Come per Breaking Bad, anche in Better Call Saul il processo di cambiamento e la catarsi positiva e negativa diventano lo sviluppo narrativo fondamentale della serie.
Breaking Bad ci ha indubbiamente abituati a standard di malvagità molto alti: dall’egocentrismo autodistruttivo di Walter White, alla cattiveria spietata dei cartelli della droga messicani, passando per la calcolata vendetta di Gus Fring. Vince Gilligan non si è lasciato sfuggire insomma l’occasione di declinare, nelle cinque stagioni che hanno inaugurato la nuova golden age televisiva, il male (e, per forza di cose, il bene) che c’è in ognuno di noi.
La trasformazione di Walter White in Heisenberg è stato per certi versi un processo anti-catartico: se la bontà d’animo era diventata cancro (letteralmente), l’unica cura era abbracciare la legge del più forte, a costo di fare terra bruciata intorno a sé. In quanto narrazione basata sulla chimica – nel senso più ampio del termine – la trasformazione diventa la colonna portante della storia.
Così come era stato per la precedente opera, il processo di cambiamento e la catarsi positiva e negativa diventano lo sviluppo narrativo della nuova serie di Vince Gilligan, tornato nel 2015 con Better Call Saul, una serie che a prima vista ha la sola funzione di alleviare il senso di abbandono per i fedelissimi della blue sky e del suo cuoco, ma che in poco tempo si è rivelata un’indagine cavillosa sulle origini dell’universo di Breaking Bad
Al centro della narrazione un giovane Jimmy McGill – in attesa di diventare lo sgargiante Saul Goodman – è alle prese con la sua redenzione da un passato di raggiri e piccole truffe e determinato verso un futuro di giustizia e legalità. A mettere i freni ai buoni propositi del più giovane McGill è suo fratello maggiore Charles, pezzo grosso della giurisprudenza del New Mexico. In Better Call Saul è facile ritrovare i temi che avevano contraddistinto Breaking Bad: la trasformazione negativa, l’amoralità come legge di natura e i rapporti familiari, questa volta però calati in situazioni più comuni (come la rivalità tra fratelli), e di conseguenza più credibili.
[attenzione, spoiler]
Charles, il fratello più grande, è affetto da una paranoia verso i campi elettromagnetici, il che lo costringe a vivere recluso in una casa priva di dispositivi elettrici — ad assisterlo è proprio Jimmy, che sacrifica così la possibilità di vivere una vita normale per il bene del fratello. Durante lo sviluppo delle attuali tre stagioni, il trascorso fra i due viene lentamente a galla, rivelando un rapporto ben più complesso e crudele rispetto a quello, per esempio, tra Gus Fring e Hector Salamanca.
“I know what you were, what you are. People don’t change. You’re Slipping Jimmy… and Slipping Jimmy with a law degree is like a chimp with a machine gun.”
Il rapporto fra i due fratelli, vuole farci intendere Gilligan, è il motivo per cui Saul Goodman esiste: non i soldi, non la stravaganza e di certo non il successo, ma la natura umana nel suo estremo più ovvio. Charles McGill – ricalcando il rapporto biblico tra Caino e Abele – diventa il primo peccatore, trasformando la gelosia in assassinio. L’assassinio metaforico è il rifiuto di Jimmy McGill a favore di Saul Goodman, un personaggio immaginario contro cui può sfogare le sue frustrazioni e le sue idiosincrasie.
L’incomunicabilità – che in Breaking Bad era diventata liberazione per Walter White – diventa una prigione per Jimmy, costretto lentamente a riprendere il suo ruolo nella società in qualità di azzeccagarbugli. Chiaramente, a differenza della Bibbia, nessuno è senza peccato e Vince Gilligan ci fa comunque capire che in Jimmy la dualità fra abnegazione e trickster è sempre stata presente, ma il prevalere di un carattere sull’altro è determinato dal rapporto con il fratello.
Per questo motivo Charles McGill – interpretato dall’eccellente Michael McKean – si conferma, al pari di King Joffrey, Frank Underwood e Hannah Baker, uno dei cattivi più cattivi della tv di questa stagione televisiva. La sua malizia e viscerale cattiveria diventano un contesto intorno a cui costruire la storia di Better Call Saul, rendendolo eccezionalmente memorabile e infinitamente più reale di molti altri “cattivi” della televisione moderna.
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