Ogni inverno l’emergenza smog nelle grandi città è sempre uguale, e gli interventi presi sono sempre troppo timidi.
Secondo quanto riporta La Stampa, la Commissione Europea starebbe preparando una mega-sanzione contro l’Italia — potenzialmente fino a un miliardo di euro — per l’infrazione reiterata delle norme sulla qualità dell’aria. Si tratterebbe di due “pareri,” attesi rispettivamente per febbraio e marzo, il primo sullo sforamento dei limiti di biossido di azoto — che per il 40% è causato dai motori diesel — il secondo sulle “polveri sottili” Pm10.
La notizia arriva dopo cinque mesi particolarmente neri per l’aria che respiriamo, specialmente in pianura padana. A Milano, il limite dei 35 giorni annui consentito dalle direttive europee per rimanere oltre la soglia di 50 microgrammi/mc di Pm10 è stato superato a ottobre scorso — e si tratta di un limite già piuttosto largo. Milano è comunque in buona compagnia: ad aver superato il limite nel 2016 è stato un capoluogo su 3.
Come si legge nel rapporto Mal’Aria 2017, presentato il 30 gennaio da Legambiente, nei primi 25 giorni dell’anno 9 città italiane hanno sforato i limiti giornalieri per più di 15 giorni, talvolta con livelli di polveri sottili superiori fino a cinque volte tanto la soglia raccomandata dall’OMS (è sempre il caso di Milano).
Basta farsi un giro sul sito dell’ARPA, l’agenzia che si occupa del monitoraggio della qualità dell’aria, per avere un’impressione visiva dello scenario dell’orrore di cui stiamo parlando.
Gli allarmi sulla qualità dell’aria potrebbero essere scritti con il copia–incolla da almeno una decina d’anni: ogni inverno è la solita storia, poi arrivano pioggia e vento e non se ne parla più per qualche settimana; poi, di nuovo. E gli interventi per contrastare l’emergenza — che ormai è ridicolo definire tale — sono sempre gli stessi inadeguati palliativi: timidi e limitati stop alla circolazione dei veicoli più inquinanti e domeniche senza automobili, ma sempre escludendo ossequiosamente l’ora di punta serale.
Non mancano le misure a lungo termine, che senza dubbio hanno contribuito al miglioramento relativo che si è registrato negli ultimi anni — la sostituzione delle caldaie più inquinanti, la diffusione di impianti di teleriscaldamento, il miglioramento della viabilità pubblica e la lenta transizione verso un modello di mobilità cittadina sempre meno incentrato sull’automobile.
Ma il cambiamento è troppo lento, e non può tenere il passo con il bollettino da guerra quotidiano dello smog: secondo i dati diffusi dall’Agenzia europea dell’ambiente a novembre scorso, in Europa sono 467 mila le persone che muoiono prematuramente per colpa dell’inquinamento atmosferico.
Viene spontaneo chiedersi, allora, perché le amministrazioni locali non prendano provvedimenti davvero radicali per contrastare il problema. Chi lo impedisce? Cosa lo vieta? Per esempio, abolire la circolazione dei veicoli diesel in città — ma non entro il 2025, come programmano di fare Parigi, Madrid, Atene e Città del Messico, né in particolari giorni o in determinate fasce orario, ma subito e definitivamente. O, ancora meglio, abolire le automobili tout court, come pianifica di fare Oslo entro il 2019.
Ovviamente si tratterebbe di misure clamorose, costose e, soprattutto, largamente impopolari. Ma uno shock di questo genere sarebbe indispensabile per forzare un cambiamento che in gran parte dipende anche dalle abitudini individuali. L’inquinamento cittadino è un classico caso di esternalità diffusa: tutti ne paghiamo le conseguenze, ma il danno collettivo è superiore ai danni individuali, che sono meno evidenti e più distribuiti nel tempo. Per questo manca l’incentivo a modificare il proprio stile di vita, le proprie abitudini di mobilità — siamo i tipici automobilisti che si lamentano di essere bloccati nel traffico.
Meglio continuare a combattere lo smog in silenzio, senza disturbare nessuno? La lotta all’inquinamento passa attraverso la lotta a un sistema economico-produttivo che ha già da molto tempo dimostrato la propria insostenibilità. La transizione avverrà, inevitabilmente, ma nel frattempo il prezzo che stiamo pagando per la sua lentezza, tutti, è drammaticamente alto.
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