A caccia delle 5500 statue di Lenin scomparse in Ucraina
Due giornalisti hanno attraversato il paese cercando di scoprire cosa è rimasto delle statue abbattute subito dopo l’inizio dei conflitti in Ucraina
Due giornalisti hanno attraversato il paese cercando di scoprire cosa è rimasto delle statue abbattute subito dopo l’inizio dei conflitti in Ucraina.
Durante gli anni dell’Unione Sovietica, il leader spirituale Vladimir Lenin proteggeva i lavoratori di tutto il blocco attraverso migliaia, migliaia di occhi di pietra e metallo.
Dopo lo scioglimento del blocco, in gran parte dei paesi le statue di Lenin sono rimaste. Prima della guerra, in Ucraina erano presenti piú di 5500 pezzi. Oggi non ce n’è neanche una.
Looking for Lenin, il nuovo libro del fotografo Neils Ackermann, in collaborazione con il giornalista Sebastien Gobert, racconta la ricerca per le opere d’arte distrutte dalla furia antirussa durante lo scontro.
L’usanza, così diffusa da avere un nome, leninopad, racconta — e in qualche modo rinnega — la complicatissima storia post-sovietica del paese.
In un’intervista (avviso, terribile) a France24, Gobert racconta di aver assistito a piú leninopad. “Lenin era ovunque, in Ucraina. E poi, un giorno, non ce n’erano piú.”
Il progetto, che non ambisce a valutare la supposta ragione o i torti del rimuovere le statue del filosofo russo, consiste proprio nella ricerca, quasi tragicomica, di quello che resta delle statue, trasformate in reliquie.
La caccia iniziale alle statue, subito dopo l’esplosione delle tensioni, non disegna un confine geografico, tra Ucraina occidentale e orientale: “Molti gruppi di giovani nazionalisti, al contrario, provengono dall’Ucraina dell’Est, che dovrebbe essere piú vicina alla Russia.” spiega Gobert.
Le statue di Lenin rappresentavano, secondo gli autori di Looking for Lenin, l’ultimo simbolo del periodo sovietico del paese — le statue di Stalin, insieme a tutte le altre icone comuniste, sono da tempo state strappate da muri e piedistalli. Lenin invece, per merito del proprio peso storico e culturale, era riuscito a sopravvivere fino agli anni Duemila.
L’operazione è stata organizzata da gruppi nazionalisti fino al 2015, quando una legge del governo Poroshenko ha bandito ogni icona che potesse rappresentare qualsiasi regime — con una descrizione abbastanza ampia da riuscire a comprendere anche le statue di Lenin.
Ovviamente la rimozione sistematica dei simboli, così come il cambio forzato dei nomi delle vie e delle piazze svolge sì una funzione politica, ma in nessun modo soddisfa la propulsione populista sottostante. È questa che fa spingere molti oltre la semplice rimozione delle icone, prendendole a bastonate non appena cadute a terra — ed è questo spirito che anima la produzione di artisti che decidono di sfigurare Lenin per trasformare le statue in altri oggetti, e soggetti.
Tra tutti, il piú famoso è certamente il caso della statua di Lenin trasformata in statua di Darth Vader, a Odessa, dove un politico mascherato da Darth Vader era effettivamente candidato come sindaco, dall’Internet Party della città.
Altre modificazioni sono state meno “simpatiche,” e hanno contestualizzato le sembianze del filosofo in contesti orrorifici e robotici.
Alcuni pezzi — una mano, un gomito, una testa — riescono ad essere recuperati prima che vengano distrutti, e vengono messi al sicuro in musei e collezioni.
Ma non tutti distruggono le statue di Lenin. Gobert e Ackermann hanno trovato tantissimi busti e teste nascosti in case e palazzi. Alcuni esposti, altri letteralmente nascosti — a volte anche ai nuovi proprietari della struttura — al sicuro, o nella speranza di un altro cambio di regime. Good bye, Lenin.
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