Corvetto, Porto di Mare, Rogoredo: cosa significa il Piano periferie per la “Porta Sud” di Milano

Un fotoracconto della periferia sud del Municipio 4: tra cantieri abbandonati, case popolari e cooperative sociali.

Corvetto, Porto di Mare, Rogoredo: cosa significa il Piano periferie per la “Porta Sud” di Milano

“Nella località un tempo chiamata Gambalavita, e poi divenuta Gambolòita, sorgeva una dimora patrizia settecentesca, ridotta a cascinale, di cui si è persa traccia anche nei documenti. Infatti, nonostante sia stata demolita solo pochi anni fa, si ricorda solo la cancellata barocca con grossi pilastri, riportata dal Nebbia in uno schizzo.”

—Cascina Gamboloita (scomparsa), all’altezza dell’attuale via Gamboloita, Milano Corvetto. Langè 1972, p. 415


All’inizio del secolo scorso, uno dei tanti quartieri operai di Milano. Dagli anni Settanta, protagonista di profondi cambiamenti, sia sociali che urbani.

È il Corvetto, Porto di Mare, Rogoredo: la periferia del cosiddetto Municipio 4.

I fattori che hanno innescato il progressivo cambiamento della zona sono principalmente due: da una parte, la forte immigrazione dall’estero, che ha portato a una sempre maggiore stratificazione sociale; dall’altra, la decisione di adibire Corvetto-Porto di Mare-Rogoredo a “Porta Sud” di Milano. Quest’ultimo aspetto spiega la presenza di grosse arterie di comunicazione nel quartiere e le conseguenti difficoltà legate al traffico elevato, aggravate dalla mancanza di parcheggi e dalla scarsa attenzione riservata al traffico pedonale.

Il Raccordo Autostrada del Sole (diretto collegamento tra l’A1 e il centro città) taglia in modo trasversale il quartiere. C’è poi la stazione di Rogoredo, uno dei principali snodi ferroviari del capoluogo ed ex capolinea del Passante ferroviario. Inoltre, senza citare i numerosi mezzi di superficie che attraversano la zona da parte a parte, sono presenti ben tre fermate della linea gialla della metropolitana: Corvetto-Porto di Mare-Rogoredo, a pochi minuti da Duomo. Per cui, data l’estrema vicinanza al centro città, si potrebbe mettere in discussione la definizione corrente di “periferia.”

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Porto di Mare, via Boncompagni

Uno dei punti fondamentali del progetto “Fare Milano” del sindaco Beppe Sala è la rigenerazione e la valorizzazione dell’area Porto di Mare, considerato il più trascurato dei tre poli del quartiere proprio perché, trovandosi nel mezzo, pare condannato ad essere una semplice area di transito. A Porto di Mare le vie sono lunghe, infinite. Sono state costruite nuove abitazioni ma spesso sorgono in mezzo al nulla, costruite di fronte a ruderi post-industriali abbandonati, ecomostri che si confondono nello skyline vario e discontinuo che si profila fino a Rogoredo e San Donato.

Complementare alla rivalutazione di tutto il quartiere è la questione di Cascina Nosedo e del Parco della Vettabbia, le prime grandi aree verdi a sud di Milano, i campi che si diramano tutt’intorno all’Abbazia di Chiaravalle. A Milano sud non troviamo lo stesso fenomeno della “città diffusa,” tipico invece della periferia nord, che vede il tessuto urbano diminuire gradualmente fino a diventare provincia, senza soluzione di continuità. A sud, no: c’è il Quartiere Mazzini del Corvetto e poi la campagna.

Proprio perché si tratta di un’area a pochi metri di distanza dal fulcro del quartiere è corretto inserire nel piano di bonifica anche questo distretto agricolo, il Nosedo-Vettabbia, che sarà interessato da innovazioni necessarie allo sviluppo di nuove produzioni urbane. Infatti, dopo il definitivo sgombero del 2015, Cascina Nosedo diventerà il centro di un polo agricolo innovativo: il progetto, “OpenAgri,” ha lo scopo di avvicinare l’imprenditoria giovanile al miglioramento del sistema alimentare, e coltivazioni idroponiche e nuovi modelli di logistica agricola a chilometro zero sono già stati previsti da “Fare Milano.”

Quartiere Mazzini, via dei Cinquecento
Quartiere Mazzini, via dei Cinquecento

Lo “zoccolo duro” del Corvetto è il già citato Quartiere Mazzini, al cui centro si trova piazzale Ferrara – un quartiere popolare, teatro negli ultimi anni di una crisi abitativa per molti aspetti simile a quella che ha interessato altre aree della città, come il Giambellino.

L’ultima operazione massiva di intervento istituzionale contro le occupazioni abusive – fatta eccezione per successivi episodi sporadici – risale all’autunno 2014, quando l’allora presidente di Aler Gian Valerio Lombardi consegnava all’amministrazione comunale e alle Forze dell’Ordine una lista comprendente oltre duecento stabili occupati disseminati nelle periferie di Milano. Pisapia aveva dichiarato nuovamente guerra, dopo l’ennesima estate in cui diversi spazi autogestiti e centri sociali del milanese erano stati sgomberati (ricordiamo i casi del Lambretta, dello Zam), e stava arrivando anche il momento del Corvaccio e dello spazio Rosa Nera, rispettivamente al civico 30 e 40 di via Ravenna, in pieno quartiere Mazzini. Iniziava così, dal Giambellino e dal Corvetto, quello che sarebbe stato ricordato come “l’autunno caldo” di Milano, sotto la giunta Pisapia. Nel giro di una settimana, furono effettuati circa un quarto dei duecento sgomberi annunciati.

