“Queste opere di urbanistica sono fatte sì di strade, di fognature, d’impianti idrici, arborei e di costruzioni, ma anche di “abitato,” nel senso più vasto della parola, che indica interessi e abitudini locali, sapere che in un certo luogo esiste un quartiere di abitazioni, considerarlo inserito nel quadro della città, abitarlo o volerlo abitare.”
—Piero Bottoni, commissario straordinario VIII Triennale di Milano, 1954
Era il “quartiere giovane,” il simbolo della rinascita del secondo dopoguerra, quello edificato sulle macerie delle case distrutte dai bombardamenti. Il progetto era stato presentato in occasione dell’VIII Triennale del 1947 — la prima dopo la guerra, interamente dedicata al tema della casa — dall’architetto e commissario straordinario Piero Bottoni, e abbracciava quella zona di Milano nord-ovest che lo stesso Bottoni aveva definito come “la periferia più adatta alla riqualificazione, o più in generale alla creazione di un nuovo centro residenziale.”
E così è stato: attorno alle macerie che andarono a innalzare il Monte Stella — più noto ai residenti come “Montagna de San Sir,” la Montagnetta di San Siro — sarebbe sorto un nuovo quartiere residenziale, sperimentale e innovativo nella scelta delle soluzioni abitative. È qui infatti che sarà costruita la prima casa multipiano INA-CASA di Lingeri e Zuccoli, il modello di casa popolare concepita come cellula abitativa composta da due locali più servizi, dunque una serie di alloggi di piccola dimensione caratterizzati dalla presenza di ballatoi esterni.
“Nel progetto originario, doveva esserci una linea verde che collegasse Molino Dorino al Monte Stella, zona che è stata poi edificata, dove sorge adesso il centro commerciale Bonola. Negli anni Settanta, quando è stata costruita la linea rossa della metropolitana, voleva essere poi prolungata verso il Gallaratese, ma in superficie — come accade per il capolinea della linea verde. Sono stati i comitati di quartiere, grazie a una mobilitazione popolare — era forte la presenza del PCI, visto che si trattava di un quartiere operaio — a vincere questa battaglia, e a far sì che il prolungamento della linea rossa venisse interrato,” racconta Jacopo, nato e cresciuto al Gallaratese, i cui genitori sono tra gli abitanti storici del quartiere. “Sicuramente questa zona ha un altissimo tasso di vivibilità, sia per la grande quantità di verde pubblico, sia per il tutto sommato basso tasso di criminalità che c’è rispetto ad altre zone periferiche di Milano.”
Quasi tutte le case popolari qui sono infatti a riscatto, e non ad affitto: “Ormai nel quartiere siamo quasi tutti proprietari e pochi affittuari” aggiunge Jacopo, ma questa situazione è destinata a cambiare a breve. Gli abitanti storici del Gallaratese – arrivati, giovani, principalmente negli anni Settanta – sono ormai anziani: per via del progetto del comitato di scienziati Human Technopole, per il Piano Periferie, e a causa del probabile spostamento di Città Studi a Rho, chi vive al Gallaratese racconta il rischio della conversione del quartiere a nuovo centro universitario, con tutto ciò che ne consegue, sia dal punto di vista dell’aumento del canone degli affitti, sia dal punto di vista degli abitanti storici, che probabilmente saranno portati a spostarsi verso l’esterno, dunque verso la provincia.
Ma la vera problematica del Gallaratese sembra essere la mancanza di un tessuto sociale, imputabile a diversi fattori. Secondo molti residenti sarebbe proprio la presenza del centro commerciale Bonola, che fa da polo aggregativo per le circa 40 mila persone che vivono nel quartiere, a strozzare di fatto qualsiasi altra forma di commercio di prossimità, che invece contribuirebbe a creare e consolidare forme di aggregazione: “Ad esempio il Giambellino, per quanto sia un quartiere più problematico, o la stessa zona di via Padova e viale Monza sono quartieri molto più vivi, dove sopravvivono tutte le piccole attività commerciali e se ne insediano di nuove, libere e non soffocate dalla presenza di un centro commerciale.”
