Le voci e le storie legate alle Radio Liberate si perdono spesso tra i cunicoli della storiografia moderna, ma l’importanza che queste emittenti ebbero per lo sviluppo di una rinata identità nazionale echeggia ancora oggi all’interno del nostro sistema mediatico, costruito sulle vite di chi si schierò contro il fascismo e la sua oppressione.
Il 25 aprile 1945 la voce di Sandro Pertini, che all’epoca faceva parte del Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia, annuncia da Radio Milano Liberata l’insurrezione contro le forze armate nazifasciste, segnando quello che sarebbe passato alla storia come il giorno della liberazione d’Italia. Quella di Pertini è una delle tante voci che cambiarono il paese durante la liberazione, anni in cui la radio si trasformò da contenitore della retorica fascista a strumento per un cambiamento politico, sociale e culturale della nazione.
Le vicende legate alle Radio Liberate hanno inizio il 10 luglio 1943 con l’Operazione Husky, lo sbarco delle forze alleate sulle coste della Sicilia. L’operazione era stata preceduta da pesanti bombardamenti per indebolire le difese naziste presenti sull’isola — a dividersi il compito di bloccare la ritirata delle truppe tedesche erano schierati in campo il generale Patton, comandante della 7ª Armata statunitense, e il generale Montgomery, comandante dell’8ª Armata britannica. Dopo soli 38 giorni la Sicilia è liberata dalle truppe nemiche, ma le perdite sono alte da entrambi gli schieramenti.
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La priorità del generale Patton, effettivo supervisore delle fasi di ricostruzione dei territori liberati, è quello di ristabilire gli impianti e le trasmissioni sull’isola. L’attività di ricostruzioni fa parte del conflitto aperto su quello che è stato definito il “quarto fronte” — il fronte propagandistico in cui le attività alleate e partigiane si scontrano con quelle nazi fasciste. Già nel 1943, con l’accordo di Cassibile, le forze alleate avevano rettificato il controllo su tutti i mezzi di comunicazione di massa e di propaganda in Italia — a svolgere questa attività di controllo (che poi si trasformerà in collaborazione dopo la caduta del fascismo) è il Psychological Warfare Branch, ente addetto alla ricostruzione, materiale e strutturale, dei mezzi di comunicazione italiani.
Come spiegano gli studiosi David Forgas e Stephen Gundle nel loro testo Cultura di massa e società italiana, il PWB da un lato deve diffondere direttamente propaganda e informazione attraverso le proprie pubblicazioni, dall’altra deve guidare i media italiani nella transizione del paese dalla dittatura alla democrazia, preparandoli per la consegna alle autorità italiane.
La prima radio a riprendere le attività sotto la supervisione alleata è Radio Palermo, che il 5 agosto 1943 trasmette dall’ex sede EIAR un annuncio del generale Patton:
“Lo scopo degli Stati Uniti non è quello di rendere schiavi ma di liberare quei popoli del mondo che hanno sofferto per anni sotto la malefica influenza del fascismo e del nazismo”
La stazione radio ha potenza ridotta, ma consente comunque al sergente Micha Kaminewski, nominato responsabile dell’emittente, di creare una redazione che attinga voci e menti tra gli intellettuali antifascisti di Palermo. In questa prima fase gli alleati hanno la supervisione dei programmi parlati, mentre agli italiani è concessa totale libertà su tutti i programmi musicali e di intrattenimento. Per colmare le pause tra i programmi del palinsesto gli alleati introducono nella programmazione brani provenienti dai così detti ‘dischi della vittoria’, dischi appositamente prodotti per intrattenere le truppe — viene risolta così la mancanza di materiale musicale, andato distrutto nella ritirata delle truppe nazifascisti.
La campagna d’Italia si sposta, dopo la Sicilia, nei territori della Puglia. La città di Bari viene liberata con meno spargimento di sangue e consente agli alleati di aprire una seconda stazione: Radio Bari. L’8 settembre Radio Bari Liberata inizia le sue trasmissioni, accompagnate dalle note di “La leggenda del Piave” — richiamo alla Grande Guerra e al patriottismo italiano, contrapposto alle marce militari badogliane.
Il segnale dell’emittente pugliese si rivela decisamente più potente rispetto alla stazione isolana, ciò consente alle trasmissioni di giungere fino al Nord Italia, ancora sotto il controllo dei nazisti e delle truppe repubblichine.
Sotto il coordinamento del maggiore inglese Ian Greenlees, a Radio Bari nasce uno dei programmi simbolo delle Radio Liberate: Italia Combatte, ponte radiofonico che unisce le zone liberate con i territori ancora occupati.