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Sul piano di Sala, tra i punti d’intervento leggiamo “completamento Polo Ferrara”: per saperne qualcosa di più abbiamo fatto due chiacchiere con Andrea Ferrari, da anni responsabile del Polo Ferrara per conto della cooperativa sociale Progetto A.

“Per prima cosa: con “completamento Polo Ferrara” non s’intende un investimento nei confronti delle associazioni benefiche, bensì il completamento di un grosso palazzo, avviato con in fondi del contratto di quartiere dei primi anni Duemila”. È un cantiere, riferisce Andrea, che al momento si può definire, se non abbandonato, fermo. Il sito del Comune ci informa che sarebbe completo al 55%: “Ridicolo. In realtà è fatto, c’è l’armatura, la struttura, bisogna solo riempirlo.”

Il cantiere in questione dovrebbe diventare un pensionato per studenti e allo stesso tempo la nuova sede del mercato comunale di piazzale Ferrara che, a quanto si dice, dovrebbe essere collocato nella parte inferiore dell’edificio. Stando al rendering del progetto, la struttura avrà otto piani e sarà fornita di un’ampia area parcheggio e di aree relax dotate di wi-fi gratis.

L’associazione di quartiere, collocata in via Mincio, angolo piazzale Ferrara, ha sede in un capannone del dopoguerra, recuperato negli anni Novanta a utilizzo sociale. Ha la bocciofila, la balera, e la Croce D’Oro. “Il vecchio Polo è attivo da più di vent’anni, e necessita di una messa a nuovo, giusto degli accorgimenti. Nel frattempo le attività non si sono interrotte, sono solamente diminuite.”

“Il miglioramento dal punto di vista paesaggistico ci sarebbe, se non fosse per i vari cantieri ancora aperti in zona, per lo più abbandonati a se stessi.”

Andrea non si riferisce qui al Mazzini, né alle case popolari, o alle problematiche legate ad Aler, bensì a enti privati che negli anni hanno abbandonato diversi progetti a pochi mesi dall’inizio delle opere. Un esempio lampante è quello dell’enorme stabile in via Sile, al confine dei caseggiati popolari, reso noto dalla cronaca come rifugio per senzatetto. “Per quell’edificio non c’entrano niente il Comune, la Regione, e nemmeno lo Stato, quelle sono aree private abbandonate.” Oltre che come luogo di rifugio per disperati e dimenticati dalle istituzioni, posti come il palazzone di via Sile possono essere utilizzati come porto sicuro per traffici illeciti, o addirittura per occultare materiale illegale.

I problemi legati a criminalità, disoccupazione e abbandono scolastico diffuso sono reali, tuttavia, come conferma Andrea, “questo è uno dei quartieri che più ripone attenzione al privato sociale: sono numerose le cooperative, le associazioni, gli enti che operano quotidianamente sul territorio per riavvicinare i ragazzi all’istruzione, per aiutare chi è disoccupato o tenta di entrare nel mondo del lavoro, oltre alle attività volte al recupero degli ex detenuti residenti nella zona.”

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Piazzale Corvetto, tagliato a metà dal Raccordo Autostrada del Sole (nel riflesso), una delle principali arterie di Milano; ad oggi, si può considerare come la reale “Porta Sud” del capoluogo.

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Piazzale Corvetto.

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Il Mercato Comunale di Piazzale Ferrara, al centro del Quartiere Mazzini. Il piazzale, purtroppo spesso citato dalle cronache per episodi di microcriminalità, rimane uno dei punti di riferimento per gli abitanti del quartiere, sia per il Polo Ferrara che per i negozi del Mercato.

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Mercato Comunale di Piazzale Ferrara, interno.

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Mercato Comunale di Piazzale Ferrara, interno.

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Via Ravenna 30, ex centro sociale Corvaccio.

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Ragazzi giocano nel parchetto pubblico di Via Ravenna. La componente multiculturale è un aspetto fondamentale del quartiere, che è stato protagonista di diverse ondate migratorie nel corso degli ultimi anni, prima dal Sud Italia e poi dall’estero.

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In Via Ravenna, situata al confine del quartiere e dell’area metropolitana, l’ex spazio autogestito Rosa Nera dopo lo sgombero resta ora abbandonato.

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L’altra parte del Corvetto, ovvero la zona agricola di Cascina Nosedo, che si estende attraverso i campi fino all’Abbazia di Chiaravalle.

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Cascina Nosedo. Nonostante l’attuale aspetto diventerà uno dei poli agricoli più innovativi di Milano per quanto riguarda la logistica a chilometro zero.

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Parco Cassinis.

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Quartiere Mazzini, Via dei Cinquecento.

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Quartiere Mazzini, Via Mompiani.

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Il Mazzini, come il Lorenteggio, è formato quasi esclusivamente da case Aler.

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Il Dude Club, uno dei locali più internazionali di Milano, ha sede proprio a Porto di Mare.

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Un edificio abbandonato in fondo a via Boncompagni.


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