Giorgio Poi secondo Giorgio Poi

Esotismo e Loredana Bertè: abbiamo scambiato due parole con Giorgio Poi, prima del suo concerto di venerdì scorso a Milano.

Giorgio Poi secondo Giorgio Poi

Foto di Roberta Gialotti

Sono state spese tante parole per descrivere la musica di Giorgio Poi, con paragoni che spaziano dai Tame Impala a Sanremo. Le sue canzoni — raccolte nell’album Fa niente, uscito per Bomba Dischi il 10 febbraio scorso — promettono qualcosa che va oltre il tormentone o la semplice riscoperta del vintage: una ventata d’aria fresca che arriva dall’Europa, ma che nasce in Italia e qui ritorna.

Venerdì 3 marzo siamo andati a sentirlo al circolo Serraglio — che si conferma come uno dei migliori posti dove ascoltare musica dal vivo a Milano — ma prima abbiamo voluto fare quattro chiacchiere con lui.

Dove ti trovi al momento? Sei in Italia?


Sì al momento sono a Roma, domani vado a Berlino e poi arrivo direttamente a Milano.

A Milano è la prima data?


A Milano sì, ma abbiamo già fatto due concerti lo scorso fine settimana a Pesaro e a Savignano sul Rubicone.

Raccontaci un po’ la tua storia.


Ho iniziato a suonare quando avevo 12 anni. Alle medie avevo una professoressa di musica con cui non andavo tanto d’accordo perché non volevo suonare il flauto. Filava tutto liscio: avevamo questo accordo per cui io non suonavo. In terza media pero se n’è andata, è arrivata un’altra professoressa che invece ha detto: “Eh no, devi iniziare anche tu a suonare, non puoi restare indietro.” Allora mi sono inventato di saper suonare la chitarra ma in realtà solo perché la suonava mio fratello. Ho pensato di farmi insegnare due cose e così ho iniziato e non ho più smesso.

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Sei rimasto per un po’ in Italia?


Fino a vent’anni. Poi sono andato a Londra, dove ho frequentato il conservatorio. Sono rimasto lì un po’ di anni e poi mi sono parzialmente spostato a Berlino. Mi sono sempre mosso tra queste due città. In quel momento suonavo con i Vadoinmessico che poi sono diventati i Cairobi.

E poi hai deciso di fare musica in italiano. Come mai proprio ora?


A un certo punto mi sono reso conto che il mio percorso musicale mi stava portando sempre più verso l’Italia, proprio a livello di suoni. Ho pensato di assecondare completamente questa cosa e di provare a scrivere in italiano. La musica italiana mi piace molto, posso dire di esserne un fan: la trovo molto esotica, nonostante io stesso sia italiano.

In che senso esotica?


Probabilmente perché è qualcosa che osservo da lontano, qualcosa di strano che però conosco perché ci sono cresciuto. Insomma, ho sviluppato un rapporto particolare con la musica di questo paese.

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Tra i pezzi che proponi dal vivo c’è anche una cover di Mare d’inverno di Loredana Bertè.


Sì, è una canzone che mi piace molto, tutto qui. Mi divertivo a cantarla, così ho pensato di farla col gruppo.

Come nasce un tuo testo?


Il testo lo lascio sempre per ultimo: creo l’arrangiamento, penso alla melodia della voce, accenno delle parole che potrei avere voglia di cantare in quel particolare punto e poi mi siedo e dico “ok, scriviamo un testo, vediamo di cosa parlerà la canzone”. Sono le parole stesse a plasmare l’oggetto del testo, cioè io scelgo delle parole di cui mi piace il suono e alla fine cerco fondamentalmente di ritrovarmici dentro. Il senso della canzone, il suo percorso lo indirizzo a mano a mano che vado.

Quasi un approccio scientifico, come se partissi da una situazione generica per poi sezionarla.


In alcuni punti forse sì. Ci sono dei giochi di parole che magari possono essere un po’ cervellotici, ma sono degli scherzi. Per il resto no in realtà, sono abbastanza istintivo. Dico quello che mi va di dire nella maniera che mi sembra più efficace.

Quanto è importante, nella tua vita e nella tua musica, la geografia dei luoghi?


È molto importante. La geografia è stata il filo conduttore della mia vita. Sono stato in vari posti e in ognuno di questi ci sono stato felicemente ma anche con tutte le turbe che derivano dallo spostarsi. Sia le cose belle che quelle negative vengono fuori nelle canzoni, perché questo poi è la mia vita.

Il video del primo singolo estratto da Fa niente, Niente di strano, ha come protagonista Luca Marinelli. Com’è nata questa collaborazione?


Io e Luca siamo amici dai tempi del liceo. Lui è stato anche il primo a sentire la maggior parte delle canzoni di questo disco poiché anche lui era a Berlino in quel periodo. Ci è sembrato bello fare un video insieme.

Fa niente è appena uscito ma in realtà se ne parlava già da mesi come di uno degli album italiani più attesi del 2017, non ti spaventa tutta questa aspettativa nei tuoi confronti?


Mah, no. Non ci avevo mai pensato più di tanto. Semplicemente mi sono molto concentrato sul fare il disco migliore che potessi fare. Poi, una volta concluso, sono stato contento del risultato. Ovviamente avevo intenzione di andare in giro a suonare il più possibile, quindi, per poterlo fare, qualcuno questo disco lo doveva sentire.

Stai iniziando adesso il tour in Italia e, ci chiedevamo, che effetto ti fa? Ti sembra di andare all’estero a suonare o è più un tornare a casa?


In questo momento sono molto eccitato perché suonare è qualcosa che ho fatto un pochino con i Vadoinmessico e Cairobi ma nel complesso non tantissimo. Direi che il numero di concerti che ho fatto nella mia vita è molto più alto all’estero rispetto che in Italia. Perciò sono molto contento di iniziare a suonare qua. In realtà uno dei motivi per cui ho fatto il disco in italiano era anche perché volevo viaggiare proprio in Italia, avere la speranza di venire a suonare qui.