Il 25 aprile ha un significato preciso
L’altro ieri abbiamo scritto qualche riga sul comportamento del Partito Democratico nei confronti di questo 25 aprile 2017. Non solo su queste colonne, ma su tutto l’internet italiano la risposta […]
L’altro ieri abbiamo scritto qualche riga sul comportamento del Partito Democratico nei confronti di questo 25 aprile 2017.
Non solo su queste colonne, ma su tutto l’internet italiano la risposta di tanti fan del Partito democratico è stata la stessa di tante altre volte: difendere il partito dall’attacco, sottolineando come si trattasse di un attacco.
E in parte hanno ragione: nella generale regressione della dialettica politica del paese — di cui, seppur in un ruolo minore, anche il Pd è complice — spesso il Partito si è trovato sotto attacco solo per esistere.
Purtroppo per il Pd, non è questo il caso.
1. Le feste hanno un significato
L’Italia ha tre feste: 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno. Ci sono altre date importanti, che non sono festività, e ci sono festività che sono debiti religiosi, o tradizioni occidentali internazionali. Le feste esclusive dell’Italia sono queste tre, e hanno tutte una identità e una ragion d’essere estremamente ben definita.
Un fallimento della sinistra italiana, particolarmente di vecchia data, è stata la sistematica incapacità di raccontare il mito della fondazione del nostro paese attraverso il sacrificio dei partigiani. Per decenni il 25 aprile è stata un festa grigissima, vissuta come un debito verso le donne e gli uomini colpevoli di essere complici della Liberazione, di non aver aspettato passivi l’aiuto statunitense.
2. Perché i simboli sono importanti
Menzionare la Rosa bianca nei propri comunicati è una decisione strana: nessun atto eroico di nessun manipolo di coraggiosi può in nessun modo rifare la verginità della odierna Germania europea — nemmeno in nome di qualsiasi presunto europeismo contemporaneo. Peggio ancora? La Germania organicamente rifiuta questo tipo di narrativa. Il modo in cui lo stato e le persone tedesche si sono poste verso il loro passato, affrontando di petto i propri demoni, è forse il singolo elemento che l’Italia avrebbe più dovuto imitare.
Non si può accusare seriamente l’ANPI di essere settaria: si ignora il fatto che il 25 aprile è settario per natura. Sono 72 anni che l’Italia non affronta un problema fondamentale: si è liberata della dittatura fascista, non del fascismo.
L’iconografia partigiana e prevalentemente comunista del 25 aprile è inseparabile dalla festa stessa: non è settario rivendicare questi aspetti delle celebrazione — è settario rifiutarli, o anche accantonarli: la critica del Pd all’ANPI è di essere diventata “refrattaria,” ma è una critica davvero difficile da sostenere, presentandosi conciati così a Milano, e soffiando sul fuoco delle tensioni di Roma. Il Pd è una forza moderata, maggioritaria, tendente al centrismo: non può pretendere che siano gli altri a moderare — vuol dire scaricarsi delle responsabilità stesse per cui ha ragione di esistere. Domani si vota in Francia, e probabilmente tra due settimane i francesi saranno di nuovo costretti a votare per un “Fronte Repubblicano:” in Italia non c’è mai stato, perché presso il centrodestra, e anche il centro, spesso, il fascino del fascismo si fa sentire ancora forte. Se questo fronte non lo costruisce il Pd, però, chi lo fa?
3. Affiancare è appropriarsi
San Giuseppe si celebra il 19 marzo: è la festa del papà, e San Giuseppe è il padre per antonomasia della religione cattolica. Eppure, nel 1955, Pio XII, in un’operazione di feroce aggressività, proclamò celebrazioni liturgiche per il padre del Cristo anche per il primo Maggio. Ragione artefatta dell’operazione era sottolineare il suo ruolo come patrono di artigiani e operai. Si trattava, ovviamente, di un’operazione atta a sottrarre il primo maggio al sociale.
Ora, l’immaginario di san Giuseppe e Gesù Cristo “figlio del carpentiere” non è effettivamente contrario allo spirito del primo maggio — e i miti del mondo antico sono affascinanti ancora oggi — ma l’operazione restava comunque di cattivissimo gusto se non strettamente violenta.
È difficile non vedere l’operazione di Noi, patrioti europei non in una prospettiva simile: è vero, gli ideali che si raccontano dietro la partecipazione #tuttablue a Milano sono in qualche modo riconducibili a quelli della Liberazione — scusateci se vediamo un legame piú tenuo di quanto la narrativa PD sostenga — ma il presentarsi con questi colori diversi alla celebrazione è sintomo di una volontà di appropriazione, se non di diretto svuotamento della festa.
4. Per essere un partito di centro sinistra un po’ di sinistra bisogna farla
Nello scorso articolo scrivevamo: sopra ogni cosa, a prescindere da queste che sono — lo rimarchiamo — critiche da sinistra, è particolarmente sfortunata la scelta di comunicazione: scoprire un fianco a critiche così banali, così facili da evitare.
In un momento di primarie, in un momento in cui il proprio governo sta infilando una norma conservatrice dietro l’altra dietro la guida di un ministro dell’Interno dalle idee politiche… peculiari, questa era l’occasione per ricordare l’anima originaria di questo partito — o per lo meno per illudere ancora un po’ l’elettorato.
Il tono delle risposte che abbiamo ricevuto in queste ore sono figlie della stessa attitudine grazie alla quale il partito ha perso la bussola della sinistra: rifiutando ad ogni occasione di valutare la remota possibilità di — se non essere nel torto — almeno di non essere bravissimi a spiegarsi.
5. A volte serve respiro
In ultimo. Siamo in uno snodo tristissimo per il centrosinistra italiano: l’avanzata delle destre europee e negli Stati Uniti, un discorso che il Pd adombrava quando è stato fondato, si sta inverando rapidamente. Il contesto politico internazionale non potrebbe essere più deprimente, per l’elettorato progressista.
Il governo Renzi, che doveva rappresentare una iniezione di vitalità, è diventato presto un agglomerato di acidità, ritorto su se stesso. Il governo Gentiloni potrebbe non essere nemmeno parte del centrosinistra, per quello che fa, e per come il Pd lo tratta.
Il 25 aprile rappresenta da sempre una fondamentale valvola di sfogo per il “popolo di sinistra,” negarlo, così come si è evitato anche di affrontare i temi storici della sinistra negli ultimi tre anni è un profondo errore tattico — l’elettorato non lo si sta perdendo a colpi di disegni di legge, ma con una piccola presa di posizione alla volta. Spesso infelici, tutte che potevano essere evitate.