Eco Tutta l’energia della Brexit
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In questa puntata: il Regno Unito alle prese con il doppio scoglio della Brexit e delle elezioni, camion all’idrogeno in California, 100 giorni di Donald Trump.
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1. I gioielli di famiglia sauditi
Episodio numero “n” della serie “L’IPO di Saudi Aramco è problematica”―qua e qua le vecchie puntate. Il sospetto che una compagnia petrolifera non potesse valere due trilioni di dollari lo avevano in molti; ora, però, tali voci sono state confermate da alcuni funzionari della stessa compagnia, secondo i quali Aramco vale cinquecento miliardi in meno del previsto―restiamo comunque abbondantemente sopra il trilione di dollari. Il fatto che la compagnia continui ad essere di proprietà statale, inoltre, pare non convincere gli investitori: con questa configurazione, infatti, nulla impedirebbe che necessità politiche surclassino le logiche di mercato, con un possibile danno per i futuri stakeholder. I Sauditi, pienamente consapevoli della situazione, si stanno sforzando per rendere il più appetibile possibile l’IPO; l’ultima mossa è consistita in un sostanzioso taglio delle tasse a cui è sottoposta Saudi Aramco, che immediatamente si è detta soddisfatta del “royal order” che ha ridotto il carico fiscale. To be continued.
2. Theresa May vuole calmierare i prezzi di gas e elettricità
Arrivano le elezioni generali nel Regno unito e tutti sono più generosi, Theresa May in testa. La prima ministra britannica, infatti, con tempismi sospetti ha proposto di fissare un tetto ai prezzi delle bollette di gas ed elettricità―tema solitamente caro ai laburisti.
Scontate le reazioni da parte dell’industria energetica, che ha visto Ian Codd―CEO di Centrica, tra i principali fornitori di energia nel Regno Unito―dichiarare senza mezzi termini che la sua compagnia sarebbe in estrema difficoltà, considerati i margini di guadagno per cliente piuttosto bassi. Brian Milligan ha ipotizzato per BBC News come potrebbe funzionare il sistema. Insomma, si ricade nella classica opposizione tra sostenitori di un libero mercato e sostenitori di un mercato regolamentato―con l’eccezione che, solitamente, non ci si aspetterebbe una mossa del genere da un partito conservatore.
3. Brexit + energia = problemi
L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea terrà occupati politici e tecnici come minimo per i prossimi due anni. Tra i numerosi aspetti di quello che è stato definito “divorzio”, vi sono parecchie (e complicate) questioni relative all’energia. I cittadini britannici molto probabilmente pagheranno le conseguenze del loro voto―come scritto sul Guardian già lo scorso settembre―tramite bollette più care. Lo stesso vale per le importazioni di gas e petrolio, quasi sicuramente più costose per via del pound più debole, secondo un’analisi di Platts. Ma, oltre a questioni strettamente economiche, ve ne sono altre, relative alle future politiche energetiche. Il Regno Unito come riuscirà (riuscirà?) a continuare a far parte delle istituzioni (come l’ACER) che regolano il mercato dell’energia? Sicuramente avrebbe tutto l’interesse a non esserne escluso―valgono, infatti, considerazioni simili a quelle per il mercato unico.
4. In Florida c’è da preoccuparsi
Il livello dei mari s’innalza in tutto il mondo―qua possiamo vederne gli effetti―con buona pace dei negazionisti climatici, e le conseguenze sono già più che visibili, tra atolli che scompaiono e città e regioni costiere sempre più minacciate. In Florida, in particolare, le cose vanno male: solamente a Coral Gables―cittadina di circa cinquantamila abitanti confinante con Miami―vi sono proprietà immobiliari per circa 3,5 miliardi di dollari e centinaia di canali navigabili che dall’entroterra terminano il loro percorso in mare; nel momento in cui i canali divengono inutilizzabili per l’innalzamento delle acque, il valore delle proprietà crolla, innescando tristi reazioni economiche a catena. L’esempio di Coral Gables, come spiegato da Bloomberg, è utile per capire gli enormi rischi che il cambiamento climatico comporta per la Florida, così come per tutti gli Stati costieri, che stanno vivendo dentro una vera e propria bolla delle proprietà immobiliari in riva al mare. In breve: un esempio di quanto tangibili ed economicamente disastrosi possano essere i cambiamenti climatici.
5. La California, invece, è già nel futuro
Il governatore Jerry Brown continua a cavalcare l’onda del decentramento federale, guidando la politica energetica (ma anche economica) del Golden State come se fosse uno Stato a sé stante. Oltre ad aver ottenuto un energy mix mirabile―il 49% dell’elettricità è generato da gas naturale, il resto da rinnovabili―le istituzioni locali, tra cui la California Energy Commission, hanno recentemente attivato una partnership con Toyota per uno studio di fattibilità del potenziale uso di idrogeno come combustibile per heavy trucks. “Project Portal”, infatti, esplorerà la possibilità di rendere Toyota la prima casa automobilistica a muovere il trasporto su ruota con l’idrogeno. Mentre per le automobili i suoi costi sono ancora troppo elevati, questo futuristico combustibile potrebbe tagliare ampiamente i tempi di rifornimento dei camion, che a quel punto guadagnerebbero in termini di efficienza. L’esperimento sarà implementato durante le operazioni giornaliere al porto di Los Angeles.
6. Cento giorni di Donald Trump
Vox ha analizzato i primi cento giorni di presidenza di Donald Trump in relazione ai temi energetici e ambientali, ed il risultato è pessimo, definendo le azione dell’ormai non più neo-presidente “sciatte e plutocratiche”. Tra i principali problemi, vi è il fatto che azioni politiche radicali e di grande portata richiedono pazienza―e, banalmente, Trump non è campione di questa virtù―non ordini esecutivi. Il secondo ostacolo all’amministrazione è che non pare vi siano idee ad indirizzarla: è imprevedibile, spesso contraddittoria e caotica. Un esempio di quanti danni possano causare queste due caratteristiche è costituito dal rapporto di Trump con le industrie petrolifere; parrebbe che il presidente sia interessato semplicemente a far sì che ottengano profitti più in fretta e facilmente. Dietro, però, non vi è una ragione forte, e ormai appoggiare le fonti rinnovabili non è più un tabù nemmeno in casa repubblicana―non inquinano e creano posti di lavoro, alla fine. Consoliamoci, ci sono ancora 1361 giorni per invertire la rotta.
Eco è a cura di Giovanni Scomparin, Nicolò Florenzio e Tommaso Sansone.
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