Ferrovie dello Stato punta ad assorbire sempre maggiori quote in molte aziende di trasporti pubblici in tutta Italia. Abbiamo cercato di capirci qualcosa di più.
Alla fine del 2015, le Ferrovie dello Stato e il Comune di Milano erano talmente ai ferri corti da essere arrivati davanti agli avvocati. La compagnia ferroviaria nazionale si sentiva raggirata dal Comune, che aveva appena bocciato il vecchio piano di riqualificazione degli scali ferroviari: un piano che prevedeva una bella fetta di superficie edificabile, dalla quale FS — proprietaria delle strutture — contava di incassare un bel po’ di soldi.
Oggi tutto questo sembra essere sepolto. Tra Comune di Milano e FS è sbocciato un feeling importante: settimana scorsa le due parti hanno firmato un accordo fondamentale proprio riguardo agli scali, e il sindaco di Milano Beppe Sala ha posato insieme ai top manager delle ferrovie per una foto molto allegra e punk rock.
Il sindaco e l’amministratore delegato si sono scambiati larghi sorrisi e strette di mano, conditi da dichiarazioni di stima e comunità di intenti. Nel comunicato stampa in proposito, FS ha dichiarato che nei prossimi dieci anni investirà addirittura un miliardo di euro nel nodo ferroviario milanese, per ammodernarlo e renderlo più adatto al volto della città post-industriale. FS e Comune di Milano sembrano essere destinati a un fruttuoso rapporto di collaborazione e contentezza.
Tutto bene, dunque?
Il mese scorso, FS ha acquistato alcune quote di M5, la società che, appunto, controlla la linea metropolitana 5 di Milano. Per farlo è passata da Astaldi, una delle ditte che ha costruito la metropolitana, acquistando quasi tutte le azioni in possesso di questa società — più del 30% — diventando così l’azionista di maggioranza.
È una mossa che, da sola, non sembra avere molto senso: cosa se ne fa un’azienda come FS di una partecipazione in una singola linea metropolitana? In molti temono che questo sia solo l’inizio, e che la ditta ferroviaria nazionale punti ad allargarsi in modo ancora più consistente in città. Magari scalzando o inglobando l’azienda pubblica che attualmente gestisce i trasporti cittadini e rappresenta uno dei simboli della città stessa: ATM.
Qualche giorno fa, il consigliere comunale Franco D’Alfonso ha fatto notare come un decreto del governo Gentiloni potrebbe impedire ad ATM di accedere a quaranta milioni di fondi statali per i trasporti, fondamentali per il bilancio dell’azienda. Il decreto prevede che, nel caso in cui un’amministrazione decida di assegnare il servizio di trasporto pubblico locale a un’azienda in-house — ovvero a un’azienda controllata da lei stessa, come è il caso del Comune di Milano e ATM — sia soggetto a un taglio del quindici per cento dei fondi dedicati ai trasporti.
Secondo D’Alfonso, questo intervento governativo è teso a favorire le Ferrovie dello Stato, che in questo modo avranno una possibilità concreta di prendere il controllo del trasporto pubblico locale milanese, partecipando al bando che il comune sarà costretto a emettere e scavalcando ATM. Il decreto verrà approvato a breve — non si sa con precisione la data — tramite una mozione di fiducia, e quindi è blindatissimo, non modificabile.
FS ha dichiarato da mesi di essere interessata ad entrare nel trasporto pubblico locale. Recentemente ha preso il controllo dei trasporti pubblici di Firenze e Salerno, e ha provato a sedurre l’ATAC di Roma. Tutte le mosse sue e del governo sono da intendere in quest’ottica: in questo frangente ha l’appoggio del ministero dei trasporti, presieduto dal potentissimo Graziano Delrio. Lo scopo è accentrare il più possibile la gestione dei trasporti, riducendo di numero e potere le partecipate pubbliche, considerate sorgenti di spreco.
L’intenzione in sé non è sbagliata: in alcuni casi, anzi, necessaria. Molte aziende partecipate comunali, negli anni, sono state veri e propri buchi neri dove il denaro pubblico spariva verso chissà dove, o esempi di inefficienza. Questo discorso però non fa al caso di ATM, un’azienda di trasporto pubblico locale tra le più efficienti d’Italia. Ed è proprio questo a fare gola.
Trenitalia intende diventare una specie di CONSIP delle infrastrutture — l’azienda pubblica che si occupa di fornire servizi di vario tipo alle amministrazioni locali: un grande centro di appalti, in grado di agire in un grande numero di ambiti. Uno dei tasselli chiave per raggiungere questo scopo è avere il controllo del trasporto pubblico locale.
