Motors, DuPont, e molte altre aziende le cui attività dipendono fortemente dall’utilizzo di combustibili fossili. Come sorprendersi quindi, se dopo la nomina di Rex Tillerson, ex ad di ExxonMobil, a Segretario di Stato, il Presidente Trump abbia deciso di ritirare gli Stati Uniti dagli Accordi di Parigi?

Sembra però che i successi nell’influenzare la politica USA potrebbero avere un effetto boomerang, almeno su Exxon e Shell, che sono ora alle prese con una causa legale intentata da tre comunità costiere della California, per aver saputo, taciuto, e insabbiato la verità sui rischi che legano aumento delle temperature e innalzamento del livello del mare. Perché forse il clima sta cambiando per tutti.