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DIAFRAMMA || Questo mese, un’edizione speciale: tutti i giorni un progetto tratto dal corso di Fotografia per l’Architettura presso la Scuola di Architettura e Società del Politecnico di Milano.

a cura di Nicolò Piuzzi

“Edificio Mondo” è un progetto di Marta Iole Procaccio

Il condominio di viale Bligny 42 stride con il quartiere centrale nel quale è situato e ancora di più con la famosa università privata Bocconi, a soli 500 metri di distanza. Si tratta di un tipico palazzo dell’edilizia popolare milanese di fine 800, con cortile interno su cui affacciano circa 220 unità abitative, di 20 mq ciascuna, disposte su 5 piani. Noto a tutti semplicemente con il nome di “Bligny 42”, questo palazzo è conosciuto in Milano, e non solo, per tristi fatti di cronaca e soprattutto per l’attività di spaccio per la quale viene spesso soprannominato “fortino della droga” o “buco nero”. Facile oggetto di strumentalizzazione mediatica dell’attuale disagio sociale, il palazzo di viale Bligny 42 non è solo questo.

Il condominio è chiamato dagli inquilini stessi “Edificio Mondo”, per via della popolazione multietnica che lo compone, che si mescola e che dà vita a un teatro urbano e sociale estremamente vario e insolito per questa zona borghese di Milano. Un’amministrazione poco trasparente e il degrado architettonico hanno fatto sì che i prezzi delle case fossero accessibili a una popolazione prevalentemente costituita da immigrati, ma anche da studenti, professionisti, famiglie, artisti e galleristi, che hanno potuto acquistare una casa o uno spazio per l’arte in centro a Milano. Risulta dunque riduttivo descrivere il palazzo soltanto come luogo di spaccio o come luogo di felice convivenza tra le varie popolazioni che ci abitano. Bligny 42 è una realtà complessa e in divenire, con delle sue regole fluide e informali.

Questa realtà rappresenta quello che l’antropologo Andrea Staid racconta nel suo libro “I dannati della metropoli”, a proposito dell’esistenza di una città legittima e una città illegittima all’interno di ogni città: “È necessario indagare in quella giustapposizione di due mondi, o città, che coesistono ma si ignorano, o meglio si guardano, nonostante la prossimità, da una distanza insuperabile: la città legittima dei cittadini […] e quella più o meno invisibile dell’illegittimità, dell’immigrazione, della micro-criminalità, della prostituzione palese o occulta, della tossicodipendenza. […] la prima non conosce la seconda, ma la evoca in continuazione, ne fa la fonte di ogni disagio o, come si dice oggi, “degrado” urbano e civile […]; la seconda vive nell’ombra dell’economia informale, semi-legale o illegale, in luoghi scarsamente visibili della città legittima, e soprattutto non è dotata di voce.”

Negli ultimi anni viale Bligny 42 è stato oggetto di una serie di iniziative dal basso, espressione di chi ha visto in Bligny un potenziale su cui poter lavorare per migliorare l’integrazione e le condizioni di vita all’interno dello stabile, senza però volerlo snaturare o trasformare radicalmente. È nata così l’associazione B42, che ha aperto la strada a nuove relazioni creative e sociali, in un’attività che mira all’inclusione e alla tolleranza esperita più che imposta o concessa, facendo di Bligny 42 un laboratorio continuo o, come dice qualche abitante, un “palazzo vivo”.

Ma se il punto nevralgico del palazzo è il cortile interno, luogo degli affari e della socialità, è invece nelle piccole unità abitative che si esprime appieno il mondo dell’edifico di viale Bligny 42. È in quei 20 mq che si manifesta appieno la vita e la varietà delle persone, le loro storie, la provenienza, le abitudini, le passioni, le paure, le ossessioni e i problemi. Parte integrante del progetto fotografico è il graduale e lento processo di conoscenza, di scoperta, di contatto, di relazione e a volte anche di amicizia con alcuni degli abitanti di Bligny, la cui fiducia mi ha permesso di entrare nel loro mondo, cercando di osservarlo e raccontarlo tramite un’immagine.

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Marta Iole Procaccio, Edificio mondo
Marta Iole Procaccio, Edificio mondo