Il disturbo bipolarista
È vero che il bipolarismo sta tornando? E se il bipolarismo sta tornando, cosa vuol dire per Forza Italia e Partito democratico?
È vero che il bipolarismo sta tornando? E se il bipolarismo sta tornando, cosa vuol dire per Forza Italia e Partito democratico?
La prospettiva critica piú diffusa su questo primo turno di elezioni amministrative — sembra sia colpa di Ilvo Diamanti — sostiene che ci troveremmo sostanzialmente di fronte ad un ritorno al bipolarismo, tra due schieramenti più convenzionalmente riconoscibili da un punto di vista ideologico: il centrodestra e il centrosinistra.
Le notti di maratona post elettorale non fanno bene alla lucidità mentale di nessuno però: non fanno bene ai politici che a porte chiuse stanno festeggiando — un po’ di più a quelli che si stanno allarmando — e soprattutto altera il groupthink della comunità di commentatori politici italiani, convinti di avere il polso del paese, ma che solitamente commenta l’attualità con tanta circospezione quanta ne abbiamo usata noi mettendo gif dei Tonys in Hello, World oggi ?
Lo scenario del ritorno del bipolarismo, insomma, è una teoria abbastanza raffazzonata, e pone di fronte a due interrogativi.
- È vero che il bipolarismo sta tornando?
- Se il bipolarismo sta tornando, cosa vuol dire per Forza Italia e Partito democratico?
Un altro fan della teoria del ritorno del bipolarismo è Antonio di Bella, direttore bretellato di RaiNews24 che però giustamente sottolinea come il Movimento 5 Stelle non sia radicato sul territorio.
Dire così, tuttavia, è parzialmente un’inesattezza: il Movimento 5 Stelle nasce sul territorio, quando, ormai anni fa, raccolse le esperienze di tantissime piccole realtà locali che iniziarono a coordinare il proprio lavoro sul sito di Beppe Grillo.
Quello che è cambiato, ed è la vera intuizione da Re Mida della Casaleggio Associati, è la deriva non populista ma in celebrità della politica italiana. Il Movimento 5 Stelle è il partito perfetto per un paese in cui, di fronte all’impoverimento della produzione culturale, i politici sono le celebrità di riferimento — di cui si seguono i gossip, i litigi, le riappacificazioni.
Così il Movimento 5 Stelle ha vinto il proprio posto in parlamento alle scorse elezioni, e così si prepara ad andare alle prossime, le file grandemente rimpolpate dal grande spazio mediatico più o meno meritato dai propri capipopolo.
Per cui sì, quella di ieri è una sonora sconfitta per il Movimento 5 Stelle, ma il dato vero è un altro: di fronte a questioni di politica locale, su cui la pressione mediatica è molto inferiore, anche il potere delle celebrità è limitato.
E questa è, soprattutto, la lezione che devono trarre da queste elezioni Renzi e il leader del centrodestra, Matteo Salvini.
Siamo certi che nel Partito Democratico si stia cordialmente festeggiando la facciata di Beppe Grillo — meno male che aveva il casco — ma è un festeggiamento frutto del bipolarismo non dell’Italia, ma emotivo del partito, impregnato dell’umore del proprio leader.
In un contesto in cui dovessimo ritrovarci con un centrodestra e un centrosinistra, l’operazione di deriva centrista iniziata da Renzi ormai quattro anni fa è un fallimento garantito: non si può fare il bipolarismo con due partiti di centro. Lo scenario, soprattutto se la deriva… “securitaria” impostata da Minniti dovesse rivelarsi parte di un progetto politico di Renzi in vista delle prossime elezioni, si farebbe nonsense: quanti mesi si sono persi nel cercare di costruire un ponte, prima per gli elettori, poi in vista di una possibile coalizione, verso un’area che ora tornerebbe a essere vera concorrente nella corsa a Palazzo Chigi?
https://twitter.com/radioforzaita/status/874201151557840898
Che ridere
Dall’altra parte, la situazione è solo marginalmente migliore per il centrodestra: l’alleanza che ha portato a risultati così positivi sul territorio sembra di fatto impossibile da ripetere a Roma. La figura pubblica di Matteo Salvini, mentre Renzi ha cercato di disegnarsi sempre più un profilo da centrista, è completamente identitario, strettamente legato alla nuova indole nazionalista della Lega Nord. In uno scenario da “ritorno del bipolarismo,” e senza doppio turno, potrebbe il leghista reinventarsi come figura aggressiva di centro? Può trovare un ponte con Forza Italia? E Forza Italia, ha interessi a continuare un’alleanza con la Lega, un’alleanza che negli ultimi vent’anni ha dato a livello locale ottimi frutti? Certamente, in particolare nel nord, dove sembra strettamente necessaria per contrastare l’avanzata del Partito Democratico che insidia dal centro i poli industriali del voto berlusconiano. Se la vittoria alle politiche sembrasse effettivamente possibile, certamente ne varrebbe la pena — ma il rischio di ufficializzare un passaggio del testimone da Berlusconi a Salvini si farebbe altissimo, e la scommessa potrebbe essere l’ultima della vita del partito dell’ex cavaliere.
In questo momento, la soddisfazione per questo primo turno sembra insomma essere principalmente per la sconfitta, almeno temporanea, del più acerrimo dei nemici.
Ma il risultato, in particolare verso destra, è difficilissimo da leggere o simulare su scala nazionale, e pone entrambi i presupposti vincitori di fronte ad un altro nuovo scenario politico futuro, per cui non sono in nessun modo preparati, e verso il quale scommettere potrebbe lasciarli completamente scoperti nel probabile caso in cui il Movimento 5 Stelle sia in grado di farsi valere alle prossime politiche.