Ancora nella prima fase della liberazione, l’esperienza di Radio Bari segna la ritrovata libertà di movimento che si era persa con le imposizioni fasciste, ma soprattutto l’indipendenza dall’approccio propagandistico proprio delle forze alleate — infine un ulteriore distacco nei confronti del potere monarchico, dimostrato con il contributo dato al primo congresso democratico in Europa tenutosi proprio nel capoluogo pugliese.
Radio Bari Liberata assume un ruolo centrale in quella che lentamente iniziava ad essere la rinascita del paese.
Sabato 3 ottobre 1943 alle ore 13:15 un’altra radio si aggiunge alle emittenti libere dal controllo nazifascista: Radio Sardegna, o come verrà ricordata da chi ha vissuto quegli anni, Radio Brada.
Radio Sardegna è una radio in grigioverde, ovvero formata da membri dell’esercito italiano ancora prima dell’arrivo delle truppe alleate. Ben presto però anche la radio sarda è posta sotto il controllo del PWB e l’organizzazione dell’emittente è affidata all’italoamericano Guido D’Agostino, un uomo dalla vasta cultura che vanta un’intima amicizia con Theodore Roosevelt. A differenza di altre figure dell’esercito alleato, D’Agostino non sarà mai una figura oppressiva, anzi si rivela per i militari italiani una figura stimolante, pronto fin da subito a spronarli per dare sempre il meglio nel loro lavoro.
È però nel luglio del 1944 che Radio Sardegna tocca il suo apice politico-culturale, grazie ai ‘discorsi del rientro’ tenuti da Emilio Lussu. Lo scrittore sardo ritorna nella sua terra dopo 17 anni passati tra Francia e Italia ad organizzare la resistenza antifascista.
“Cittadini! Compagni tutti! lavoratori! Ore difficili ci attendono: le ore facili le ha conosciute il fascismo mangiando, bevendo, guazzando e rubando; e noi rappresentanti di tutti i partiti, noi rappresentanti della democrazia che risorge, dovremo dare l’esempio per distruggere totalmente quello che è residuo della corruzione fascista.”
L’avanzata alleata giunge alle porte di Napoli, città sconvolta dalle Quattro giornate che hanno visto i cittadini rivoltarsi contro l’occupazione nazista. Sebbene le truppe angloamericane debbano affrontare la difficile ricostruzione della città, l’organizzazione del PWB proviene dalle esperienze di Palermo e Bari — non gli è troppo difficile dunque mettere in piedi una radio tra le rovine di Napoli. Il 15 ottobre, grazie alle prodezze tecniche dell’americano Giorgio Rehm e ad un trasmettitore posizionato a Villa Nova, Radio Napoli Nazioni Unite comincia le sue trasmissioni.
La redazione di Radio Napoli viene affidata al biologo italoamericano Elvio Sadun che, come Micha Kaminewski a Radio Palermo, riorganizza il lavoro editoriale, adottando uno stile giornalistico più moderno e asciutto. In breve tempo, grazie agli sforzi dei membri dell’emittente, Radio Napoli eredita da Radio Bari il ruolo di principale servizio per la propaganda radiofonica del PWB. Il passaggio è simbolicamente sancito dalla messa in onda del programma Italia Combatte.
All’interno di Radio Napoli cresce la voglia di sperimentare e di espandere generi e stili — da questa volontà nasce Programma per la donna italiana, prima trasmissione dedicata alle donne nell’Italia liberata. Anche la musica classica e l’opera lirica iniziano a stare strette ai responsabili radiofonici, che lentamente lasciano spazio a produzioni popolari, molto vicine agli umori della popolazione.
Con l’avanzare del fronte, la stazione napoletana diventa sempre di più la radio delle retrovie, mentre Roma si affaccia come nuovo obiettivo delle truppe alleate.
Nei mesi che precedono la liberazione della capitale, un gruppo di dipendenti EIAR ha agito segretamente per nascondere componenti della stazione radiofonica di Roma, che altrimenti sarebbero stati sequestrati dalle truppe naziste durante la ritirata. In questo modo il 6 giugno, a soli due giorni dalla liberazione della città, Radio Roma Liberata riprende le sue trasmissioni, annunciando l’entratat delle truppe americane nella capitale e il contemporaneo sbarco in Normandia. Nel fervore radiofonico si affaccia però la questione delle epurazioni fasciste — la necessità di gente competente per riprendere le trasmissioni ha fatto sì che gli alleati chiudessero un occhio sulla presenza di ex fascisti all’interno dei dipendenti della radio. È lo stesso Charles Poletti, commissario regionale delle forze alleate, a intervenire nelle proteste, esortando le autorità competenti ad applicare i provvedimenti stabiliti contro gli ex membri del Partito Nazionale Fascista.
