Il Congresso americano ha fatto un regalo da 19 miliardi alla NASA, ma non è tutto oro quel che luccica
La concessione finanziaria di 19,5 miliardi di dollari porta con sé infatti obiettivi ben precisi.
Il Congresso degli Stati Uniti – l’organo legislativo americano che comprende Senato e Camera dei rappresentanti – ha approvato questa settimana la proposta di legge per concedere 19,5 miliardi di dollari alla NASA, accompagnando la concessione finanziaria a degli obiettivi ben precisi.
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Il documento richiede all’agenzia spaziale un diretto impegno nel portare l’uomo “vicino o sulla superficie di Marte entro il 2030” e più in generale la dedizione in tutte le attività che aiutino l’uomo a esplorare i confini extraterrestri. Dimenticando dunque il piano di catturare asteroidi per portarli nelle vicinanze dell’orbita terrestre e proiettando i propri progetti di ricerca verso la colonizzazione spaziale. Ma 19 miliardi sono tanti e Marte non è l’unico pianeta sotto l’attento occhio della bandiera a stelle e strisce: il Congresso ha anche indicato Giove (nello specifico il suo satellite Europa) come ulteriore punto chiave dell’esplorazione spaziale, questa volta attraverso strumentazioni simili ai rover inviati sul pianeta rosso. Le 146 pagine della proposta di legge non escludono anche un investimento sulla ricerca di sistemi innovativi per lo sviluppo di velivoli ipersonici e supersonici in grado di migliorare le capacità di trasporto di esseri umani e beni.
L’approvazione al Congresso è stata tanto benefica quanto imprevista — a settembre una prima bozza era stata approvata in Senato, ma pochi si aspettavano che sarebbe passata anche alla Camera con una cifra di contributi così alta. Decisivo è stato il supporto dell’ala repubblicana, spronata probabilmente dalle ambizioni spaziali del neoeletto presidente Donald Trump. “Questa legge conferma l’importanza della NASA nel garantire che l’America rimanga un leader nell’esplorazione spaziale” ha dichiarato Lamar Smith, senatore repubblicano e presidente del House Science Committee.
Le stringenti imposizioni sull’esplorazione extraplanetaria si collocano all’interno del piano politico di Trump per disincentivare la ricerca sul cambiamento climatico — favorire la basic science rispetto alla politicized science. Era dal 2010 infatti che una legge a favore dell’ente governativo spaziale non era approvata da entrambe le camere, nei passati sette anni svariate bozze sono state proposte ma nessuna è riuscita a passare al Senato. Non è difficile dunque interpretare il silenzio e l’approvazione di una cifra simile da parte delle due camere come il piegarsi alle indicazioni della presidenza — questo o la space propaganda ha un effetto molto più invadente di quanto potessimo immaginare.
All’abbattimento della ricerca per il climate change si aggiunge anche il sempre più immediato bisogno per l’America – e i suoi programmi spaziali – di rendersi autonoma rispetto all’aiuto fornito dall’agenzia spaziale russa. In questa guerra fredda dello Spazio, la Russia detiene un ruolo per niente marginale, contribuendo all’invio di materiali e scorte sulla Stazione Spaziale Internazionale. Per cancellare del tutto il rivale dalla corsa spaziale, SpaceX (il cui fondatore Elon Musk ha ballato fin da subito il valzer con il nuovo presidente) è l’arma segreta dell’America di Trump.
Non è un caso quindi che la Nasa, che da qualche anno si è affidata alla compagnia di Musk per lo sviluppo di nuove tecnologie, abbia ora l’obbligo di alimentare tali ricerche con una cifra di 19 miliardi di dollari.