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Abbiamo intervistato Evan Wolfson, ideatore della campagna Freedom to marry, per il raggiungimento del matrimonio egualitario negli Stati Uniti.

Domenica 29 gennaio, presso la sede di Arcigay Milano si è svolto un incontro con Evan Wolfson, famoso avvocato statunitense. L’evento è stato organizzato dai giovani volontari del Gruppo Donna e del Gruppo Giovani della medesima associazione. Era presente anche Gabriele Piazzoni, segretario di Arcigay nazionale.

Evan Wolfson, 59 anni, ha il merito di aver ideato la campagna Freedom to marry, che ha portato al raggiungimento del matrimonio egualitario negli Stati Uniti. Il progetto di Wolfson ha avuto origine nel 1983, quando con la sua tesi di laurea ad Harvard ha dimostrato che il matrimonio tra persone dello stesso sesso è un diritto costituzionale, e perché la discriminazione e l’esclusione di gay e lesbiche all’interno di tale istituzione fosse sbagliata. Tuttavia, la campagna vera e propria ha visto la luce solo nel 2003.

Il principale punto di forza della Freedom to marry è stato quello di prendere la fisionomia di una vera e propria campagna pubblicitaria: un lavoro di team su scala nazionale che ha portato alla creazione di video, immagini e slogan sui più svariati canali di comunicazione, con l’obiettivo di sottolineare l’importanza del matrimonio e far ricredere in positivo l’opinione pubblica. Questa strategia ha portato Wolfson ad essere nel 2008 tra le 100 persone più influenti al mondo secondo Time.

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L’incontro di domenica scorsa è avvenuto a distanza di circa un anno da #SvegliatItalia, manifestazione che ha visto coinvolto tutto il Paese per il raggiungimento del matrimonio egualitario. Tra gli attivisti è considerato l’evento che ha dato la spinta definitiva al consenso sulle Unioni Civili, comunque ancora discriminanti perché demarcano una differenza tra eterosessuali e omosessuali. È proprio per questa persistente discriminazione che si è chiesto un confronto con l’attivismo americano.

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Abbiamo incontrato Evan Wolfson e abbiamo avuto occasione di porgergli qualche domanda in merito alla sua campagna e alla situazione, non solo italiana, ma anche americana.

Secondo te, perché Freedom to marry ha funzionato?
Direi che la chiave di tutto è che abbiamo seguito ciò che io chiamo un “lavoro di chiarezza,” il quale include chiarezza di obiettivi, chiarezza di strategia, chiarezza dei veicoli che sono serviti per la strategia – i programmi, le partnership, le alleanze e le risorse –  e abbiamo avuto chiarezza di azione nel chiedere alle persone di far parte di questa campagna. Abbiamo fatto un grande lavoro, con errori, ma comunque un lavoro buono e chiaro, che ci ha permesso di superare gli ostacoli.

Questo lavoro presume che ci sia un gran numero di persone dedite al funzionamento dell’intera macchina e in Italia, a volte, abbiamo constatato che non sono così numerose. Come credi che possa funzionare la tua campagna in Italia?
Avete anche meno persone da convincere in Italia. Gli Stati Uniti sono un Paese davvero enorme, diviso, diverso e il cambiamento non è facile. Credo che in Italia ci siano molte persone che si vogliono impegnare a parlare e ascoltare. Avete fatto un passo in avanti con le Unioni Civili, avete persone fidanzate e avete un gran lavoro da fare con questo. Credo che la vostra battaglia in Italia richiederà meno tempo di quanto ce n’è voluto negli Stati Uniti. Ci sono voluti più di 40 anni negli Stati Uniti per far vincere Freedom to marry, a voi bastano meno di quattro anni. Lasciatemi aggiungere un’ultima cosa, correlata a entrambe le domande. Uno degli altri motivi che ci hanno permesso di vincere è che siamo stati molto bravi. Siamo stati molto bravi ad essere ottimisti. Non abbiamo perso tempo a pensare a quanto fosse difficoltoso, al fatto di non avere abbastanza persone o che è impossibile cambiare il cuore delle persone. Abbiamo sempre avuto fisso in mente l’obiettivo e la speranza che potessimo vincere. Abbiamo creato spazi per le persone. Se passi il tempo a pensare a quanto sia difficile dai solo agli altri il permesso di non svolgere questo lavoro. Il punto è essere ottimisti.

Come state continuando negli Stati Uniti?
Freedom to marry ora è nella legge, ma il concetto di matrimonio inizia a farsi strada tra tutti solo ora. Dobbiamo continuare a tenere vivo il tema del matrimonio e unire ciò ad altri obiettivi che vogliamo raggiungere, come la protezione dalla discriminazione in ogni ambito della vita. Inoltre, ora con Trump dobbiamo insistere ancora di più sull’uguaglianza dei diritti delle persone LGBT e di tutte le questioni che ci stanno a cuore.

Come si muoverà Arcigay Italia, rispetto al successo di una campagna come Freedom to marry? L’abbiamo chiesto al segretario nazionale Gabriele Piazzoni.
Noi abbiamo instaurato questa relazione con Evans proprio perché volevamo riuscire a portare la conoscenza, in positivo o in negativo, di una battaglia che porti finalmente a una piena uguaglianza, cosa già fatta da loro in maniera vincente. Noi ci troviamo in un momento in cui abbiamo avuto un importante risultato, che è quello della legge sulle unioni civili, però abbiamo sempre dichiarato che quello non è l’obiettivo finale. Noi continueremo a batterci fino a che non arriveremo alla piena uguaglianza, però per farlo occorre prima mettere in campo strumenti costruiti bene, perché occorre smuovere l’opinione pubblica di questo Paese di nuovo.

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Siamo riusciti a portare a casa le Unioni Civili perché proprio il 23 gennaio con #SvegliatItalia siamo riusciti a fare la differenza e a smuovere l’opinione pubblica, dimostrando che c’era un’opinione pubblica maggioritaria a favore del riconoscimento di questi diritti. Questo ha costretto la politica a non poter fare come ha fatto nei dieci anni precedenti, cioè insabbiare completamente il processo nelle aule parlamentari, perché abbiamo puntato il faro dell’opinione pubblica su questo percorso.

Di conseguenza, dobbiamo fare la stessa cosa con il matrimonio egualitario, perché unite al matrimonio egualitario ci sono tutte le altre questioni che seguono: dalla questione della genitorialità al riconoscimento dei diritti delle famiglie arcobaleno – che, come sappiamo, non sono riconosciuti e questa negazione è stata doppiamente rafforzata con lo stralcio della stepchild adoption. Quindi, se riusciamo a rimettere in moto il movimento riusciremo a portare a casa il matrimonio egualitario, che è il vero obiettivo che dobbiamo porci. Quella è la piena uguaglianza e solo così potremo combattere omofobia e transfobia e permettere a tutti di vivere in un Paese migliore e di poter vivere tranquillamente la propria vita come qualsiasi altro cittadino italiano.