Ma quelli del Partito Anti-Islamizzazione fanno sul serio?

Fondato a Milano settimana scorsa, il PAI vuole difendere le “radici giudaico-cristiane” dello stato italiano contro il pericolo dell’islamizzazione.

Ma quelli del Partito Anti-Islamizzazione fanno sul serio?

Fondato a Milano settimana scorsa, il PAI vuole difendere le “radici giudaico-cristiane” dello stato italiano contro il pericolo dell’islamizzazione.

C’è un nuovo partito in città: è il Partito Anti-Islamizzazione, fondato martedì scorso a Milano — in un bar del centro, perché la sala che doveva ospitare la conferenza stampa ha negato all’ultimo momento l’autorizzazione — per difendere i valori della civiltà occidentale dall’avanzata dell’Islam politico in Italia. “Puntiamo al 15%,” ha detto in quell’occasione il suo segretario Stefano Cassinelli, e a quanto pare il PAI avrebbe raccolto 12mila adesioni a sole 24 ore dalla nascita.

Ma chi c’è dietro al PAI? E, soprattutto, sono seri?

Se dovessimo collocare il PAI nello spettro politico italiano, dovremmo trovargli un posto nell’area nazional-sovranista, da qualche parte a metà strada fra Lega, M5S e FdI. Anche se forse il suo antecedente politico più prossimo è da ricercare nelle improvvisate creature politiche di Magdi Allam, come Protagonisti per l’Europa Cristiana.

Dei nove punti che costituiscono il suo programma, solo il primo ha direttamente a che fare con l’obiettivo principale — “contrastare ogni forma di radicalizzazione dell’Islam da cui nascono gli estremismi e ogni tentativo di sottomettere la libertà sociale e culturale occidentale.”

Gli altri punti spaziano dalla sicurezza alla lotta alla droga, dall’economia alla tutela dell’ambiente, dall’immigrazione al trattamento delle disabilità, spesso sfociando nella forma letteraria del flusso di coscienza. Per esempio, al punto 2, Sicurezza:

La garanzia di sicurezza non può prescindere dalla garanzia di Giustizia e la Giustizia perde la propria credibilità quando l’esito della propria opera tradisce l’etimologia del suo nome. Potremmo “fare i populisti”, come va tanto di moda. Scaricare le colpe sui poliziotti, sui carabinieri, sui “magistrati che scarcerano i delinquenti”, ma finiremmo col mortificare lavoratori, patrioti, uomini e donne che ancora credono nei valori della legalità e con sacrificio cercano di arrivare dove possono con gli strumenti che hanno. La verità è che l’unica vera colpa dobbiamo attribuirla alla classe politica, che ha abbandonato da tempo, ormai, i lidi del buon senso e della protezione dei cittadini.

L’ultimo punto, per certi versi il più curioso, è dedicato all’introduzione di un “regime giudiziario speciale per i politici,” con processi rapidi e pene triplicate rispetto agli altri cittadini — difficile da non vedere come un occhiolino verso la retorica anti-casta in stile Movimento dei Forconi.

Oltre al segretario Cassinelli, giornalista di cronaca de Il Giorno, tra i fondatori e principali animatori del PAI c’è Alessandro Meluzzi, psichiatra e prete ortodosso, che in un’intervista al Giornale ha spiegato le motivazioni che hanno portato alla nascita del nuovo partito:

Senza ulteriori flussi migratori, cosa di per sé inverosimile considerati i continui sbarchi, nel 2040 l’Italia avrà tra i 18 ed i 20 milioni di musulmani. Pensa che, allora, sarebbe ancora possibile esporre il prosciutto in salumeria? Già ci hanno tolto il presepe, il crocifisso e la mortadella alla mensa dell’asilo.

In un’intervento al TG Regionale, che su Facebook ha quasi 8mila visualizzazioni e poco meno di 400 condivisioni, Meluzzi tuona: “In 1600 anni di convivenza tra l’Islam e non islamici non c’è stata una sola volta nella storia dell’umanità in cui una comunità islamica si sia integrata armoniosamente con una comunità non islamica. In pochissimi casi è scomparsa, in tutti i casi ha colonizzato completamente il mondo in cui si inseriva.”

Ora, anche lasciando perdere la ricostruzione storica altamente opinabile e il presupposto indimostrato per cui dovrebbe essere sempre la comunità islamica ad “integrarsi” con quella non islamica e non il contrario, il riferimento alla colonizzazione da parte di un europeo bianco e ben pasciuto sotto i portici di piazza del Duomo fa quantomeno sorridere.

Ma Meluzzi è una presenza televisiva già nota, e lo si è visto più volte ospite di trasmissioni come Matrix e La Gabbia a discettare di Islam e immigrazione, preconizzando l’inevitabile sottomissione dell’Occidente.

Un altro improvvisato studioso dell’Islam che campeggia sull’home page del sito del PAI — tanto per far capire i riferimenti culturali — è lo youtuber Luca Donadel, sulla cresta dell’onda da un po’ di mesi a questa parte, dopo un video virale in cui spiegava al mondo La verità sui “MIGRANTI” (non proprio), con cui è diventato una sorta di paladino dei sovranisti italiani. Nel video ripubblicato dal PAI, che risale al 2016, Donadel spiega visibilmente sconvolto il significato di sharia e sulla base di alcune scene descritte nel Corano sentenzia la natura intrinsecamente violenta dell’Islam — chissà se ha mai preso in mano una volta in vita sua l’Antico Testamento.

