Ci eravamo lasciati con un to be continued… — in sospeso rimaneva la risposta di Cannes alla controversa scelta di Netflix di non distribuire nei cinema francesi le pellicole presenti al festival.
Secondo la regolamentazione francese infatti, i due film presentati da Netflix al festival – Okja, del regista sudcoreano Bong Joon-ho, e The Meyerowitz Stories, di Noah Baumbach – dovrebbero aspettare tre anni prima di rendere disponibili i film sul portale di streaming. Questo non vale solo per Netflix, ma per tutti i SVOD (Streaming or Subscription Video on Demand).
Come in una guerra fredda fra cinema e streaming nessuno vuole cedere, ecco dunque che Netflix rifiuta la distribuzione nelle sale cinematografiche e Cannes annuncia a gran voce il rifiuto di qualsiasi produzione esclusiva per lo streaming a partire dall’anno prossimo. La guerra è esplosa e non è un bello spettacolo.
Con una press release ufficiale sul sito del festival, gli organizzatori chiariscono la situazione:
“Il Festival è felice di accogliere un nuovo operatore che ha deciso di investire nel cinema, ma vuole comunque rinnovare il suo supporto al tradizionale metodo di esibizione del cinema in Francia e nel mondo. Di conseguenza, e dopo aver consultato i Membri del consiglio, il Festival di Cannes ha deciso di adattare le proprie regole per questa situazione senza precedenti: qualsiasi film che voglia competere nelle competizioni del Festival dovranno accettare di essere distribuiti nelle sale cinematografiche francesi. Questo nuovo regolamento verrà applicato a partire dall’edizione del 2018 in poi.”
La scelta del Festival è ovviamente una scelta politica e culturale. La volontà espressa è quella di non lasciarsi manipolare da una realtà che, ancora prima di essere produttrice, è distributrice di contenuti e in quanto tale in competizione con l’intera industria cinematografica. Ma rimane una decisione non facile: se da una parte viene arginato il potere distributivo nelle mani di Netflix per salvaguardare le sale, dall’altra uno schieramento di questo tipo va a intaccare il delicato rapporto di registi e operatori del settore con Netflix, che negli ultimi anni è diventato quasi un porto sicuro per chi lavora nel mondo del video.
Il direttore della Mostra del cinema di Venezia Alberto Barbera con una dichiarazione all’ANSA si tiene ai margini della contesa difendendo il ruolo del festival di Cannes ma supportando l’operato di Netflix (vedremo come si comporterà quando toccherà al nostro festival).
“Innanzitutto la mia solidarietà a Fremaux (direttore artistico del Festival di Cannes n.d.r) non deve essere stata una decisione facile. Siamo ai colpi di coda di un mercato che si è evoluto, modificato troppo rapidamente e senza stabilire regole. Ci sono tanti interessi e ragioni in ballo, quelli degli esercenti, dei distributori, degli agenti di vendita, dei produttori e degli autori ma il ruolo di un festival è slegato rispetto a tutto questo, il ruolo è diffondere il cinema di qualità, selezionarlo, farlo emergere, sostenerlo in quanto tale e non per dove si può vedere. Per me il cinema resta un’esperienza legata alle sale, ma non possiamo non renderci conto che con l’arrivo di altre piattaforme non si torna indietro e i festival non devono essere messi in condizione di scegliere tra una parte e l’altra.”
A meno di cinque giorni dall’inizio del festival i due giocatori hanno scoperto le proprie carte e ognuno ha scelto di seguire la propria strada, senza concedere apertura all’altro. Ed è comprensibile, in ballo ci sono visioni del mondo opposte e sebbene in comune ci sia il concetto – neanche poi così astratto – di arte, la risoluzione di questa contesa verrà alla fine decretata dal pubblico, nel bene o nel male.