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Benvenuti in un nuovo episodio di Arabeschi.
Una puntata diversa, questa, in cui andremo ad esplorare un campo completamente nuovo per questa rubrica; toccheremo, infatti, il territorio del vino.
Chi tra i nostri lettori conosce lo Zibibbo, tipico vino di Sicilia che è anche noto come Moscato di Alessandria?
Andiamo a scoprirne assieme la storia, facendo bene attenzione ad evitare eventuali giramenti di testa dopo un paio d’assaggi.
Importato dai Fenici fin dai tempi antichi, lo Zibibbo, derivante dalla parola araba zabib (termine propriamente traducibile con “uva” o “uva passita”), è un vitigno bianco di origine egiziana che i Fenici e poi i Romani diffusero in tutto il Mediterraneo, dove cresce bene nei climi caldi meridionali.
Ad introdurlo nel nostro mondo si afferma siano stati gli stessi romani, anche se c’è chi sostiene la possibilità che possano essere stati gli arabi.
Veniva inizialmente coltivato in estese superfici vitate per uva da tavola e la produzione di uva passa/secca, ma ai giorni nostri ha trovato nella produzione di vini passivi il modo di far risaltare tutte le particolarità e le sfumature proprie, in particolar modo a Pantelleria, dove è concentrata la maggior produzione al mondo, e in poche altre zone sicule.
Questo particolarissimo vitigno si presenta con grappoli voluminosi,tondi e dalla buccia spessa di color verde concentrato. La polpa, fragrante e dolce, risulta essere molto aromatica.
Il colore, giallo paglierino, tende ad acquisire sfumature dorate dopo l’appassimento.
All’olfatto arriva un profumo molto intenso, ricco di sfumature aromatiche e con forti note speziate.
Lo si può trovare anche all’estero, come in Francia sotto il nome di Muscat d’Alexandrie e Romain, in Australia come Muscat Gardo, perfino in Cile ed in Perù, ma per i siciliani esiste un solo ed unico Zibibbo: il proprio.