Ho letto Democratica, il “giornale” di Matteo Renzi, così non dovete farlo voi
È un progetto tutto strano, tutto goffo, di un partito che proprio non ha la più pallida idea di come comportarsi sulla rete.
Democratica, il nuovo progetto “per il web” del Pd partito da ricostruire di Matteo Renzi, è la cosa più strana che sia capitata nella politica italiana quest’anno.
Sì, più strano di questo:
È un progetto tutto strano, tutto goffo, di un partito che proprio non ha la più pallida idea di come comportarsi sulla rete.
No, non siamo troppo duri:
https://twitter.com/incammino2017/status/878280066857304064
Tutto è strano e goffo in Democratica, a partire dal format. Un PDF di otto pagine, caricato “in tempo per pranzo,” ma oggi ad esempio non è uscito — perché è domenica? —, disponibile solo sul web e sui social.
Oh bello passa il .pdf
Ma perché è un PDF? Nel 2017, perché non è un blog? Cosa ci voleva a fare un altro WordPress (esattamente come Unita.tv)? Perché non è su Medium, come il blog di Matteo Renzi, la precedente nuova idea di comunicazione diretta con l’elettorato di cui il neo eletto segretario che dovrebbe dimettersi si sta già dimenticando?
Non lo sappiamo. Teorizziamo che l’idea sarebbe di avere Democratica in formato cartaceo nei circoli. Speriamo che ci sia qualcuno, nei circoli. Perché come strategia sul web è abbastanza assurda. E se volessi consigliarvi l’imperdibile analisi di Pietro Bussolati sul Pd di Milano, che c’era su Democratica di ieri? Cosa vi linko? Probabilmente da qualche parte questi testi sono in formato davvero digitale — per il web — ma leggendo l’articolo non trovo riferimenti a una pagina web. Niente link, niente shortlink, niente codici QR piuttosto, dio santissimo. Niente. E il PDF qualche concessione alla modernità altrimenti la concede, ci sono link a video e post sui social. Ma sia mai che voi possiate linkare un articolo. (O, più seriamente — aprirlo in modalità testo per leggerlo in VoiceOver, se siete ipovedenti.)
Insomma, una scelta accattivante: che combina tutti i difetti del digitale e tutti i difetti del cartaceo in un solo format. A onor del vero ci sono tantissimi magazine distribuiti così online, e tanti hanno perfino la sfacciataggine di chiedere di essere pagati. Internazionale, l’Espresso, e anche i principali quotidiani permettono di abbonarsi al PDF dei loro cartacei — con livelli di interattività più o meno alti sopra il file. Due differenze fondamentali che forse sfuggono al Pd:
- Sono in quel formato non perché è bello, ma perché è il formato in cui hanno venduto le pubblicità — che su Democratica sono solo del Pd
- I lettori hanno un motivo per voler leggere quei giornali
Ma entriamo quindi nel merito: cosa c’è da leggere su Democratica?
Il primo numero di Democratica si apre con una citazione wtf di Gerhard Schroeder che sa di WikiQuote e sembra anche un po’ una dichiarazione d’intenti — sul Jobs Act?
Schroeder è famoso tra le altre cose per la propria “Agenda 2010” con la quale ha ridefinito il Piano Hartz e il mercato del lavoro tedesco — diminuendo drasticamente la disoccupazione: grazie a salari molto più bassi, contratti a nulle basse tutele e con un taglio drastico ai sussidi di disoccupazione. Insomma: il nome che vuoi sul primo numero del tuo nuovo magazine di centrosinistra. (Ah, ma almeno con Schroeder si vince ?.) (Ma in spagnolo, da parte di un leader tedesco. Un vero segno di cosmopolitismo, senza tempo. Nel senso che quando l’ha detta questa cosa? Boh)
Sul secondo numero va un po’ meglio, c’è una citazione di Maria Joao Rodrigues che potrebbe essere una dichiarazione generica di chiunque nel Pd. Rodrigues in realtà è più che altro famosa per la fallimentare Strategia di Lisbona, ma almeno dice una cosa come Matteo Renzi per cui deve essere una sul pezzo, fida’.
Dài.
Dentro, Democratica è un foglietto politico sfacciatamente di corrente che porta il suo essere iper-renziano con dignità ma con poco senso dell’umorismo.
Seriamente: quasi peggio di quando Berlusconi cita Ruby.
(Mattarin L., L’Italia reale si muove, ora si vede la luce prima del tunnel, in Democratica, no. 2, 3, 1 luglio 2017) Non so come altro indicarvelo ?
Ci sono anche pezzi di cultura, come l’intervista a Teresa Ciabatti di Beatrice Rutiloni, (no. 1, 4, 30 giugno 2016), dove si prova a parlare di libri ma poi si inciampa nelle dichiarazioni di voto. E non sappiamo bene cosa sia successo qui:
¯\_(ツ)_/¯
Ci sono pezzi di cultura, dicevamo, ma siamo un po’ sconvolti di come al secondo numero di un prodotto editoriale di otto pagine, di cui di contenuto effettivo 5, ci siano una pagina e mezza dedicate a Vasco Rossi.
Ma Democratica è comunque soprattutto un foglio politico, e per questo le sue pagine sono fitte di commenti e analisi dei maître à penser del primo partito d’Italia. Per intenderci, il tono:
Un’altra analisi interessante potrebbe essere quella di cercare di spiegare la fissazione malsana e che invade quasi ogni pagina del foglio di citazioni — non solo nella testata. Servono per contestualizzare il proprio pensiero o per nascondere la mancanza di un pensiero? Non lo sappiamo, ma come dice Leo Ortolani, “Come dice Freud, «Chi cita, ha bisogno di fare sesso.»”
Appunti sparsi per gli editor di Democratica:
- Per favore imparate ad usare le virgolette curve: potete prenderle qui: “”
- Per favore imparate a usare le lettere maiuscole con l’accento. Si fanno premendo Alt Maiusc e poi le lettere da W a U sulla tastiera del vostro Mac
- Pls no immagini stock non così things can be different
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