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Sono passati cinquant’anni dall’uscita di quel concentrato di delirio e genialità e, per l’occasione, verrà proiettato al cinema per soli tre giorni, dal 30 maggio al 2 giugno, The Beatles: Sgt Pepper and Beyond di Alan G. Parker.

1966, Paul McCartney – che ora è diventato lo zio di Jack Sparrow nel nuovo lungometraggio della saga piratesca – sta tornando dalla Francia, è in volo con Max Evans, roadie dei Beatles, e quest’ultimo propone a Paul la realizzazione di un concept album i cui autori immaginari sarebbero dovuti essere una banda d’ottoni di epoca vittoriana, da cui il titolo Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club.


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Un mash-up tra racconti di quella Liverpool in cui John, Paul, Ringo e George sono cresciuti e, per altro verso, lo strippo delirante di un miasmatico bisogno d’estasi: è il 1 giugno del 1967 e la storia della musica, delle droghe sintetiche e del sesso è prossima al cambiamento, una rivoluzione copernicana 2.0 che porterà Jimi Hendrix – uno dei pionieri della psichedelia – a suonare, solo tre giorni dopo, il 4 giugno, al Saville Theatre di Londra, una sua versione di Sgt Pepper’s Lonely Hearts Club Band.

Sono passati cinquant’anni dall’uscita di quel concentrato di delirio e genialità e, per l’occasione, verrà proiettato al cinema per soli tre giorni, dal 30 maggio al 2 giugno, The Beatles: Sgt Pepper and Beyond di Alan G. Parker, già autore di diversi documentari sui Clash, Vicious e altri.

Nel 1968 Jann Haworth e Peter Blake vincono un Grammy per la miglior copertina realizzata: un collage di personaggi – tra cui Einstein, Marx, Poe, Aleister Crowley etc. – che verrà poi parodiato da Zappa in We’re Only in It for the Money.
Lennon, intanto, probabilmente obnubilato da nubi tossiche, dopo aver leccato rane gialle e simili, quando dovette scegliere i soggetti della copertina, i quali costituiscono l’ipotetico pubblico della band del Sergente Pepper, propose anche Gesù, Adolf Hitler e Gandhi – sarebbe stato un atto clamorosamente manzoniano, oltreché geniale. In ogni caso vennero bocciati dalla produzione, con tanto di scenata isterica di Brian Epstein, l’allora manager che sarebbe deceduto poco dopo l’uscita del disco.
A tal proposito Paul McCartney, in un’intervista rilasciata per Vanity Fair, dice che “quello che è successo dopo mi ha dato ragione, anche se, per molti versi, lì cominciò la fine della “favola” dei Beatles. La morte di Brian Epstein, poco dopo l’uscita del disco, fu un presagio di un cambiamento irreversibile”. Insomma, se da una parte Sgt. Pepper può risultare l’apice della carriera beatlesiana, per un altro verso è proprio in quel contesto che comincia la discesa. E ancora non era arrivata l’eroina.



Sul retro dell’album, per la prima volta nella storia, i testi integrali delle canzoni e Paul McCartney ritratto da dietro: da qui inizia tutta quella fantomatica saga di teorie del complotto secondo cui Paul sarebbe morto e sostituito da un sosia. Tutte fandonie poiché, proprio in quegli anni, vennero mostrate le immagini del set in cui venne realizzato il progetto fotografico, e il buon vecchio McCartney era vivo e vegeto.

Mezzo secolo dopo ci ritroviamo tra le mani un re-edit dell’album che conserva tutte le caratteristiche dell’originale, ma spesso ci dimentichiamo la genesi di quel CD: inizialmente si pensava di includere diversi gadget insieme all’album, ma il tutto risultava troppo dispendioso; così si propose di stampare quegli oggetti su una pagina in copertina. Preventivo: 2867 sterline, un costo esagerato per gli standard di allora.

Paul McCartney dice che “non eravamo poi così fatti” ai tempi della realizzazione del progetto, o almeno durante le registrazioni e performance live.
Quello che mi chiedo io è, invece, la quantità di sostanze che precedettero la registrazione; quando Lennon parla di quella ragazza con gli occhi caleidoscopici, magari, certo, il soggetto non è l’LSD, ma probabilmente prima di scrivere di quella Lucy che se ne sta in cielo coi diamanti qualche porcino se l’era mangiato. E questo, forse, è anche il bello e la grandezza e del gruppo e dell’album: un gruppo di strampalati a cui non è mai fregato nulla se non divertirsi, fare musica e scopare. Erano gli anni ’60, erano i Beatles, era grande musica.