Il 26 ottobre 1944, con un accordo firmato in via Asiago 10, l’Italia ritorna in possesso dell’organizzazione comunicativa — chiude l’EIAR, nasce la RAI.
Il nord italia – in mano alle truppe naziste e agli sparuti membri della Repubblica di Salò – è sempre più stretto dalla morsa alleata, ma sono i partigiani a portare avanti la liberazione delle città che si trovano al di sopra della linea Gustav.
Così come era avvenuto per Napoli, anche a Firenze sono i cittadini ad anticipare la liberazione prima dell’arrivo delle truppe alleate. Il reporter di guerra Cecil Sprigge ricorda così quei momenti in uno dei suoi articoli.
“Avevo assistito prima ed ho assisstito poi a varie ‘liberazioni’ di città italiane dall’incubo dell’occupazione tedesca e fascista. Quella di Firenze rimane, nella mia memoria, la più dignistosa e la più drammatica. Stanchi ed affamati, i fiorentini non ci potevano venire incontro con fiori e bandiere. D’altra parte la situazione ancora malsicura sconsigliava di uscire in deliranti manifestazioni di entusiasmo. Profondo invece era il senso di sollievo e di confronto che si leggeva negli occhi della cittadinanza. Vi era anche l’orgoglio fornito, ed era allora una novità nella storia della liberazione – un contributo non solo generico e morale, ma tatticamente organico, al ricacciamento del nemico”
Tra le vie di una Firenze ancora assediata dai cecchini nemici, si aggirano quattro uomini armati di microfoni: sono il giornalista e scrittore Armando Gomez, il reporter Victor De Santis, l’operatore Franco Rossi e il tecnico Alinari. Il gruppo si aggira tra le macerie della città, per documentarne la liberazione.
Dieci anni dopo, lo stesso Gomez riprende il materiale accumulato in quei giorni per produrre un documentario, disponibile oggi su YoTube.
La guerra non è ancora conclusa, ma il 1 settembre la città toscana è liberata — venti giorni dopo, Radio Firenze torna a trasmettere sulle note dell’Inno di Mameli. Come per le altre Radio Liberate, anche a Firenze la priorità è l’informazione, la cui supervisione è affidata all’italoamericano Eduard Funaro. Più forte che nelle altre emittenti è però il desiderio di rivendicare il proprio ruolo nella liberazione del nord italia; è proprio sotto questa spinta intellettuale che nel febbraio del ‘44 comincia un ciclo di conferenze dal titolo ‘Questo era il fascismo’— si alternano così le voci di Piero Calamandrei, Guido Calogero, Eugenio Montale e molti altri intellettuali italiani, che insieme declinano il rapporto tra fascismo e gli aspetti della vita nazionale.
Con l’affermarsi della RAI però, realtà autonome come Radio Firenze e Radio Sardegna, sono lentamente trascinate verso l’accentramento romano. Sebbene i dirigenti e i dipendenti si mobilitino per salvaguardare l’impronta indipendente dell’emittente, il governo sente la necessità di arginare movimenti indipendentisti.
Quello che le istituzioni non possono togliere è comunque l’importanza delle Radio Liberate nel ritrovato senso di appartenenza e libertà degli italiani.
Prima Bologna, Genova, poi Milano e infine Torino. Le stazioni del nord si riattivano e le radio partigiane escono dalla clandestinità, tante altre voci si uniscono a quelle di Palermo, Bari, Napoli, Roma e Firenza.
Oggi è ancora più importante per il nostro paese ricordare il 25 aprile e il percorso che portò al celebre annuncio di Sandro Pertini da Radio Milano Liberata — un percorso di ricostruzione e di liberazione che passò non solo attraverso i conflitti armati, ma anche dalla ricostruzione di un senso comunitario che solo uno strumento come la radio poteva fornire.
Le voci che cambiarono l’Italia possono essere state dimenticate, ciò che non va dimenticato invece è l’impegno e i sacrifici che vennero fatti per ridare libertà e democrazia al nostro paese.
Per approfondimenti sulla storia delle Radio Liberate consigliamo la lettura del testo “Il quarto fronte. Musica e propaganda radiofonica nell’Italia liberata (1943-1945)” di Gioachino Lanotte.