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C’è sempre una buona ragione quando le forze dell’ordine sgomberano un centro sociale. Lo spazio è pericolante, oppure è prezioso e di proprietà di qualcuno. È utilizzato da pericolosi disturbatori, o base troppo accogliente per spaccio e altre forme di illegalità. C’è sempre una buona ragione, eppure tutte le volte sembra una buona scusa.

Ed è interessante, che si trovi, si presenti, questa “ragione.” Perché dire che i centri sociali non li si vuole, non si può. O meglio — non si può perché dal maggio 2011, Milano è guidata da forze progressiste, forze che seppur mai allineate con chi anima i centri sociali, di certo sono a loro più vicine che ai tanti — troppi! — commentatori, politici e teste rasate quadrate che invece da realtà come quella di LUMe prendono le distanze.

Un collettivo che già di per sé nasce legato all’Università Statale, all’Accademia di Belle Arti di Brera, al Conservatorio, per i ragazzi che lo frequentano e per la sua posizione centrale, un progetto che crede nel valore politico e culturale della cooperazione artistica, dal cinema al teatro, alla musica. Ma da ieri mattina non esiste più: con un’operazione silenziosa e senza preavvisi, i carabinieri e Digos hanno sgomberato lo spazio di vicolo Santa Caterina, dove ormai da due anni e tre mesi venivano portate avanti attività di cultura, spettacolo, discussione politica.

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Lo sgombero è avvenuto nelle prime ore della mattina. I ragazzi sono stati avvisati dai vicini di casa del Laboratorio Universitario Metropolitano e alle 8.30 i primi sono riusciti ad arrivare sul luogo. È stato loro permesso di portare via le cose all’interno dello spazio — oltre all’arredamento, tantissimi libri.

LUMe è stato sgomberato in una mattina d’estate di un giorno infrasettimanale forse per semplicità, forse per evitare brutte tensioni in centro città — ma resta sospeso un dubbio: perché.

Siamo stati all’assemblea che si è tenuta davanti a vicolo Santa Caterina, piantonato dalla polizia, per capire meglio come sono andate le cose.

Un gruppo di un centinaio di ragazzi, con le operazioni di sgombero ancora in atto alle loro spalle e quattro camionette antisommossa nelle vie accanto, si è ritrovato per ascoltare le parole di chi è stato parte attiva nel progetto, ragazzi che hanno coinvolto la platea nel racconto di cos’è stato LUMe e cosa sarà da domani.

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Francesco ha raccontato di quando e come è nato LUMe da “una decina di persone che avevano l’esigenza di un posto dove fare politica. Non avevamo in mente LUMe, LUMe si è creato in questi due anni e mezzo e l’abbiamo costruito passo passo.”

“Crediamo – ha poi aggiunto – che questa assemblea e queste centinaia di persone qui riunite oggi siano la prova che Milano ha bisogno di spazi come LUMe e questo ci dà una forza propulsiva fortissima”

“Perché LUMe non si spegne, queste quattro mura non ci servono, perché LUMe è un progetto, che continuerà ad esistere, LUMe non muore oggi, non si spegne oggi.”

Dopo di lui prendono la parola i vari ragazzi che raccontano come sono nate e si sono evolute tutte le realtà che fanno di LUMe, un’esperienza unica nella città: dai piani di lavoro di scrittura, a LUMeTeatro, a LUMeteca, il tavolo di politica e così via.

Pietro — “Crescevamo di giorno in giorno: artisti, musicisti, gente che studia lettere, filosofia, cinema e non ne abbiamo sbagliata una, per questo ci chiudono e ci prendono adesso, a luglio quando dopo un anno di stagione siamo in vacanza a farci il meritato riposo, ci prendono adesso perché se ci prendevano a ottobre questa piazza scoppiava di gente.”

Il motivo scatenante che ha portato allo sgombero è stato l’intervento del proprietario dello stabile di vicolo Santa caterina 3/5, ex antica osteria milanese, La Pergola. Oggi la scritta è circondata da filo spinato per impedirne la rioccupazione.

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La storia dello stabile è molto movimentata.

L’immobile risale al Cinquecento e fa parte del complesso della chiesa di San Nazaro Maggiore i cui prelati lo usavano come dormitorio per molto tempo. Nel 2005 viene preso in affitto dalla piccola osteria La Pergola. Quando chiuse i battenti circa dieci anni fa le vicende che vedono coinvolto il piccolo ma prezioso spazio sono tutt’altro che chiare.

Secondo una ricostruzione dell’Espresso, proprietario dell’immobile diventa il Pio Albergo Trivulzio, già famoso per l’inchiesta Mani Pulite, che nel 2010 decide di mettere all’asta lo stabile di vicolo Santa Caterina 3/5 assieme ad un’altro in piazza Santo Stefano 13 per rientrare nei costi e nei buchi di bilancio dell’anno concluso.

La perizia per il vicolo Santa Caterina viene affidata alla società Reag spa di Agrate Brianza. Il valore stimato dell’immobile è di 1 milione e 800 mila euro; per 11 milioni 400 mila euro la società Relberg srl si prende tutto, anche il palazzo di via Santo Stefano.

Dopo una trafila di assegnazione troppo veloce e estremamente sospetta, la Guardia di Finanza inizia a fare perquisizioni da cui escono 7 indagati: le accuse sono abuso d’ufficio, turbativa d’asta e truffa aggravata.