Lo stesso fatto che il mercato comunale di QT8 sia abbandonato è indicativo, e probabilmente legato alla presenza del Bonola e dell’Iper Portello, a breve distanza. C’era anche una serie di mercatini di prossimità all’interno dei blocchi di case: nessuno di questi è sopravvissuto. “Guardando la cartina dall’alto, il Gallaratese appare composto di veri e propri blocchi o isolati” spiega Jacopo, “Quasi secondo il modello tipicamente americano. Inizialmente il Gallaratese veniva chiamato “quartiere aperto” perché non c’erano recinzioni, ed era facile percorrerlo da parte a parte solo attraversando due strade.”
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Lo stesso complesso di case Monte Amiata, la grossa costruzione a San Leonardo, all’inizio era stato progettato perché non avesse una recinzione esterna: “Mettere delle recinzioni ha bloccato e ostacolato parecchio la dimensione di comunicabilità del quartiere, creando stanze laddove non ce n’erano.” Si sta comunque consolidando negli ultimi anni una buona rete associativa, costituita attorno alla rete Quartiere Aperto, e sono diverse anche le associazioni sportive: “Il fatto che i ragazzi del quartiere facciano tanto sport fa la differenza dal punto di vista dell’aggregazione giovanile, diminuendo anche il tasso di microcriminalità.”
L’area più problematica sembra concentrarsi attorno a via Bolla/via Appennini, storicamente isolate dal resto del quartiere dalla presenza di aziende – la zona era semi-industriale. Dà su via Gallarate, ed è mal servita dai mezzi pubblici. La particolarità di via Bolla consiste nel fatto che si tratta di case popolari tutte ad affitto e non a riscatto, fatto che crea una differenza sostanziale nella tipologia di utenza e abitanti.
Ma al Gallaratese sarebbero dovute passare anche le famose vie d’acqua, ai tempi di Expo 2015. Una delle aree interessate comprendeva il grande terreno che si trova alla fine di via Appennini, situato tra le alte palazzine e la centrale termica, oggetto di contenzioso tra Salvatore Ligresti e il Comune di Milano e tra i motivi per cui la realizzazione del progetto è stata interrotta e abbandonata. Il terreno è infatti di proprietà dell’imprenditore catanese ormai in bancarotta, coinvolto in passato prima nello scandalo delle Aree d’oro — che ebbe come conseguenza la totale dimissione della giunta presieduta da Tognoli — e poi in quello di Tangentopoli, che gli valse qualche mese tra le mura del carcere di San Vittore con l’accusa di corruzione.
“Il terreno contiene metalli pesanti, non si sa di quale origine. Nella costruzione delle case subito accanto al terreno, avvenuta circa una ventina d’anni fa, Ligresti, come ordine di urbanizzazione, avrebbe dovuto bonificare l’area. C’è stata una disputa su chi dovesse sostenere i lavori di bonifica: il Comune di Milano ha fatto un preventivo per la bonifica tarato su un determinato livello di inquinamento – livello che Ligresti, a fronte di rilevamenti effettuati dai suoi tecnici, ha definito errato, perché troppo elevato. E dunque si è rifiutato di procedere con la bonifica.” Di fatto, sono più di vent’anni che il terreno risulta bloccato.
Una sorte simile è capitata al bosco di robinie di via Chiarelli, a Uruguay, anch’esso di proprietà di Ligresti, che lì avrebbe voluto edificare. “Il Comune gli ha negato il permesso, e Ligresti semplicemente ha deciso di recintarlo di lamiere: non potendo costruire, ha preferito sottrarlo al quartiere. Il risultato è una zona frequentata soprattutto da tossicodipendenti e in cui è sorta una discarica abusiva. Parte del terreno è poi stata ceduta da Ligresti al Comune, che in cambio gliene ha affidato un altro di uguali dimensioni tramite una perequazione,” ci racconta Jacopo.
Di queste tematiche e di molte altre si occupa Jacopo insieme ai ragazzi di Stare al Galla, l’associazione di quartiere che intende riportare il Gallaratese alla sua dimensione di socialità, aggregazione e solidarietà, e così creare una rete associativa più forte, solida e nuova, sia attraverso momenti di condivisione di musica, sport e cultura, ma anche attraverso un dibattito consapevole e collettivo sulle problematiche e sulle potenzialità del quartiere.
Per conoscere i ragazzi di Stare al Galla, l’appuntamento è per il prossimo sabato 11 marzo alla ASD Polisportiva Garegnano in via Lampugnano, al civico 80, dove si terrà una cena gratuita organizzata dagli abitanti del quartiere, per il quartiere.
