Il confine tra i due paesi è teatro di scontri e rivendicazioni da quasi un secolo. Ma fortificarlo danneggerà più i rifugiati e le persone comuni che i terroristi talebani.
I muri di confine vanno di moda — per essere un governo al passo con i tempi è indispensabile dotarsene. Dal Rio Grande all’Ungheria, passando per la Cisgiordania, sotto forma di muri veri e propri o semplici recinzioni militarizzate, il muro è diventato un tema simbolico forte del 2017.
Il nuovo arrivato nella famiglia correrà lungo un confine poco raccontato ma altamente conflittuale: quello tra Pakistan e Afghanistan. Il governo di Islamabad, infatti, ha annunciato la costruzione di una recinzione presidiata, con l’obiettivo dichiarato di ostacolare i movimenti dei guerriglieri talebani nella regione.
Imposto dalle autorità coloniali britanniche, il confine tra i due paesi (noto come Durand Line) è lungo quasi 2500 chilometri, perlopiù montuoso e storicamente non riconosciuto dall’Afghanistan — sin da prima che il Pakistan esistesse. Teatro di scontri dalla fine degli anni Quaranta, sfruttata da Pakistan e Stati Uniti per l’infiltrazione dei mujahideen oltre confine in funzione anti-sovietica, contestata tanto dai Talebani quanto dal governo di Hamid Karzai, la linea Durand è tuttora un caso geopolitico irrisolto.
Gli scontri armati tra militari afghani (o guerriglieri talebani) e pakistani al confine sono frequenti. Difficilmente presidiabile, il confine è riconosciuto come uno dei più pericolosi al mondo ed è ampiamente sfruttato anche per il contrabbando di qualsiasi cosa.
Una prima recinzione lungo la Durand Line, nell’area del Belochistan, è stata già completata nel 2016, dopo almeno tre anni di lavori, e si estende per oltre mille chilometri. A febbraio scorso, dopo una serie di attentati suicidi che hanno causato più di cento morti nel giro di una settimana, che ha causato almeno 90 morti e centinaia di feriti, il governo pakistano ha deciso di bloccare del tutto il confine, chiudendo i due principali punti di passaggio di Torkham e Chaman. Il confine è stato riaperto pochi giorni fa, il 20 marzo, per ragioni umanitarie.
La Durand Line non è attraversata infatti soltanto da terroristi e contrabbandieri, ma anche e soprattutto da centinaia di migliaia di rifugiati afghani — che spesso in Pakistan vanno incontro a persecuzioni e discriminazioni — oltre ad essere fondamentale per la circolazione di generi alimentari, beni di consumo e lavoratori da una parte all’altra del confine — che, è bene ricordare, taglia artificialmente a metà un territorio abitato da popolazioni pashtun.
La scelta di completare la fortificazione del confine rappresenta un nuovo atto di forza di Islamabad — che però, com’è prevedibile, finirà per danneggiare più i rifugiati e le persone comuni che vivono lungo il confine, che i guerriglieri talebani. Un portavoce del Ministero dell’Interno afghano ha detto ad Associated Press che le autorità del paese non hanno ancora visto nessun segno dell’inizio dei lavori di costruzione, ma che il governo si muoverà per prevenirlo. È difficile, insomma, immaginare come la scelta di fortificare il confine possa contribuire a pacificare una regione martoriata da quasi un secolo di conflitti.
Quasi contemporaneamente, la febbre dei muri ha contagiato anche la vicina India: il Ministro dell’Interno di Nuova Delhi, Rajnath Singh, ha annunciato sabato che il governo si muoverà per sigillare i confini con il Pakistan e il Bangladesh entro il 2018.