Incompiuto Siciliano e la poetica dell’abbandono
L’incompiuto non è soltanto frutto di errori e malversazioni — è il più importante stile architettonico italiano del Dopoguerra.
L’incompiuto non è soltanto frutto di errori e malversazioni — è il più importante stile architettonico italiano del Dopoguerra.
Presso lo Studio Guenzani di Milano è stata ieri lanciata ieri la campagna di crowdfunding per finanziare la pubblicazione di Incompiuto – la nascita di uno stile, il primo libro-catalogo di Incompiuto Siciliano. Abbiamo avuto modo così di scambiare qualche parola con Alberto Caffarelli, di Incompiuto Siciliano e Alterazioni video, con Veronica Caprino di Fosbury Architecture e Antonio Laruffa, per farci un’idea più precisa del progetto.
Incompiuto Siciliano è innanzitutto un progetto artistico, con un’associazione fondata nel 2009 da Alterazioni Video, Claudia D’Aita ed Enrico Sgarbi, per promuovere “lo studio e la ricerca sullo stile architettonico dell’Incompiuto Siciliano, che caratterizza oggi il paesaggio italiano, quale paradigma interpretativo dell’architettura italiana dal secondo dopoguerra fino ad oggi.”
Come precisa Alberto, tutto è nato da un’affermazione, più che da una domanda: lo stile esiste, non bisogna cercarlo — quello che bisogna fare, piuttosto, è mappare. Nello spazio della mostra allo Studio Guenzani questo aspetto viene esposto in maniera intelligente attraverso una serie di ritagli di articoli di giornale che si sono interessati del progetto nel corso degli anni.
Incompiuto Siciliano è quindi un archivio, in continua evoluzione, che conta oggi circa 750 opere incompiute censite e catalogate, sparse per tutta Italia, sebbene la metà di queste si trovino in Sicilia. Alberto, per provare a spiegare questa tendenza, cita una frase di Pietro Germi: “Io credo che in Sicilia siano un pochino esasperati quelli che sono i caratteri degli italiani in generale. Io oserei dire che la Sicilia è Italia due volte, insomma, e tutti gli italiani sono siciliani e i siciliani lo sono di più, semplicemente. La Sicilia, non so, mi attrae per molte ragioni, forse perché è una terra veramente tragica e anche comica, ma soprattutto tragica.”
Esiste un Sistema Informatico di Monitoraggio delle Opere Incompiute (SIMOI), un portale ufficiale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti con il quale è stato fatto un controllo incrociato per verificare lo stato dell’incompiutezza rispetto all’archivio di Incompiuto. Per ironia della sorte, racconta Alberto, proprio il Ministero chiese tempo fa di poter accedere all’archivio dell’Associazione, in quanto alcune opere non erano presenti presso il database del Ministero.
Nel lavoro di Incompiuto Siciliano non manca una vena di ironia. Impossibile non pensare alle tante pagine Facebook, molto seguite, che sfruttano l’appeal degli edifici strani o abbandonati per fare divertire e incazzare allo stesso tempo. Ma Incompiuto Siciliano presenta le opere segnalando la collocazione geografica, l’anno, ed eventualmente la foto dell’autore. Cemento non è sinonimo di cementificazione, come si è soliti pensare, e gli artisti riescono a far passare questo messaggio in maniera molto semplice, ovvero trovando una nuova chiave di lettura che permetta di non saltare dalla sedia per l’ennesima opera non finita o per l’ulteriore bruttura in mezzo al nostro paese utopicamente sempre bello, nei nostri pensieri.
Questo tema anima accese discussioni tra addetti al settore e non, come la Torre Velasca dei BBPR che da sempre divide i milanesi. Ed è normale, data l’incidenza che l’architettura e la sua espressione in termini estetici e tipologici hanno sul nostro quotidiano. Incompiuto Siciliano effettivamente cerca di affermare per mezzo del suo manifesto caratteristiche comuni ai luoghi, appunto, incompiuti, per trovare quelle ragioni che fanno sussistere l’esistenza dello stile stesso, dando nuova vita a tutte le opere incompiute.
Nel manifesto, strutturato in 10 punti, si ritrovano i caratteri storici, sociologici, antropologici e tipologici della ricerca che l’associazione promuove attraverso il suo lavoro.
Incompiuto Siciliano è quindi uno stile. Come hanno scritto i Wu Ming in un breve saggio in apertura di una pubblicazione del progetto sulla rivista Abitare, lo stile è un “tratto che accomuna e distingue, che identifica e coglie il segno di un’epoca. Ricaduta estetica, etica, antropologica. Pratica ripetibile, che sedimenta, stratifica, trova epigoni e variazioni. Fenomeno che fa scuola pur in assenza di un’accademia.” Lo stile è stato trovato o cercato, questo non sappiamo dirlo, ma sicuramente oggi, a distanza di anni dalla nascita di questo progetto, è stato definito, anche per mezzo del manifesto, a voler sancire la volontà di riconoscerlo e capire cosa farsene.
In un certo senso si tratta anche di un viaggio — loro stessi ci tengono ad utilizzare senza riserve il termine Grand Tour, facendo riferimento ai viaggi che studiosi e artisti facevano in Italia per scoprire le bellezze del nostro paese, a partire dal XVIII secolo. C’è la volontà esplicita di inserirsi in questo nobile filone, che negli anni ha saputo trovare sempre nuove interpretazioni del territorio, delle tradizioni, delle sfaccettature che l’Italia può offrire. Una riflessione recente di questo tipo si ritrova in Atlas Italiae di Silvia Camporesi.
https://www.youtube.com/watch?v=vaAykzQ_4kY
La bellezza, vista sotto la lente dell’ironia, offre una chiave di lettura diversa delle strutture che costellano il nostro territorio e che spesso vengono semplicemente bollate come ecomostri — un termine che prende in considerazione unicamente le qualità estetiche degli edifici, senza soffermarsi sull’impatto che tutti gli ecomostri hanno sul territorio nel suo complesso. Non si dà alcuna possibilità di sopravvivenza a strutture che contro la nostra volontà, comunque, restano.
In questo senso, il lavoro di Incompiuto Siciliano è diretto anche alla conservazione della memoria: oggi ricordiamo Pompei, domani non lo sappiamo. Il suggerimento è quello di non dimenticarsi che in Italia purtroppo esistono “monumenti al contrario,” come definiscono gli autori le opere censite. È da queste riflessioni che è stato proposto a Giarre, la città prototipo di incompiutezza, la realizzazione di un parco archeologico dell’incompiuto, che ha visto la realizzazione di un concorso di idee che, anche se per questioni di fondi ancora non ha visto la luce, ha permesso di realizzare un percorso punteggiato di segnaletica e di cartellonistica — la premessa o l’idea di un futuro parco archeologico compiuto dell’incompiuto.
Il libro-catalogo, dunque, è solo l’ultima incarnazione di un progetto per sua natura fluido e multiforme — che riguarda da vicino ognuno di noi, come italiani circondati dall’incompiuto. Incompiuto Siciliano ha alzato la mano: vedremo chi altro sarà capace di dare una risposta altrettanto coesa.
La mostra sarà aperta al pubblico fino al 21 maggio presso lo Studio Guenzani in via Eustachi, 10, Milano.
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