Tra questi c’è anche Spremberg, proprietario dell’immobile e gioielliere da poco assolto dall’accusa di turbativa d’asta proprio per quanto riguarda i due stabili.

Tante attività sono state spazzate via per il fatto che il signor Spremberg ha trovato il modo di costruire un ascensore nel piccolo LUMe e venderlo a un prezzo maggiore. Non serve aggiungere quanto questa faccenda sia triste e lasci tutti amareggiati.

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Ci siamo fatti spiegare da Isabella, del direttivo di LUMe, come stanno vivendo il tutto e che ne sarà di LUMe domani.

Cos’è successo ieri mattina? Con quali dinamiche è avvenuto lo sgombero?

Ci hanno semplicemente sgomberati senza nessun preavviso.Il proprietario ha trovato l’inghippo per poter costruire un ascensore all’interno dello spazio e poterlo quindi vendere ricavandoci del profitto che forse prima non avrebbe potuto avere.

Ci è stato permesso di portare fuori le nostre cose.

Che rapporto avevate con il proprietario?

Nessuno, non ci è mai stato possibile contattarlo.
Ci abbiamo provato tramite vicini di casa, ma era sempre in Svizzera e non ne abbiamo mai saputo nulla con effettiva chiarezza, molte supposizioni e voci. Oggi lui ha preso una decisione; non siamo arrabbiati per la cosa in sé perché lo sappiamo, questi spazi hanno una precarietà di fondo, ma le modalità con cui è stato fatto, è stato molto duro, molto difficile da gestire perché non ci è stata la possibilità di raggruppare tante persone all’inizio. Nonostante ciò ora sì, siamo fuori, ma in questo modo qui con un’assemblea che si protrarrà per tutta la sera e questa giornata nonostante sia una giornataccia ci fa ben sperare per il futuro.

Ve lo aspettavate?

No, non ce lo aspettavamo, avevamo preventivato tutto il futuro dello spazio da qui all’anno prossimo, avevamo già programmato le stagioni jazz e teatro. Lo spazio doveva rimanere aperto tutta l’estate.

LUMe ha sempre avuto una marcia in più grazie a tutte le attività culturali?

Secondo me non c’entra questa cosa perché il potere del denaro sgombera qualunque tipo di idea e progetto.

La cultura dà un valore forte al gesto dell’occupazione che ha già un valore di per sé e lo circonda di possibilità di aggregare artisti. Questo crea una piattaforma di relazioni completamente diversa rispetto a uno spazio che non lo fa. Purtroppo questa cosa non vale nulla. Vediamo Macao: anche loro sono sotto sgombero da un po’, ne hanno già passate. La cultura in questa città, ma direi in questo sistema di cose, serve per produrre del denaro e se questo denaro non è finalizzato al capitalizzare qualcuno o qualcosa, quella cultura non ha valore, ha valore per noi ma non per chi ce lo può riconoscere.

Non avete mai pensato di imboccare la via della legalizzazione, trasformando il progetto in un Arci per esempio?

È una possibilità ma non è la nostra linea d’azione, noi siamo un centro sociale e abbiamo delle rivendicazioni. Non ti dico che non sia mai stato preso in considerazione però ne dovremmo parlare molto perché noi rivendichiamo degli spazi che siano effettivamente nostri e con le nostre regole e la cultura non ce lo permette se circoscritta in determinate regole. Lo vediamo in altre realtà come il Lato b che poi si è spostato in un luogo più istituzionalizzato: si fa molta fatica e si devono fare dei compromessi. Noi non so se siamo pronti a fare questi compromessi: ne parleremo sicuramente e sarà uno dei punti focali del domani di LUMe.

Cosa pensate di fare adesso?

Continueremo. La stagione di LUMe era già ferma escluso il cinema: verranno fatte le proiezioni in piazza o in altri spazi fino a settembre, magari poi ci appoggeremo all’Università.

Ad ottobre pensiamo di fare un festival aggregativo anche con altre realtà che lavorano nello stesso modo.

Sicuramente cercheremo un confronto con le istituzioni per aprire un tavolo di dibattito per provare a vedere se c’è una possibilità per noi in tal senso, se non ci sarà LUMe proseguirà come ha sempre fatto quindi il futuro di LUMe sarà continuare a fare quello che ha sempre fatto, in piazza per un po’ e poi occuperemo uno spazio nuovo.

LUMe era un centro sociale che aveva restituito alla cittadinanza un luogo altrimenti vuoto e al centro di faccende controverse.

Da ieri la città si è impoverita.


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Il punto centrale di vicende come questa è: qual è il ruolo della cultura in città? Se non si tollerano, o se non si trovano contesti in cui queste esperienze possano portare il proprio contributo all’offerta culturale della città, bisogna dirlo, bisogna spiegarlo. Le proposte musicali, teatrali, culturali di LUMe erano, sostanzialmente, fuori dal mercato culturale della città — per target, per prezzo d’ingresso, per ambizione.

Queste esperienze, che indubbiamente rendono la città più eterogenea, sono insostituibili per il proprio pubblico. Si può essere la capitale culturale del paese senza questa eterogeneità culturale, difendendo i valori di antifascismo, antirazzismo e antisessismo che dovrebbero unire questa amministrazione a realtà come LUMe a tutte le persone intelligenti e decenti? Secondo noi, no.


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