Come si pone il Comune di Milano rispetto a questi piedini nella porta?
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala si è sempre dichiarato a favore della cessione di quote comunali in società pubbliche come SEA, la ditta che gestisce gli aeroporti milanesi. In campagna elettorale aveva proposto questa misura per ottenere le risorse economiche necessarie alla ristrutturazione delle case popolari di proprietà del comune.
Lo scorso 5 aprile, i dipendenti ATM avevano indetto uno sciopero contro la possibilità che i servizi gestiti ora da ATM venissero “spacchettati” e affidati, tramite gara, a gestori esterni. Ad esempio, servizi come il bike sharing, che oggi vengono gestiti da ATM, potrebbero andare assegnati ad altre società, probabilmente non pubbliche. I sindacati erano insorti e lo sciopero aveva avuto una larga adesione, per il timore che la spartizione mettesse a rischio posti di lavoro e peggiorasse la qualità complessiva del servizio pubblico.
Abbiamo raggiunto telefonicamente Vincenzo Fanelli, segretario nazionale di ORSA, uno dei principali sindacati ferrotranviari italiani, molto attivo in Trenord e ATM. “Abbiamo sottoscritto insieme al comune un documento di intenti, in cui c’è scritto che se si dovesse andare a gara, ci andrebbe tutta ATM così com’è, senza spacchettamento,” ha dichiarato Fanelli. “È un impegno politico che la giunta e il sindaco hanno preso. Se non lo rispetteranno, chiaramente torneremo in uno stato di lotta.”
L’affidamento a gara — anche del cuore di ATM, quello dei mezzi pubblici — è proprio quello che si andrebbe a verificare con il decreto del governo. Le Ferrovie dello Stato, tra l’altro, sarebbero tra i concorrenti favoriti, ma probabilmente non l’unico — si è parlato, ad esempio, della ditta parigina RATP.
Cosa cambierebbe, per la città, se a gestire i mezzi di trasporto ci fossero, ad esempio, le Ferrovie dello Stato anziché la cara vecchia ATM?
Fanelli ci ha confermato che, se il nuovo gestore si impegnasse a rispettare le clausole sociali senza annunciare esuberi o altro, da parte del sindacato non ci sarebbe alcun problema. Raggiunti telefonicamente da the Submarine, i consiglieri comunali Monguzzi e D’Alfonso ci hanno rassicurato sull’intoccabilità dei posti di lavoro di chi, oggi, è un dipendente ATM: la gara è ancora da imbastire e “il criterio da seguire probabilmente non sarà quello del massimo ribasso,” ci ha detto Monguzzi, “ma della massima qualità.” Per vincere la gara, si suppone, bisognerà presentare un progetto che innanzitutto tuteli i lavoratori pubblici.
Secondo D’Alfonso, a peggiorare in maniera decisiva potrebbe essere il servizio. In effetti, se FS subentrasse ad ATM, la gestione del trasporto pubblico milanese non sarebbe più a Milano, bensì al quartier generale delle ferrovie dello Stato, a Roma, a seicento chilometri di distanza. Non l’ideale per avere un trasporto pubblico locale efficiente.
C’è un ultimo aspetto da considerare in questo gioco delle parti: la questione scali ferroviari. L’improvvisa distensione dei rapporti tra Comune e ferrovie, coincisa proprio con la firma dell’accordo sugli scali e l’ingresso di FS in M5, potrebbe indurre a pensare a qualche forma di accordo a porte chiuse stretto tra l’amministrazione — o una parte di essa — e la dirigenza ferroviaria. I membri dell’amministrazione da noi contattati in proposito hanno smentito e pertanto queste rimangono speculazioni. E la premessa della trattativa non è nemmeno sbagliata in sé: Milano e FS possiedono qualcosa che l’altra parte desidera, e si sono messi d’accordo per goderne entrambi. Se questo fosse il caso, però, le trattative sarebbero dovute essere pubbliche, a maggior ragione perché condotte da due enti pubblici.
Su cosa succederebbe di preciso se il Comune affidasse la gestione dei propri mezzi pubblici a qualcuno che non sia ATM, le idee non sono molto chiare nemmeno a livello pratico. Il logo di ATM potrebbe venire affiancato dall’azienda vincitrice della gara, com’è già successo in altre città e in altri paesi, o addirittura sparire — sarebbe la perdita di un grande pezzo di storia moderna di Milano.
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