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Abbandonato da anni, il Mercato Comunale di via Isernia è ormai diventato un rifugio per senzatetto, prostitute e, secondo alcune testimonianze, addirittura terreno di scontro per combattimenti tra cani. Questo luogo sarà uno dei centri di maggior interesse nel progetto “Fare Milano,” il maxi investimento deciso dal Sindaco e dal Governo per la riqualificazione delle periferie meneghine. Il Casva, il Centro di Alti Studi sulle Arti Visive, troverà infatti nuova sede proprio nell’ex Mercato Comunale. Il progetto prevede un archivio seminterrato, un centro per mostre, convegni, eventi culturali e un bar. La decisione di spostare l’istituto – che si occupa prevalentemente di architettura e urbanistica – dal Castello Sforzesco a QT8 diventa simbolica, dato che il quartiere è nato proprio da piani abitativi innovativi e sperimentali per l’epoca.La Parrocchia di Santa Maria Nascente di via Isernia fa parte del progetto iniziale di riqualificazione di QT8. Costruita su base ottagonale, è stata una delle prime “chiese moderne,” i luoghi di culto sorti sul suolo italiano durante la seconda metà del Novecento.Il Monte Stella, o “Montagnetta di San Siro,” sorta utilizzando le macerie dei bombardamenti che colpirono Milano durante la Seconda Guerra Mondiale. La collina, oltre a essere un elemento fondamentale dello skyline milanese, è meta ideale per chi fa sport.Dalla vetta della Montagnetta di San Siro — a 50 metri d’altezza rispetto alla città — si può vedere tutta Milano, con i suoi monumenti e i suoi grattacieli.Sempre dalla vetta, voltandosi dall’altra parte, si può vedere l’altra faccia di Milano, la periferia. In questo caso, oltre l’imponente stadio Meazza, il quartiere QT8, Lampugnano, Bonola e Molino Dorino. Insomma, il Gallaratese.Le case popolari di via Cilea, altro punto d’interesse del progetto di riqualificazione “Fare Milano”. Questi sono alcuni dei “casermoni” costruiti durante il secondo dopoguerra, quando Milano cambiava volto e diventata una città operaia.I primi segni di una rinascita del tessuto urbano si possono vedere anche nei pressi di via Appennini e via Bolla, grazie alla creazione di un parco giochi per i bambini e soprattutto per Gallab, una ex falegnameria convertita a spazio di lavoro comunitario, dove sono stati attivati laboratori di ceramica e serigrafia creati apposta per la comunità del Gallaratese. Il progetto, nato da una raccolta fondi civica, è diventato un punto focale sia per i giovani che per gli altri abitanti del quartiere.“Non abbiamo un bancomat e il consultorio più vicino è quello di Quarto Oggiaro” lamenta una mamma del quartiere. Gran parte dei fondi dedicati al Gallaratese saranno infatti dedicati ai servizi più che alle grandi opere, alcune delle quali iniziate anni fa e ormai in via di conclusione.“In questo luogo doveva sorgere il cinema teatro, un sistema di piazze e portici, su cui dovevano affacciarsi i negozi che dovevano dare a questo quartiere il suo carattere urbano. Che cosa manca essenzialmente? Manca il cuore.” Un’anziana residente del Gallaratese commenta così l’assenza di un vero e proprio centro del tessuto urbano locale, soffocato dalla presenza del centro commerciale Bonola, principale causa della mancata sopravvivenza del piccolo commercio.Non si può negare che il centro commerciale di fine anni Ottanta conservi ancora un suo fascino e che sia sicuramente un luogo di riferimento per tutta la comunità. Al suo interno, oltre ai negozi, è presente anche la biblioteca di zona, recentemente rinnovata.All’interno dell’Istituto Tecnico Gentileschi si trova la Casa delle Culture del Mondo, un luogo immerso nella tranquillità del parco scolastico e a disposizione di studenti e residenti.Casa delle Culture del Mondo, interno.I luoghi d’aggregazione, come per la Bovisa, non sono il punto forte del quartiere, anche se alcune attività sopravvivono e continuano a essere dei punti di riferimento per i giovani della zona. Il nuovo Mare Culturale Urbano, per esempio, è uno dei migliori locali della zona, vicino a San Siro, con un ampio cortile interno e una sala per concerti, feste e serate. Insieme Mare Culturale Urbano a Trenno si trova la trattoria storica La Ratera, mentre in zona Uruguay il Convito si è aggiunto ai poli d’aggregazione presenti nel quartiere.Mare Culturale Urbano, interno.
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