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Ma, come si sa, l’islamizzazione non può che essere conseguenza dell’invasione, e quindi il problema dell’immigrazione è fortemente sentito dai quadri dirigenti del PAI. Una soluzione sicuramente originale per risolverlo è quella suggerita dall’avvocato palestinese naturalizzato svizzero Sami Aldeeb, che nella sua lettera di adesione al PAI ipotizza la deportazione di 100 milioni di migranti, “che sono per la maggioranza musulmani” (sic) in una parte dell’Arabia Saudita, trasformata appositamente in un protettorato internazionale: “In questo modo li aiuteremmo a creare un paese moderno che farà fiorire il deserto, e diventare rispettosi dei diritti dell’uomo.” ???

Il terrore dell’annullamento della civiltà occidentale per mano di invasori stranieri non è una novità, anzi fa parte dell’immaginario politico di destra da più di un secolo, e si basa sul presupposto, spesso ripetuto anche da Meluzzi, della decadenza morale e culturale dell’Occidente — la stessa di cui si lamentavano gli intellettuali che tra Ottocento e Novecento hanno spianato la strada a due guerre mondiali e al nazi-fascismo. Ora il nemico da cui guardarsi non sono più ebrei, socialisti e cultura degenerata, ma soprattutto “i musulmani,” sempre astrattamente considerati come un blocco monolitico, privo di identità e differenze, come se qualche intellettuale in Pakistan parlasse dell’Europa e degli Stati Uniti dicendo “i cristiani.”

È un dato culturalmente curioso, questo complesso di inferiorità della parte più ricca e potente del globo nei confronti del miliardo e mezzo circa di persone che vivono nella parte più povera. Deve avere qualcosa a che fare con la coscienza sporca del colonizzatore, che nei suoi incubi teme la vendetta del colonizzato — anche perché, se mai davvero l’Occidente bianco sta perdendo il proprio predominio economico e culturale sul pianeta, non è certo a favore dei Paesi a maggioranza musulmana.

Ma che l’organizzazione politica dell’Islam in Italia sia uno spauracchio efficacissimo è dimostrato dalla frequenza con cui suonano i campanelli d’allarme per la supposta nascita di un “partito islamico.” Il partito islamico nasce nella moschea abusiva degli integralisti turchi, si legge per esempio nel titolo di un articolo del Giornale del primo luglio scorso, con riferimento all’Assemblea Costituente Islamica, un organo che mira a diventare una sorta di consiglio elettivo dei fedeli musulmani in Italia, come negoziatore di riferimento nel dialogo con lo stato. Non un partito politico vero e proprio, quindi, come si legge sul sito ufficiale del progetto e come ha ribadito uno dei suoi principali promotori, Hamza Roberto Piccardo, fondatore dell’Unione delle Comunità islamiche italiane e famoso soprattutto per le polemiche scatenate, un anno fa, per aver sostenuto che la poligamia è un diritto al pari delle unioni civili.

Ma è già da qualche mese che tutti i movimenti in questa direzione di Roberto Piccardo e di suo fratello Davide — la cui effettiva rappresentatività tra i musulmani italiani è peraltro tutta da dimostrare, dato che le associazioni di fedeli sono molto numerose e spesso in disaccordo tra loro — vengono denunciati con grande allarme come preludio della nascita di questo fantomatico partito della sharia.

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Sulla base di questa copertura mediatica creativa, non saranno in pochi a credere che il partito islamico sia già una realtà, e anche piuttosto minacciosa. La prova dell’esistenza di una psicosi in tal senso si è avuta lo scorso marzo, quando qualcuno ha distribuito a Padova i volantini elettorali di un’inesistente Movimento Islamico d’Italia — probabilmente per fare una goliardata — suscitando reazioni indignate da parte della dirigenza locale di Fratelli d’Italia, e piuttosto allarmate da parte dei cittadini.

Date queste premesse, mentre i discorsi complottisti sulla sostituzione etnica si fanno rapidamente strada nel mainstream, era inevitabile che prima o poi sarebbe nato un partito come il PAI.

Secondo qualche malelingua, è soltanto un modo per capitalizzare i facili risultati promessi dal sistema elettorale proporzionale, che favorisce la frammentazione e i piccoli partiti. Anche con la concorrenza della Lega Nord — virtualmente indistinguibile dal PAI quanto a islamofobia — con un nome così esplicito qualcuno che li voterà alle prossime elezioni ci sarà di sicuro.

Ed è proprio qui il problema, più che nell’effettiva consistenza del PAI: c’è una platea elettorale sempre più ampia convinta davvero che l’Italia sia a rischio “islamizzazione,” sulla base di una serie di mis-percezioni incrociate riguardo a Islam, terrorismo e immigrazione, sapientemente alimentate dai propagandisti di destra. Senza stare a rimestare l’enorme bibliografia disponibile sul tema della compatibilità fra Islam e laicismo — un rapporto di sicuro problematico, come per tutte le religioni monoteiste, ma che è storicamente falso liquidare come impossibile, come sa chiunque abbia un minimo di conoscenza della storia del mondo musulmano — basta un singolo dato statistico per controbattere all’isteria islamofoba: tra gli stranieri presenti in Italia, solo il 26% si professa di fede musulmana, contro il 56% di cristiani (con una lieve maggioranza di ortodossi sui cattolici, e pochissimi protestanti, dati ISTAT relativi al biennio 2011-2012). Ma non si vede spuntare da nessuna parte un Partito Anti-Cristianizzazione a difesa della laicità dello stato italiano — forse sarebbe utilissimo, invece, un Partito Anti-Imbecillità.


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