In occasione dell’uscita di Arrival nelle sale italiane proponiamo non una, ma ben due interviste: lo scrittore Ted Chiang, dal cui racconto breve è tratta la storia del film, e Denis Villeneuve, il regista franco-canadese che ha adattato l’opera per il grande schermo.
Dopo Junot Diaz, ci troviamo nuovamente ad esplorare le parole e i gesti di uno scrittore. Dalle vicende profondamente umane della diaspora dominicana, passiamo alle storie iperumane della fantascienza di Ted Chiang.
L’autore è stato recentemente scoperto dal grande pubblico grazie all’adattamento cinematografico di Storia della tua vita, un racconto breve pubblicato nel 1998 — sebbene il nome di Chiang fosse già diffuso fra i lettori più dediti a una fantascienza che potremmo definire metodica. Con 15 racconti brevi pubblicati, Ted Chiang non si può definire eccessivamente prolifico, ma i suoi scritti riflettono una narrazione concentrata, che negli anni gli ha valso più volte vittorie ai Nebula e Hugo Award — i più importanti premi letterari di fantascienza. L’adattamento cinematografico è solo la riprova della potenza narrativa dei suoi racconti, in cui sono condensate riflessioni non solo sui futuri impossibili, ma (e soprattutto) su quelli possibili.
Ted Chiang nasce a Port Jefferson, nello stato di New York, da genitori cinesi in fuga dalla Rivoluzione culturale di Mao. All’università studia scienze informatiche, a cui aggiunge un diploma in scrittura creativa. Intraprende una carriera da technical writer a Seattle, ma in parallelo la sua mente si dedica alla fantascienza.
Nel luglio 2013 Chiang è invitato all’EXPO1: New York, una serie di conferenze tematiche organizzata dal MoMA PS1. All’interno di questa convention lo scrittore tiene un’appassionata presentazione sul futuro prossimo e sulle questioni che ruotano intorno alla memoria informatica: “una registrazione di tutta la nostra vita come influenzerebbe la nostra memoria?”, “è una cosa buona o una cosa cattiva il fatto che i nostri ricordi si modifichino nel tempo?”, “cosa accadrebbe se avessimo tutti un video-lifelog che ci impedisse di dimenticare i fatti più sconvenienti?”. A questi spunti esistenziali Chiang si avvicina con lo stesso approccio dei suoi racconti, in maniera metodica e calibrata, matematica per certi versi. Ne esce una brillante riflessione su cosa vuol dire vivere in una società ossessionata dal ricordo, il tutto espresso con il supporto di una cultura enciclopedica.
Le riflessioni della conferenza risuonano ancora di più se poste nell’ottica della stretta attualità: la politica che si affida ad una verità alternativa e la realtà pop-virtuale che alimenta la cultura del vlogging come esaltazione dell’individualismo.
Ted Chiang non concede risposte, come tutti coloro che parlano di futuro, ma offre domande e riflessioni in grado di muovere lo sguardo verso i mutamenti in atto nella società. Non è un caso che l’espansione cinematografica del racconto di Chiang abbia messo l’accento proprio sullo scenario politico odierno.
Come sia nato l’adattamento lo spiega proprio il regista Denis Villeneuve in un’intervista per il canale DP/30 The Oral History of Hollywood. Dalle parole si passa alle immagini, dal linguaggio all’immaginario.
Avvicinare due artisti i cui sforzi creativi si sono incrociati permette una visione più completa di quello che è il risultato finale — Arrival. Ai meccanismi matematici di Ted Chiang si aggiunge la poesia realistica di Villeneuve (“I hate greenscreen”) e in entrambi è viva l’attrazione verso le forme umane.
Il consiglio è: approfondite le fonti – la raccolta di racconti è stata ripubblicata in italiano e il film è nelle sale in questi giorni – e tornate a vedere le interviste, per scoprire le due menti che vi si celano dietro.