Per le donne lavorare in Uber deve essere un inferno
Uber è travolta da un nuovo scandalo per molestie sessuali, dopo l’ennesimo caso di abuso, questa volta da parte di un manager.
Uber è travolta da un nuovo scandalo per molestie sessuali, dopo l’ennesimo caso di abuso, questa volta da parte di un manager. L’amministrazione dell’azienda continua ad affrontare il problema senza nessuna efficacia: e non è difficile capire perché.
Durante la notte l’amministratore delegato di Uber, Travis Kalanick, ha annunciato che l’azienda ha assunto un ex procuratore generale — Eric Holder — per condurre un’indagine interna sui problemi di sessismo e abusi all’interno dell’azienda. Lo scandalo attorno a Uber si è riacceso quando due giorni fa l’ingegnera Susan J. Fowler ha pubblicato un lungo post in cui racconta perché ha lasciato Uber per Stripe.
È la risposta piú forte che ci si potesse aspettare da Kalanick, ma — oltre a essere insufficiente — suona completamente falsa. Nel memo che l’amministratore ha mandato all’azienda, pubblicato da Kara Swisher su Recode, Kalanick scrive:
“Ogni dipendente di Uber dovrebbe essere fiero della cultura che abbiamo e di quello che costruiamo insieme. (…) È la mia priorità numero uno che usciamo da questa (crisi) come una organizzazione migliore, dove viviamo con i nostri valori e combattiamo per supportare chi prova (enfasi nostra) ingiustizie.”
Questa risposta è patetica.
Per capire meglio la situazione all’interno dell’azienda, la fonte migliore sono le parole vive della stessa Fowler. Due giorni fa ha scritto sul proprio blog: “Uber era una società di medie dimensioni all’epoca, e avevo credevo di sapere come avrebbero gestito una situazione come questa: mi aspettavo che avrei dovuto segnalare la cosa al dipartimento di Risorse Umane, che avrebbero gestito la situazionei in modo appropriato, e che la vita sarebbe andata avanti — sfortunatamente, le cose non sono andate proprio così. Quando ho denunciato la situazione, sia Risorse Umane che il mio manager mi hanno detto che, sebbene fossero effettivamente molestie sessuali, questa era la prima volta che quell’uomo si comportava così e non si sentivano a proprio agio nel dargli altro che una sgridata e un avviso. I piani piú alti mi hanno detto che era un “high performer” (ovvero, i suoi superiori gli avevano lasciato ottime recensioni) e non erano a proprio agio a punirlo per quello che certamente era un errore innocente da parte sua.”
Come si molesta una persona per un errore innocente? Non lo sappiamo, ma Uber promette di sostituire tutti i molestatori con intelligenze artificiali entro la fine del decennio.
Fowler continua: “Nei mesi successivi ho incontrato altre donne ingegnere che lavoravano per Uber. Sono rimasta sorpresa quando ho scoperto, conoscendole, che alcune avevano storie molto simili alla mia. Alcune di loro mi hanno raccontato anche di aver avuto problemi proprio con lo stesso manager che avevo segnalato, e che avevano notificato interazioni inappropriate da parte sua persino precedenti alla mia assunzione. Era ovvio che sia Risorse Umane che i nostri manager stessero mentendo sul fatto che fosse la sua “prima infrazione,” e certamente non sarebbe stata nemmeno l’ultima. Nel giro di pochi mesi è stato segnalato di nuovo per comportamenti inappropriati, e tutti quelli che lo segnalavano ricevevano la stessa risposta – che fosse la sua “prima offesa.”
La risposta di Kalanick è arrivata ieri solo grazie all’enorme pressione che i media e la blogosfera statunitense hanno esercitato sull’amministrazione di Uber — ma l’amministratore sembra non credere a una parola di quello che scrive e l’azienda ha dimostrato infinite volte di non dare nessun peso al problema.
Due anni e mezzo fa (!) l’azienda aveva agitato le mani per mandar via lo scandalo di diversi abusi da parte di autisti. Tutto era partito da questo caso di un autista che aveva proposto sesso orale a una cliente mentre erano in marcia, un problema che all’epoca era già di vecchia data — come segnalato in questo articolo di Business Insider, che cita come soluzione una altrettanto genuina promessa di risolvere i problemi di sessismo di Uber risalenti a un altro anno prima.
Dopo un po’ di mugugni la risposta dell’azienda fu molto semplice: gli incidenti non erano veri, e se anche lo fossero stati, Uber non sarebbe stata responsibile, per cui, in pratica, su di dosso.
In un’intervista con GQ del 2014, Kalanick si vantava del suo improvviso successo con le donne, dicendo che invece di un boomer, un manager di successo, fosse piuttosto un … boob-er, che letteralmente potrebbe essere tradotto come “tettaiolo.” Nella stessa intervista l’amministratore si lamenta di tutto il tempo che passa a parlare nei comuni delle grandi città dove all’epoca Uber si stava espandendo anche se era ancora illegale — nel caso vi foste dimenticati, sì, hanno fatto anche quello — dicendo che avrebbe di gran lunga preferito passare le giornate in hotel esclusivi extralusso come “lo Shore Club, o lo SLS.”
Eric Holder non potrà risolvere i problemi di sessismo in Uber. Sono irrimediabilmente intrecciati nella cultura aziendale, da quando Uber era una startup riunita attorno alla figura di paninaro carismatico di Kalanick, e si sono trascinati fino a ora. Questa volta, almeno, non hanno reagito allo scandalo minacciando i giornalisti che ne parlavano.